(Mishima: A life in four chapters di Paul Schrader, 1985)
Con Mishima - Una vita in quattro capitoli il regista Paul Schrader compie un'operazione di ricostruzione biografica di grande valore e allo stesso tempo parecchio complessa la cui fruizione richiede una non trascurabile dose di impegno e attenzione. Nel mettere in scena episodi della vita e dell'arte di Yukio Mishima (vero nome Kimitake Hiraoka), probabilmente il più importante scrittore giapponese dello scorso secolo, Schrader esula dalla struttura di quello che potrebbe oggi essere considerato un classico e convenzionale biopic; il regista del Michigan sceglie invece di attingere a materiale contenuto in tre delle opere più significative di Mishima per mettere in scena i primi tre dei quattro capitoli totali ai quali il titolo del film fa riferimento, realizzando poi un segmento più puramente biografico, quello intitolato Armonia tra penna e spada (sottotitolo rivelatore) che narra l'episodio culmine della vita di Yukio Mishima; anche alcuni dei passaggi legati al privato del protagonista, come quelli che ci mostrano l'infanzia dello scrittore, poggiano su basi letterarie in quanto vicini al romanzo autobiografico scritto dallo stesso Mishima e intitolato Confessioni di una maschera. Gli altri tre segmenti del film, dai titoli Bellezza, Arte e Azione, si rifanno invece a romanzi scritti da Mishima nel corso degli anni, rispettivamente Il padiglione d'oro (1956), La casa di Kyōko (1959) e infine Cavalli in fuga (1969). C'è dietro l'opera di Schrader uno studio mirato e importante dell'opera e della figura, non facile e parecchio controversa, di un artista (non solo scrittore) ancora oggi divisivo e dibattuto.Un ancora piccolo Yukio Mishima (Yuki Nagahara) è costretto a crescere con la nonna lontano da sua madre in uno stato di isolamento quasi completo; nel crescere Mishima sarà privato del rapporto con gli altri ma verrà egualmente spinto alla conoscenza, alla cultura e all'apprezzamento del bello. Alla narrazione dei ricordi d'infanzia dello scrittore e a quella delle ultime giornate di vita di Mishima (Ken Ogata), narrate soprattutto nel segmento Armonia tra penna e spada, si alternano le narrazioni che si rifanno ai romanzi sopra citati. In Bellezza il giovane e poco piacente novizio Mizoguchi (Yasosuke Bando), afflitto da un forte difetto di balbuzie, cresce nel mito della bellezza perfetta del Padiglione d'oro; il contrasto tra questa perfezione e la sua condizione disagiata blocca il giovane Mizoguchi nei sentimenti e soprattutto nei rapporti con le donne. Per ovviare a questa situazione, nella mente del ragazzo sembra prendere forma l'idea che solo la distruzione di una bellezza perfetta possa liberarlo dalla sua condizione. Nel segmento che va sotto il nome di Arte il protagonista è un giovane attore, Osamu (Kenji Sawada), anch'egli ossessionato dalla bellezza e dal culto del corpo, un'ideale che non ritrova in sé stesso quando si guarda allo specchio; accetterà una relazione con Kyomi (Reisen Lee), una donna più anziana che lo instraderà a pratiche sadomasochistiche che deturperanno il suo corpo fino alle estreme conseguenze. In Azione il giovane Isao (Toshiyuki Nagashima) è pronto a sacrificare sé stesso, fino ad arrivare a mettere in pratica il seppuku, il suicidio rituale del samurai, pur di difendere l'idea di un Giappone tradizionale e contrastarne le invadenti derive capitaliste.
Pur essendo lontano dall'idea di spettacolo che potremmo avere del cinema in occidente, Mishima - Una vita in quattro capitoli è prodotto da George Lucas e Francis Ford Coppola, all'apparenza poco accomunabili all'idea di cinema di Schrader. Sotto il punto di vista formale il regista confeziona un film di impeccabile eleganza, alternando il bianco e nero pulito e rigoroso nella narrazione dell'infanzia del protagonista a set teatrali essenziali, ricavati dall'uso di quinte e paraventi, ripresi con inquadrature studiate e minuziose, ricorrendo anche a simboli di intensa bellezza come la ripresa al sole nascente sul finale del film, segno forse di speranza per un'eventuale rinascita di ideali spezzati, una rinascita che Mishima auspicava fino al punto di compiere su sé stesso l'estremo gesto nella speranza che questo potesse aprire a riflessioni un popolo che evidentemente lo scrittore giapponese iniziava a considerare irrimediabilmente decadente e compromesso. Lungo la durata del film, come nel corso della vita di Mishima, ricorrono diversi temi spesso volti all'idealizzazione della morte, vista come veicolo per raggiungere un fine, lanciare e lasciare un messaggio fatto di parole inascoltate. Quella di Mishima è stata una figura controversa, quella di un uomo rivolto al passato di un Giappone forte e glorioso e ostile al Paese come lo vedeva nella sua contemporaneità, fu accostato in vita anche a ideologie fasciste, più probabilmente Mishima fu un passatista un poco fuori dal suo tempo, legato più all'onore del codice del samurai che ad altro, ossessionato dall'arte, dalla vita come forma d'arte ma anche dalla morte come atto d'arte finale e supremo. Una vita in quattro capitoli si propone come biografia anomala, originale, pregna di contenuti affatto superficiali e scontati, non immediata ma indubbiamente molto riuscita.
Nessun commento:
Posta un commento