In poche parole l'iniziativa era la seguente: scrivere un racconto di massimo 10.000 battute con l'unico vincolo della presenza di uno dei negozi Eataly all'interno dello stesso.
L'idea mi piacque, scrissi di getto la prima stesura di un racconto che fui poi costretto a tagliuzzare per rientrare nelle battute richieste. Il 30 settembre scorso, dopo una proroga dovuta al successo dell'iniziativa, il concorso si è concluso. Il 15 ottobre sono usciti i risultati. Tre premiati e 40 racconti selezionati per una futura raccolta tematica in un libro che verrà distribuito nei negozi della catena.
Il mio racconto non è stato selezionato, però ho piacere di proporvi qui sotto la sua prima stesura. Mi farebbe piacere avere qualche vostro parere, sapere se vi è piaciuto o se avete riscontrato difetti, in tutta onestà. E soprattutto se avete capito di chi si parla :)
Io son disposto a rivelare retroscena e riferimenti alla realtà inseriti in tutto il racconto.
Ed eccolo qui, il titolo è Savoy Truffle.
1
Il professore aveva un aspetto bizzarro, la lunga barba bianca mostrava segni di incuria e sporcizia. La sua mente geniale non era di certo messa in buona luce dal completo logoro da boy scout che indossava, quel fazzoletto al collo a striscie oblique bianche e marroni non faceva altro che conferirgli in via definitiva sembianze ridicole. Dopo essere rimasto malamente nascosto dietro il fusto di un ippocastano per una decina di minuti a fissare la proprietà privata dall'altra parte di Claremont Drive, il professore si decise ad attraversare la strada. Il traffico a Esher non era molto intenso, la strana figura riuscì quindi a scavalcare inosservata il basso recinto in legno bianco che dava sul giardino antistante una grande costruzione del tutto simile a un bungalow. Il professore si approcciò con un pizzico di timore alla porta dell'edificio. Dopo alcuni istanti di furtiva attesa l'uomo prese coraggio e bussò alla porta. Dall'interno si udirono alcuni rumori, una voce femminile e una maschile che il professore ormai conosceva bene. La porta si aprì, un uomo con indosso un paio di boxer con disegnati degli strumenti musicali occupava la soglia. Fissò il professore per quelli che sembrarono minuti interminabili, le labbra strette e dritte sotto i baffi curati, l'espressione accigliata. Nel più completo silenzio l'uomo fece un passo indietro e richiuse la porta sbattendola in faccia al professore. Ancora voci dall'interno; il volume si alzò, la porta si riaprì. Era una bella ragazza, un visino pulito incorniciato da capelli biondi, la frangetta un poco lunga, begli occhi azzurri.
"Ciao Pattie."
"Professore. George non ha molta voglia di vederla."
"Non ne comprendo il motivo, l'ultima volta in fondo ci siamo trovati bene a lavorare insieme."
"Non era un lavoro, è stata... beh, non saprei neanche come definirla. E George è ancora scombussolato dall'esperienza con quel pezzo da museo giallo."
"Pezzo da museo? Voi neanche vi rendete conto... ma... ma cos'è questo odore?"
Il professore annusò per due o tre volte guardando Pattie con aria di rimprovero.
"Ancora non l'avete piantata con questa roba? Su, fammi entrare, portami da George."
Pattie fece entrare il professore e lo condusse al piano di sopra precedendolo sulla solida scala in legno di mogano. Nonostante l'avanzata età il professore non disdegnava il movimento ondulatorio che il fondoschiena della giovane disegnava nel salire le scale. Distrattosi inciampò nell'ultimo scalino e finì faccia a terra. Dopo pochi secondi un paio di ciabatte rosse comparirono davanti ai suoi occhi.
"Ciao George, credo che i tuoi piedi gradirebbero essere lavati. Belle le tue mutande comunque, chissà se hanno anche la mia taglia?"
"Professore, mi fa piacere che si interessi ai miei piedi nonostante lei sembri essere appena uscito da un cassonetto dell'immondizia. Se vuole la doccia è da quella parte."
"No grazie. Non abbiamo tempo per la doccia."
"Abbiamo? AbbIAMO? ABBIAMO?"
A ogni abbiamo la voce di George si alzava di un'ottava incrinandosi sempre di più.
"Abbiamo? Non voglio più sentirla parlare al plurale quando io e lei ci troviamo... coinvolti o quello che le pare, all'interno della stessa frase. Non c'è nessun abbiamo. Ha capito questa semplice regola di sintassi?"
