(di Regina King, 2020)
Non mancano in questo periodo film che affrontano la questione razziale negli Stati Uniti, qualche settimana fa si era parlato di Antebellum, un thriller con un occhio rivolto alla storia americana ai tempi della Guerra di Secessione, ora è il turno di Regina King di dare il suo contributo alla causa con un esordio che le apre la strada al Cinema e al lungometraggio, in curriculum già alcune regie per vari episodi di serie televisive (Shameless, This is us, Scandal, etc...). È un bell'esordio quello della regista dall'antroponimo regale, un film riflessivo, debitore della sua origine teatrale (dalla pièce di Kemp Powers), esula dall'unità di luogo ma la maggior parte della narrazione si svolge in una camera dell'Hampton House Motel, uno degli hotel dove all'epoca venivano accettate le persone di colore (si accenna anche al green book). One night in Miami... è un'ottima occasione per sviscerare dall'interno della comunità nera diversi punti di vista, non solo quelli disinteressati, sulla difficile situazione che gli afroamericani vivono tutti i giorni sulla loro pelle a causa del disprezzo e della pretesa di superiorità dell'uomo bianco.Siamo nel 1964, un Cassius Clay (Eli Goree) molto giovane vince il titolo dei pesi massimi battendo il campione Sonny Liston (Aaron D. Alexander), dopo l'incontro raggiunge per i festeggiamenti il suo amico Malcolm X (Kingsley Ben-Adir), membro della Nazione Musulmana e attivista militante per la parità di diritti tra le razze, li raggiungeranno presto il cantante Sam Cooke (Leslie Odom Jr.) all'apice del suo successo e la stella più luminosa dell'NFL, Jim Brown (Aldis Hodge). I quattro amici, esponenti di un'America nera di successo ma ancora disprezzata dai bianchi, si trovano in un momento molto particolare: Clay è appena diventato campione dei massimi e grazie all'amicizia che lo lega a Malcolm sta per convertirsi all'Islam e unirsi alla Nazione Musulmana, proprio nel momento in cui Malcolm sta pensando di lasciare l'organizzazione nei cui vertici non ha più fiducia per fondarne una tutta sua. Cooke e Brown dal canto loro, pur essendo delle star famose in tutto il Paese e anche oltre, hanno appena subito delle cocenti umiliazioni proprio a causa del colore della loro pelle. È un momento critico per la lotta alla disuguaglianza, sono i giorni che precedono l'assassinio di Malcolm X, quest'ultimo è teso per ragioni personali e per le minacce alla sua persona e alla sicurezza della sua famiglia, il suo desiderio è quello che anche i suoi amici, così noti e in qualche modo influenti, si adoperassero per la causa, le recriminazioni e i diversi modi di gestire l'appartenenza faranno salire la tensione e venire a galla i malumori e le posizioni di ognuno di loro, alcune all'apparenza meno coraggiose ma non del tutto condannabili, altre nate virtuose hanno un po' d'odore di opportunismo.
Regina King alla sua prima prova per il "cinema" (ormai dobbiamo usare le virgolette pensando alla mancata uscita in sala) offre un'ottima regia soprattutto sul versante della gestione degli attori, poco contorno, dopo le sbruffonate che saranno cifra stilistica di Cassius Clay per tutta la carriera a venire, i quattro amici si chiudono in una stanza di motel, non uno di quelli di lusso al quale è abituato il facoltoso Sam Cooke, no, un'alberghetto di poche pretese, i potenziali festeggiamenti per il titolo di Cassius si trasformano in una serata di teste pensanti, i quattro amici avranno modo di discutere, riversarsi contro le proprie opinioni e di ferirsi, di tradirsi un poco e di riappacificarsi, di stimolarsi, abbracciarsi e confrontarsi. Proprio il confronto è il motore d'interesse di questo film, se si può facilmente comprendere la posizione di lotta aperta manifestata da Malcolm X, che pretende dai suoi amici lo stesso coinvolgimento, si rivelano altrettanto interessanti i punti di vista di Cooke e Brown sul rapporto tra i soldi, l'indipendenza economica, primo passo verso una marcata libertà, e il ruolo degli artisti e degli sportivi di colore, tollerati dai bianchi per il loro divertimento ma ciò nonostante ancora disprezzati, significativa in tal senso una delle sequenze iniziali che vede coinvolti Jim Brown e il suo "amico" bianco interpretato da Beau Bridges. Le posizioni più oltranziste vengono così messe in discussione, la fama e il successo ridimensionati, emerge però su tutto un sentimento d'amicizia e di forte stima tra questi quattro uomini, il passaggio più commovente si assapora nel racconto del serioso Malcolm X di un'esperienza mai confessata prima ai suoi amici, vissuta proprio durante uno dei concerti di Cooke, il fratello con il quale la sua ideologia cozza maggiormente, e ancora molto interessante il discorso su quel ragazzo del Minnesota e sulla sua musica.
Una bella storia, inventata per la gran parte, ciò nonostante i messaggi veicolati sono chiari e le riflessioni che suscita tutto sommato interessanti, nonostante la poca spinta dinamica il film ha un bel ritmo, la King dosa bene i momenti e si va ad aggiungere alla lista crescente delle donne dietro la macchina da presa da seguire con interesse, e pensare che fino a qualche tempo fa era costretta a subire le richieste assurde del Dottor Sheldon Cooper e di quella manica di disadattati dei suoi colleghi!
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