(di Sergio Martino, 1972)
Tra gli anni 70 e gli 80, con qualche coda nei decenni successivi, il regista Sergio Martino si è dedicato a progetti di diverso genere rimanendo sempre nei confini di quello che viene considerato Cinema di serie B se non addirittura trash, alternando momenti capaci di costruirsi una loro dignità come il periodo del giallo/thriller al quale appartiene anche questo Tutti i colori del buio, ad altri decisamente più sbracati ai quali è possibile ricondurre parecchi titoli passati a ripetizione dalle nostrane rete private nel corso dei decenni e piccola gioia di noi un tempo preadolescenti adoranti della Fenech e di tutte le altre più celebri esponenti del chiappa e spada, per citare qualche titolo ricordiamo Cornetti alla crema, La moglie in vacanza... l'amante in città, 40 gradi all'ombra del lenzuolo e via di questo passo. Poi qualche piccolo cult (sempre nostrano, come L'allenatore nel pallone) e almeno un buon successo d'oltreoceano con 2019 - Dopo la caduta di New York. Lungi dall'essere un esperto della filmografia del regista e, pur con tutto l'affetto sincero per Banfi la Fenech e compagnia bella, probabilmente lungo la carriera di Martino non si distinguono opere destinate a entrare nelle mire del National Film Preservation Board, seppur degno di qualche interesse nemmeno Tutti i colori del buio fa eccezione.Il film vive sull'accumulo di immagini e suggestioni, lavorando certamente meglio dal punto di vista della costruzione visivo/scenografica che non su quello della trama, puntellata questa su troppo frequenti impasse percettivi (sogno?, allucinazione?, realtà?, passato?, presente?) e diverse ingenuità, alcune ascrivibili al genere e risapute (i famosi comportamenti insensati delle donzelle in pericolo) altri legati alla location londinese che non si capisce come nei momenti più tesi possa essere sempre deserta, nemmeno fossimo a Zagarolo. La protagonista è una Edwige Fenech prima maniera, supportata da un cast che riesce a mantenere il livello attoriale vicino alla soglia di guardia e nulla più, se non si vuole poi star troppo lì a contare i difetti il film diventa anche interessante da inquadrare all'interno del filone dei gialli o thriller venati da una punta orrorifica che in quegli anni hanno portato diverse fortune al nostro Cinema.
Jane Harrison (Edwige Fenech) è tormentata da incubi e allucinazioni derivanti da due eventi traumatici: la morte violenta della madre quando Jane ancora era in tenera età e l'aborto provocatole da un incidente d'auto. Il compagno Richard (George Hilton) tenta di alleviare le pene della sua amata con beveroni di vitamine mentre la sorella Barbara (Susan Scott) insiste affinché Jane veda lo psichiatra per cui Barbara lavora, il Dottor Burton (George Rigaud). Nonostante i vari tentativi di terapia, realtà e allucinazione si confondono davanti agli occhi di Jane che continua a vedere un uomo dagli occhi di ghiaccio (Ivan Rassimov) pronto ad accoltellarla con la stessa arma che uccise sua madre. Completamente confusa e sconvolta la donna accetta l'aiuto di una vicina di casa, Mary (Marina Malfatti), che la introdurrà in un giro esoterico (giuro, in un lapsus avevo scritto esoterotico, termine altrettanto funzionale) grazie al quale a suo dire Jane dovrebbe guarire dalla sua condizione. Le cose non faranno che peggiorare.
Si lascia apprezzare la regia di Martino che offre delle belle soluzioni, mai noiosa, gioca molto sugli effetti nelle sequenze oniriche con sovrapposizioni d'immagini, set creati ad hoc per evocare momenti surreali, trucco caricato sugli attori; belle le location e le atmosfere, il versante tecnico è indubbiamente il più interessante del film di contro molto confuso sul piano della narrazione; per essere un giallo Tutti i colori del buio ha il difetto di non far tenere mai troppo il fiato allo spettatore, a conti fatti non terribile da guardare ma è indubbiamente uno di quei film dove la cornice attrae più dell'opera stessa.
Segnato lo scorso anno, e quest'anno ho intenzione di vederlo ;)
RispondiEliminaIo l'avrò segnato probabilmente quando è uscito 😂 la mia lista d'attesa sfiora i cinquant'anni 😂
EliminaHai ragione, Martino è stato uno di quelli che una volta si sarebebro definiti "onesti mestieranti" che ha dato il suo meglio nel genere commedia erotica ma di certo non nel thriller. Peccato, perché le carte in regola le avrebbe avute ...se solo avesse voluto uscire dalla sua confort zone.
RispondiEliminaVero, è che gli piaceva stare in mezzo alle tette, vai a dargli torto...
EliminaSchiavo della ghiandola mammaria tanto per citare il saggio Elio
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EliminaSopratutto se erano quelle della Fenech....che purtroppo per lui rimaneva pur sempre la moglie del fratello produttore....va beh, almeno rimaneva tutto in famiglia....
RispondiEliminaFenech a parte non è che le altre donzelle fossero poi da buttare...
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