venerdì 6 gennaio 2023

AVATAR - LA VIA DELL'ACQUA

(Avatar: The way of water di James Cameron, 2022)

Sono passati tredici anni dal primo capitolo di Avatar e tutti quanti (in realtà io non tanto) stavano aspettando in trepidante attesa il ritorno di James Cameron al mondo di Pandora. In questi anni di pausa Cameron si può dire si sia dedicato quasi completamente a questo progetto, allo studio delle nuove tecnologie e a come applicarle al meglio alla sala e alla narrazione cinematografica; tra il primo Avatar e questo secondo capitolo qualche impegno da produttore e un paio di sceneggiature (Alita e Terminator: Destino oscuro) ma il grosso delle sue energie il regista canadese pare averlo dirottato qui, su Pandora, sul (molto) prossimo capitolo e, forse, su altri sequel ancora. Non è facile valutare un film come Avatar - La via dell'acqua, uscita di certo importantissima almeno per due ragioni: la prima è legata alle possibilità tecniche messe alla prova con questo film da Cameron (con ottimi esiti) e allo sviluppo che ne potrebbe conseguire per una visione del cinema proiettata verso il futuro; la seconda, più veniale, è la boccata d'ossigeno rigenerante che un film come questo potrà portare alle sale, all'industria cinematografica in previsione di incassi che saranno senza dubbio alcuno decisamente alti. Quindi che fare, partire da qui per elaborare le proprie considerazioni, tenendo conto dell'importanza tutt'altro che marginale di ciò che abbiamo appena detto, o valutare la narrazione di questo secondo capitolo che, a dirla tutta, è di certo meno interessante dell'aspetto tecnico, della realizzazione in 3D del film e della resa visiva di un mondo acquatico che lascia a bocca aperta lo spettatore? E se avesse ragione Peter Greenaway quando diceva che "il cinema è un mezzo di espressione troppo ricco per lasciarlo ai narratori di storie"?

Jake Sully (Sam Worthington) e la sua compagna Na'vi Neytiri (Zoe Saldana) vivono ormai da tempo in pace sul pianeta Pandora, la famiglia si è allargata con i tre figli della coppia: Neteyam (Jamie Flatters), giudizioso e obbediente, Lo'ak (Britain Dalton), adolescente ribelle con una grande capacità di ficcarsi nei guai e la piccola Tuk (Trinity Jo-Li Bliss). Inoltre i due si prendono cura anche di Kiri (Sigourney Weaver), un'adolescente di razza Na'vi nata dall'avatar della dottoressa Augustine (sempre Sigourney Weaver) e di Spider (Jack Champion), ragazzino umano figlio del defunto colonnello Quaritch al tempo della cacciata degli umani da Pandora troppo piccolo per affrontare il viaggio di ritorno verso la Terra. La famiglia è unita, la connessione con la terra e con le specie viventi di Pandora sempre più forte, ma a rompere l'equilibrio tornano gli umani conquistatori, tra di loro c'è anche un avatar di nome Quaritch, una specie di clone del colonnello nel quale sono stati impiantati i ricordi del detestabile militare ma che mantiene una sua consapevolezza, l'avatar sa di essere un clone e non il colonnello. Ciò nonostante Quaritch perseguirà una vendetta personale contro la famiglia di Sully la quale sarà costretta a fuggire e a chiedere asilo presso la tribù acquatica dei Metkayina governata dal giusto Tonowari (Cliff Curtis) e dalla compagna (la vera regnante) Ronal (Kate Winslet). Qui la famiglia Sully imparerà un nuovo livello di connessione con il pianeta e con le sue specie marine, ma l'uomo purtroppo arriverà anche qui.

Partiamo col dire che, parere personale, non mi trovo troppo d'accordo con Greenaway, il cinema fatto di sola forma non mi entusiasma, d'altronde le possibilità di trovare nuove vie del narrare ci sono, innovare è possibile e i due Avatar di Cameron a conti fatti ne sono una chiara dimostrazione. Infatti, oltre a una forma esaltante, qui c'è anche una narrazione, tradizionale e lineare, magari debole, per qualcuno anche abborracciata o quantomeno superficiale, ma è indubbio che dal punto di vista narrativo il film sia più che classico, il nuovo sta tutto nel modo di narrare, una svolta (non totale, lo stacco dal primo Avatar non è così significativo) che avviene tramite la forma. Qui sta la difficoltà prima accennata nell'inquadrare questo La via dell'acqua. Abbiamo tre ore e rotte di un film d'avventura realizzato con un 3D che raggiunge il suo apice di avvolgente bellezza nelle riprese sottomarine, nell'acqua, elemento notoriamente molto difficile da gestire su schermo (crearlo in digitale credo sia una specie di incubo per gli animatori, fare riprese sottomarine di livello un compito non per tutti), tre ore che passano senza colpo ferire. L'esplorazione dei mari da parte dei giovani della famiglia Sully è qualcosa che si fa difficoltà a descrivere a parole, quelle sole sequenze meritano il prezzo del biglietto. L'impatto visivo è fantastico. Potremmo chiuderla qui, vale la pena spendere i soldi del biglietto per questo secondo capitolo di Avatar? Sicuramente si, il film è un'esperienza per gli occhi irrinunciabile. Per tutto il resto diciamo che ne vale la pena se vi è piaciuto il primo capitolo. La vicenda è gestita un po' così... un esempio: dopo il primo attacco degli umani quella di Quaritch contro Sully diventa una classica vendetta personale. Ma non la classica vendetta da film western, no, una vendetta che comporta una distruzione di mezzi talmente massiva, una perdita di vite umane (dalla parte proprio degli umani intendo) così cospicua, una devastazione ai danni delle razze autoctone così devastante che ci si chiede, ma a che pro? Ma chi la finanzia questa vendetta personale? A che scopo miliardi di dollari dei contribuenti devono finire sprecati in questa vendetta? Ma dove sta il senso di tutto ciò? Detto questo poi abbiamo i temi ecologici cari a Cameron, rapporti molto difficili tra padri e figli adolescenti, figure femminili in chiaro risalto con un ribaltamento di genere dove qui l'uomo fugge per proteggere la famiglia (fallendo) mentre la donna combatte (incitando la violenza; ma davvero vogliamo un ribaltamento delle figure di questo tipo?) e altri sottotesti sicuramente non nuovi. Ciò che conta è (solo?) lo sguardo di Cameron, il nostro sguardo sulle sue meraviglie, la sua ossessione per l'acqua e l'impegno nel travalicare i confini dell'immagine. Poi che si vogliano trovare letture più stratificate e profonde come è capitato di leggere a proposito di questo film è il gioco (a volte utile e illuminante, a volte forzato) della critica; qualche giorno fa guardavo Guida perversa al cinema, chiaro esempio dove in mezzo a teorie affascinanti e illuminanti è possibile anche scovare forzature atte a uso e consumo del proponente la teoria di turno e trovare conferme a tesi che si ha la volontà di sostenere a priori. Impossibile quindi dare un giudizio univoco, almeno per chi scrive, sarà una contraddizione magari, un po' come sostenere la causa del contatto estremo con la natura affidandosi a tecnologie avanzatissime che del naturale fanno quasi a meno (c'era Kate Winslet nel film. Ah si?), forse a sostenere il naturale al cinema c'era il Dogma più che questo Avatar. Quindi si, alla fine Avatar - La via dell'acqua è un film da vedere, per il resto been there, done that, bought the T-shirt.

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