"Non abbiamo tempo per la sintassi George, tra l'altro mi sembra non sia mai stata un grosso problema per te, non è forse vero?"
"Ma io..."
Mentre con il volto paonazzo George tentava di aggredire il professore ancora steso sul pavimento, la dolce Pattie mise fine alla contesa con uno strillo degno della migliore banshee irlandese.
"Adesso basta! È mai possibile che con voi due debba sempre finire così?"
Entrò in una delle camere da letto sbattendosi dietro la porta talmente forte da far tremare il pavimento su cui il professore era ancora adagiato. I due uomini avevano assunto un aria mite e mortificata, potere incontrastato dell'ira femminina.
"Si tiri su, cosa ci fa piantato lì per terra? Mi dica che cosa è venuto a fare e tagliamo corto."
Con un po' di fatica il professore si tirò su, prima sulle ginocchia poi in piedi. I due uomini andarono a sedersi sul bordo del letto in un'altra camera, il primo nel suo sudicio costume da scout il secondo con le sue mutande musicali. Stettero così qualche minuto poi il professore parlò.
"Devo fare un viaggio, mi servirebbe una mano."
Il professore si voltò lentamente a guardare George il quale quasi con rassegnazione andò ad affacciarsi alla finestra.
"No professore, non ho più voglia di guanti viola e di esserini azzurri. Perché non chiama qualcuno degli altri? Non voglio più saltare da una dimensione all'altra."
"Ma qui non si tratta più di dimensioni" strillò il professore "Si tratta del tempo, del tempo, razza di zuccone in mutande!"
George si girò di scatto per guardare attentamente il professore.
"Ma il suo trabiccolo non si sposta nel tempo, di cosa diavolo stiamo parlando?"
"Vestiti e vieni con me e cerca di metterti addosso qualcosa di sobrio questa volta."
George ormai esasperato si avvicinò all'armadio aprendolo. "Il bianco va bene?"
2
I due attraversarono Claremont Drive in punta di piedi come se fossero appena usciti da un cartone animato. Proseguirono sul ciglio della strada per alcune centinaia di metri coperti dal buio della sera. Arrivati nei pressi di un folto salice piangente il professore si fermò intrufolandosi nell'intrico dei suoi rami cascanti. Riluttante George lo seguì andando immediatamente a sbattere la testa contro una dura superficie metallica. A George sembrò da subito una sorta di piccolo razzo, una navicella spaziale in miniatura come quelle che si vedevano nelle illustrazioni delle riviste di fantascienza degli anni '50. La testa del professore spuntò da un piccolo portello che si apriva sulla sommità della struttura.
"Cosa stai aspettando? Vieni dentro, non farmi perdere altro tempo!"
George riuscì a malapena a infilarsi nell'apertura facendovi prima passare il capo e scivolandoci poi dentro con il resto del corpo. Lo spazio angusto era sufficiente per un paio di persone, la plancia dei comandi era zeppa di levette, tasti, piccole lampadine e un congruo numero di ammaccature.
"Vedo che questa volta ha apparecchiato per due, perché proprio io mi domando?"
"Oh, taci per favore. La macchina non è facile da pilotare da solo, durante l'ultimo viaggio ho avuto qualche problema e non vorrei ripetere l'esperienza."
George si soffermò a osservare le ammaccature e i pannelli danneggiati sulla plancia di comando chiedendosi in che cosa il professore lo stesse trascinando questa volta.
"Scusi professore, potrei sapere dove stiamo andando?"
"Torino. Nord-ovest dell'Italia. Torniamo indietro di quarantasette anni, ho bisogno di studiare i fenomeni industriali, in quell'anno c'è stata una nascita che vorrei tenere d'occhio e mi piacerebbe fare un sopralluogo della zona Lingotto di quell'epoca. Capirai quando saremo lì. Ora sta zitto e non distrarmi, tieni sotto controllo la plancia a destra, tira su le leve delle spie che si illuminano di rosso e giù quelle delle spie che si illuminano di verde ma soprattutto taci. Quando entriamo nel vortice gira a destra il maniglione blu."
