(El mármol di César Aira, 2011)
Nell'edizione edita da Edizioni Sur de Il marmo di César Aira è presente un'introduzione dello scrittore italiano Giuseppe Genna che a sua volta cita parole di Tommaso Pincio esplicative ed emblematiche di ciò che sembra essere l'approccio alla scrittura dell'autore argentino, classe 1949 e una lista lunghissima di brevi romanzi (sono circa un'ottantina) alle spalle. Sembra infatti che Aira segua un suo metodo, con costanza e dedizione e, crediamo, anche con un certo piacere; "in cosa consista questo metodo è presto detto. Ogni giorno [Aira] si reca in un caffè, si siede e scrive una pagina. Riempito di parole quell'unico foglio, si alza e se ne va. Il foglio andrà a costituire il tassello quotidiano di un libro che, in media, gli richiede tre o quattro mesi di lavoro, giacché i suoi libri contano, in media, di un centinaio di pagine". È un metodo questo che in effetti sembra adattarsi in maniera perfetta a quello che è il contenuto de Il marmo, un romanzo con un incedere stralunato che sembra poggiarsi sull'improvvisazione del momento, un metodo appunto che, probabilmente, Aira mette in pratica davvero ogni giorno, al bar, seduto davanti a un bicchiere o una tazza di chissà che cosa. Poche digressioni, diretti verso una meta (e una trama) che può avere dell'inconcepibile, dell'irreale, e che anche noi lettori abbiamo l'impressione di scoprire passo passo, senza poterne immaginare gli sviluppi, un po' come (forse) è uscita dalla penna di Aira. Me lo immagino Aira che paga il conto e alzandosi magari si domanda cosa possa venir fuori dalla penna il giorno dopo. O magari non se ne preoccupa minimamente.Il nostro protagonista, in un attimo di scarsa lucidità, si trova seduto su un blocco di marmo a rimirarsi le gambe, le cosce, le palle, senza aver cognizione di come si sia trovato a poggiare il deretano, braghe calate, al suddetto blocco di marmo. È nel tentar di rimembrare i fatti che l'hanno portato a trovarsi in quella bizzarra situazione che principia il vero svolgimento del romanzo. Il protagonista, età avanzata, disoccupato ma già vicino alla pensione, infilato in un matrimonio senza più amore, si trova a fare compere in un supermercato gestito da cinesi. Nell'atto di dover pagare si figura la ricorrente situazione del commerciante sprovvisto di resto, così, come si faceva una volta anche da noi con le caramelle o con i gettoni per le cabine telefoniche, il cinese offre in cambio al Nostro dei piccoli oggetti, una serie numerosa di cianfrusaglie che dovrebbero andare a coprire quella differenza, comunque modica, tra il pagato e il dovuto: delle pile, un'anello, una macchinetta fotografica in miniatura, un occhio di plastica e altro ancora, per finire poi con delle palline di marmo che probabilmente i supermercati cinesi usano come una sorta di valuta alternativa. Uscito dal negozio con le tasche piene di questi inutili oggetti, il protagonista incontra un ragazzo giovane, anche lui cinese, che sembra sapere qualcosa di parecchio interessante che il Nostro non sa: inizia così un'avventura surreale lungo la quale ognuno di quegli stupidi oggetti si rivelerà essere a suo modo fondamentale per dipanare le situazioni più assurde. Ma fondamentale per cosa poi?
Racconto anarchico, non tanto per la struttura che è piuttosto lineare (ricordate il bar? quella pagina al giorno?) quanto per il contenuto totalmente strampalato, divertente e dal filo logico flebile e surreale. Ci si trova avvinti in questa storia incredibile (nel senso che non gli si può proprio credere) dove il protagonista, come un novello McGyver da hard discount risolve situazioni e si cava dagli impicci (o dagli impacci) utilizzando in maniera alogica tutta quella chincaglieria assortita che il primo dei tanti cinesi incontrati gli aveva forzatamente affibbiato. E così pagina dopo pagina, caffè dopo caffè, giorno dopo giorno (almeno per Aira, per il lettore il libro si legge in pochissimo tempo), la storia sembra svilupparsi in maniera (in)naturale seguendo il suo ritmo, assunti all'apparenza senza senso che porteranno a riflessioni del protagonista sull'universo, sugli universi, sulla vita e tutto il resto. E in questo caso la vita è un gioco, un gioco come forse per César Aira è l'arte dello scrivere.
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