(di Marco Bechis, 2008)
La terra degli uomini rossi è l'ennesimo progetto cinematografico di Marco Bechis che pone sotto i riflettori argomenti che vale la pena conoscere, approfondire e sui quali bisognerebbe riflettere per rendersi davvero conto e realizzare anche solo per pochi momenti la pochezza di gran parte della razza umana e osservare l'altra faccia della medaglia della nostra lucente civiltà (beh, oddio ora proprio lucente...).
Dopo il pugno allo stomaco di Garage Olimpo, unico altro film del regista che sono riuscito a guardare, questa volta Bechis si concentra sulle condizioni di vita degli indios brasiliani del Mato Grosso do Sul dopo l'esproprio e lo sfruttamento delle loro terre da parte dei bianchi.
Se le intenzioni del regista sono sempre da lodare, dal punto di vista meramente cinematografico tra Garage Olimpo e La terra degli uomini rossi c'è quasi un abisso. Tanto era teso e disturbante il primo tanto risulta piatto nella narrazione il secondo, scosso solamente da brevi sussulti disseminati nell'ora e mezza di durata della pellicola.
Gli indios del Mato Grosso vivono ormai all'ombra dei fazenderos, ai giovani oltre alla loro terra è stato rubato il futuro, le loro vite prive di senso spingono molti di loro al suicidio. Una sorta di capo/capofamiglia, Nadio, decide di riprendersi un appezzamento di terreno da occupare insieme al suo piccolo gruppo nel quale c'è anche il giovane Osvaldo destinato a prendere il posto del vecchio sciamano. Questo metterà gli indios in posizione di contrasto con il fazendero proprietario della Terra. Ma non di soli contrasti vive il rapporto tra indios e bianchi, la figlia del proprietario terriero (Maria) e il giovane sciamano sono attratti uno dall'altro mentre il guardiano del terreno (Claudio Santamaria) non sa bene che pesci pigliare.
Oltre alle sacrosante argomentazioni portate alla luce dal film, con tutto quello che ci si può leggere dietro, di sussulti emotivi ce ne sono pochi. Che lo scontro sia in qualche modo destinato ad inasprirsi sembra scontato fin dall'inizio, nessuno dei personaggi è delineato in maniera tale da catturare l'attenzione in modo significativo. Diciamo pure che per apprezzare il film in toto bisogna avere un forte interesse per l'argomento o partire con l'idea di star affrontando la visione con intento quasi documentaristico. Gioca a favore la durata contenuta che rende la visione comunque agevole.
bellissimo!
RispondiEliminaCiao Nadia, un benvenuto da queste parti. Ma ti è piaciuto tanto il film o il bellissimo è influenzato da Santamaria :)
EliminaHo dato un occhio alla tua pagina Google+ :)
mi aveva messo un'angoscia sto film...
RispondiEliminaGuardati Garage Olimpo allora, vedrai che livelli di angoscia!
Eliminaio l'ho trovato di una banalità disarmante, quasi sconcertante !
RispondiEliminaOttime le intenzione, effettivamente la resa finale ha poi banalizzato il tutto. Fortunatamente non si è calcato la mano, dura poco e si resiste :)
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