George, offeso e concentrato, si girò verso la plancia di sua competenza, il professore prese ad armeggiare con i comandi e dopo pochi secondi il veicolo cominciò a vibrare in modo deciso, i colori all'interno dell'abitacolo si fecero più vividi, le spie si illuminarono e George iniziò a manovrare le leve, veloci lampi lineari di luci multicolori cominciarono a sfrecciare davanti agli occhi di quelli che ora potremmo definire i due crononauti. Il veicolo iniziò a ruotare su se stesso creando la sensazione di vortice ormai nota ai due, il professore gridò "ora!" e George girò il maniglione blu.
3
La navicella si schiantò contro un alto palo metallico. "Eppure qui non avrebbe dovuto esserci nulla, almeno secondo i miei calcoli" affermò perplesso il professore. La gente che passeggiava nei pressi dell'ingresso di Eataly voltò la testa in direzione dell'assordante rumore senza che nessuno riuscisse a individuarne l'origine.
"Fortunatamente ho inserito un sistema di schermamento sulla navicella" disse il professore andando a infilare il veicolo tra le siepi in modo che nessuno vi sbattesse contro, poi la strana coppia uscì all'esterno al riparo degli arbusti e senza farsi notare si portò sul piazzale antistante a Eataly.
"Strano, pensavo che Italy si scrivesse con la I" osservò George dubbioso.
Il professore gli diede un'occhiataccia, poi inizio a guardarsi intorno perplesso.
"Però... questo non mi sembra affatto il 1921" Poco alla volta, dal volto del professore iniziò a trasparire una collera senza limiti.
"Cosa?" chiese George spiazzato allargando le braccia. "Cosa?"
"A destra, imbecille, ti avevo detto a destra! Ci hai spediti quarantasette anni nel futuro!"
"Beh... è lei che mi ha trascinato, ancora una volta mi preme dirlo, in una delle sue folli trovate. Torniamo indietro e finiamola qui!"
"Non possiamo tornare indietro, la navicella non sarà in grado di effettuare un altro viaggio prima di due ore, i sistemi sono surriscaldati adesso."
George sostenne lo sguardo del professore per alcuni secondi poi fece spallucce si voltò e varcò l'ingresso di Eataly. Nella speranza che non combinasse guai, il professore lo seguì. All'interno del negozio alcune persone strabuzzarono gli occhi al passaggio dell'eccentrica coppia. Un uomo si avvicinò all'orecchio della moglie "Paola, ma quello non è..." - "Ma sta zitto, che dici? Gli assomiglia però".
L'interno di Eataly era adattato in maniera armoniosa ai locali storici della vecchia Carpano, la fabbrica dove si produceva il Punt e Mes, gli spazi nati già nei primi decenni del Novecento contribuirono a non far sentire troppo fuori posto i due crononauti che immediatamente furono attratti da un concentrato entusiasmante di odori e colori. Avevano due ore da far passare prima di poter ritornare a casa, George non ci mise molto ad adocchiare l'area dedicata ai dolciumi e senza indugio vi si recò mentre il professore si dedicava all'ampia selezione di ortaggi esposta sui banchi del corridoio centrale. George non era stupido, sapeva benissimo di non poter spendere le sue sterline in Italia, men che meno poteva arrischiarsi a farlo in un'Italia del futuro. Curiosò così tra gli scaffali indeciso su cosa assaggiare, tra le tante proposte fu attratto da una confezione di cioccolatini assortiti che subito infilò sotto la larga camicia bianca. I suoi soldi non erano validi, non poteva pagare e non voleva rubare. Però desiderava assaggiare. Dopo aver esplorato il negozio in cerca di un angolo appartato, decise di assaggiare i cioccolatini in uno dei locali del piano superiore che ospitava le sale meno affollate dedicate al museo Carpano. La sala solitamente usata per le conferenze era vuota, George tirò fuori la confezione di cioccolatini da sotto la camicia, si sedette a terra a gambe incociate e svuotò il contenuto del pacchetto tra le sue gambe. Scelse con cura quale cioccolatino assaggiare per primo, lo scartò, si gettò la carta alle spalle e lo addentò. Un aroma misto di cacao e zenzero riempì la sua bocca, ne assaporò il gusto contro il palato e aspettò qualche istante. Mangiò poi il secondo, piacere mistico al sapor di mandarino. Fu con il terzo cioccolatino però che George provò la vera estasi, il tartufo al cioccolato gli provocò una sorta di mancamento, trovò un sapore talmente pieno che per alcuni istanti George riuscì a vedere solo un'intensa luce bianca. Dopo pochi secondi dovette chiudere gli occhi per gustare al meglio quel sapore unico.
Non ci volle molto tempo a George per decidere di scriverci una canzone, una canzone su un cioccolatino, o magari su più cioccolatini, perché no? In fondo la sua era la band più famosa del mondo, arrivati a questo punto poteva permettersi di scrivere di quel che più gli piaceva. E poi al suo amico Eric sarebbe piaciuta. Aveva già il titolo pronto, Savoy truffle, un omaggio anche alla storia della città. Decise che quel bagliore bianco intenso scaturito dal cioccolato sarebbe diventato una buona idea per la copertina del prossimo disco, avrebbe convinto anche gli altri una volta tornato a casa, ne era più che certo.
Da quel momento, o meglio, da quando George tornò nel suo tempo e incise insieme ai suoi compagni canzone e disco, sono passati ben quarantasette anni. Ancora oggi quella copertina completamente bianca rimane una delle cover più iconiche mai realizzate nella storia della musica e quello che avete appena letto è semplicemente l'episodio che ne ispirò la nascita.
Il professore aveva un aspetto bizzarro, la lunga barba bianca mostrava segni di incuria e sporcizia. La sua mente geniale non era di certo messa in buona luce dal completo logoro da boy scout che indossava, quel fazzoletto al collo a striscie oblique bianche e marroni non faceva altro che conferirgli in via definitiva sembianze ridicole. Dopo essere rimasto malamente nascosto dietro il fusto di un ippocastano per una decina di minuti a fissare la proprietà privata dall'altra parte di Claremont Drive, il professore si decise ad attraversare la strada. Il traffico a Esher non era molto intenso, la strana figura riuscì quindi a scavalcare inosservata il basso recinto in legno bianco che dava sul giardino antistante una grande costruzione del tutto simile a un bungalow. Il professore si approcciò con un pizzico di timore alla porta dell'edificio. Dopo alcuni istanti di furtiva attesa l'uomo prese coraggio e bussò alla porta. Dall'interno si udirono alcuni rumori, una voce femminile e una maschile che il professore ormai conosceva bene. La porta si aprì, un uomo con indosso un paio di boxer con disegnati degli strumenti musicali occupava la soglia. Fissò il professore per quelli che sembrarono minuti interminabili, le labbra strette e dritte sotto i baffi curati, l'espressione accigliata. Nel più completo silenzio l'uomo fece un passo indietro e richiuse la porta sbattendola in faccia al professore. Ancora voci dall'interno; il volume si alzò, la porta si riaprì. Era una bella ragazza, un visino pulito incorniciato da capelli biondi, la frangetta un poco lunga, begli occhi azzurri.
"Ciao Pattie."
"Professore. George non ha molta voglia di vederla."
"Non ne comprendo il motivo, l'ultima volta in fondo ci siamo trovati bene a lavorare insieme."
"Non era un lavoro, è stata... beh, non saprei neanche come definirla. E George è ancora scombussolato dall'esperienza con quel pezzo da museo giallo."
"Pezzo da museo? Voi neanche vi rendete conto... ma... ma cos'è questo odore?"
Il professore annusò per due o tre volte guardando Pattie con aria di rimprovero.
"Ancora non l'avete piantata con questa roba? Su, fammi entrare, portami da George."
Pattie fece entrare il professore e lo condusse al piano di sopra precedendolo sulla solida scala in legno di mogano. Nonostante l'avanzata età il professore non disdegnava il movimento ondulatorio che il fondoschiena della giovane disegnava nel salire le scale. Distrattosi inciampò nell'ultimo scalino e finì faccia a terra. Dopo pochi secondi un paio di ciabatte rosse comparirono davanti ai suoi occhi.
"Ciao George, credo che i tuoi piedi gradirebbero essere lavati. Belle le tue mutande comunque, chissà se hanno anche la mia taglia?"
"Professore, mi fa piacere che si interessi ai miei piedi nonostante lei sembri essere appena uscito da un cassonetto dell'immondizia. Se vuole la doccia è da quella parte."
"No grazie. Non abbiamo tempo per la doccia."
"Abbiamo? AbbIAMO? ABBIAMO?"
A ogni abbiamo la voce di George si alzava di un'ottava incrinandosi sempre di più.
"Abbiamo? Non voglio più sentirla parlare al plurale quando io e lei ci troviamo... coinvolti o quello che le pare, all'interno della stessa frase. Non c'è nessun abbiamo. Ha capito questa semplice regola di sintassi?"
"Non abbiamo tempo per la sintassi George, tra l'altro mi sembra non sia mai stata un grosso problema per te, non è forse vero?"
"Ma io..."
Mentre con il volto paonazzo George tentava di aggredire il professore ancora steso sul pavimento, la dolce Pattie mise fine alla contesa con uno strillo degno della migliore banshee irlandese.
"Adesso basta! È mai possibile che con voi due debba sempre finire così?"
Entrò in una delle camere da letto sbattendosi dietro la porta talmente forte da far tremare il pavimento su cui il professore era ancora adagiato. I due uomini avevano assunto un aria mite e mortificata, potere incontrastato dell'ira femminina.
"Si tiri su, cosa ci fa piantato lì per terra? Mi dica che cosa è venuto a fare e tagliamo corto."
Con un po' di fatica il professore si tirò su, prima sulle ginocchia poi in piedi. I due uomini andarono a sedersi sul bordo del letto in un'altra camera, il primo nel suo sudicio costume da scout il secondo con le sue mutande musicali. Stettero così qualche minuto poi il professore parlò.
"Devo fare un viaggio, mi servirebbe una mano."
Il professore si voltò lentamente a guardare George il quale quasi con rassegnazione andò ad affacciarsi alla finestra.
"No professore, non ho più voglia di guanti viola e di esserini azzurri. Perché non chiama qualcuno degli altri? Non voglio più saltare da una dimensione all'altra."
"Ma qui non si tratta più di dimensioni" strillò il professore "Si tratta del tempo, del tempo, razza di zuccone in mutande!"
George si girò di scatto per guardare attentamente il professore.
"Ma il suo trabiccolo non si sposta nel tempo, di cosa diavolo stiamo parlando?"
"Vestiti e vieni con me e cerca di metterti addosso qualcosa di sobrio questa volta."
George ormai esasperato si avvicinò all'armadio aprendolo. "Il bianco va bene?"
2
I due attraversarono Claremont Drive in punta di piedi come se fossero appena usciti da un cartone animato. Proseguirono sul ciglio della strada per alcune centinaia di metri coperti dal buio della sera. Arrivati nei pressi di un folto salice piangente il professore si fermò intrufolandosi nell'intrico dei suoi rami cascanti. Riluttante George lo seguì andando immediatamente a sbattere la testa contro una dura superficie metallica. A George sembrò da subito una sorta di piccolo razzo, una navicella spaziale in miniatura come quelle che si vedevano nelle illustrazioni delle riviste di fantascienza degli anni '50. La testa del professore spuntò da un piccolo portello che si apriva sulla sommità della struttura.
"Cosa stai aspettando? Vieni dentro, non farmi perdere altro tempo!"
George riuscì a malapena a infilarsi nell'apertura facendovi prima passare il capo e scivolandoci poi dentro con il resto del corpo. Lo spazio angusto era sufficiente per un paio di persone, la plancia dei comandi era zeppa di levette, tasti, piccole lampadine e un congruo numero di ammaccature.
"Vedo che questa volta ha apparecchiato per due, perché proprio io mi domando?"
"Oh, taci per favore. La macchina non è facile da pilotare da solo, durante l'ultimo viaggio ho avuto qualche problema e non vorrei ripetere l'esperienza."
George si soffermò a osservare le ammaccature e i pannelli danneggiati sulla plancia di comando chiedendosi in che cosa il professore lo stesse trascinando questa volta.
"Scusi professore, potrei sapere dove stiamo andando?"
"Torino. Nord-ovest dell'Italia. Torniamo indietro di quarantasette anni, ho bisogno di studiare i fenomeni industriali, in quell'anno c'è stata una nascita che vorrei tenere d'occhio e mi piacerebbe fare un sopralluogo della zona Lingotto di quell'epoca. Capirai quando saremo lì. Ora sta zitto e non distrarmi, tieni sotto controllo la plancia a destra, tira su le leve delle spie che si illuminano di rosso e giù quelle delle spie che si illuminano di verde ma soprattutto taci. Quando entriamo nel vortice gira a destra il maniglione blu."
George, offeso e concentrato, si girò verso la plancia di sua competenza, il professore prese ad armeggiare con i comandi e dopo pochi secondi il veicolo cominciò a vibrare in modo deciso, i colori all'interno dell'abitacolo si fecero più vividi, le spie si illuminarono e George iniziò a manovrare le leve, veloci lampi lineari di luci multicolori cominciarono a sfrecciare davanti agli occhi di quelli che ora potremmo definire i due crononauti. Il veicolo iniziò a ruotare su se stesso creando la sensazione di vortice ormai nota ai due, il professore gridò "ora!" e George girò il maniglione blu.
3
La navicella si schiantò contro un alto palo metallico. "Eppure qui non avrebbe dovuto esserci nulla, almeno secondo i miei calcoli" affermò perplesso il professore. La gente che passeggiava nei pressi dell'ingresso di Eataly voltò la testa in direzione dell'assordante rumore senza che nessuno riuscisse a individuarne l'origine.
"Fortunatamente ho inserito un sistema di schermamento sulla navicella" disse il professore andando a infilare il veicolo tra le siepi in modo che nessuno vi sbattesse contro, poi la strana coppia uscì all'esterno al riparo degli arbusti e senza farsi notare si portò sul piazzale antistante a Eataly.
"Strano, pensavo che Italy si scrivesse con la I" osservò George dubbioso.
Il professore gli diede un'occhiataccia, poi inizio a guardarsi intorno perplesso.
"Però... questo non mi sembra affatto il 1921" Poco alla volta, dal volto del professore iniziò a trasparire una collera senza limiti.
"Cosa?" chiese George spiazzato allargando le braccia. "Cosa?"
"A destra, imbecille, ti avevo detto a destra! Ci hai spediti quarantasette anni nel futuro!"
"Beh... è lei che mi ha trascinato, ancora una volta mi preme dirlo, in una delle sue folli trovate. Torniamo indietro e finiamola qui!"
"Non possiamo tornare indietro, la navicella non sarà in grado di effettuare un altro viaggio prima di due ore, i sistemi sono surriscaldati adesso."
George sostenne lo sguardo del professore per alcuni secondi poi fece spallucce si voltò e varcò l'ingresso di Eataly. Nella speranza che non combinasse guai, il professore lo seguì. All'interno del negozio alcune persone strabuzzarono gli occhi al passaggio dell'eccentrica coppia. Un uomo si avvicinò all'orecchio della moglie "Paola, ma quello non è..." - "Ma sta zitto, che dici? Gli assomiglia però".
L'interno di Eataly era adattato in maniera armoniosa ai locali storici della vecchia Carpano, la fabbrica dove si produceva il Punt e Mes, gli spazi nati già nei primi decenni del Novecento contribuirono a non far sentire troppo fuori posto i due crononauti che immediatamente furono attratti da un concentrato entusiasmante di odori e colori. Avevano due ore da far passare prima di poter ritornare a casa, George non ci mise molto ad adocchiare l'area dedicata ai dolciumi e senza indugio vi si recò mentre il professore si dedicava all'ampia selezione di ortaggi esposta sui banchi del corridoio centrale. George non era stupido, sapeva benissimo di non poter spendere le sue sterline in Italia, men che meno poteva arrischiarsi a farlo in un'Italia del futuro. Curiosò così tra gli scaffali indeciso su cosa assaggiare, tra le tante proposte fu attratto da una confezione di cioccolatini assortiti che subito infilò sotto la larga camicia bianca. I suoi soldi non erano validi, non poteva pagare e non voleva rubare. Però desiderava assaggiare. Dopo aver esplorato il negozio in cerca di un angolo appartato, decise di assaggiare i cioccolatini in uno dei locali del piano superiore che ospitava le sale meno affollate dedicate al museo Carpano. La sala solitamente usata per le conferenze era vuota, George tirò fuori la confezione di cioccolatini da sotto la camicia, si sedette a terra a gambe incociate e svuotò il contenuto del pacchetto tra le sue gambe. Scelse con cura quale cioccolatino assaggiare per primo, lo scartò, si gettò la carta alle spalle e lo addentò. Un aroma misto di cacao e zenzero riempì la sua bocca, ne assaporò il gusto contro il palato e aspettò qualche istante. Mangiò poi il secondo, piacere mistico al sapor di mandarino. Fu con il terzo cioccolatino però che George provò la vera estasi, il tartufo al cioccolato gli provocò una sorta di mancamento, trovò un sapore talmente pieno che per alcuni istanti George riuscì a vedere solo un'intensa luce bianca. Dopo pochi secondi dovette chiudere gli occhi per gustare al meglio quel sapore unico.
Non ci volle molto tempo a George per decidere di scriverci una canzone, una canzone su un cioccolatino, o magari su più cioccolatini, perché no? In fondo la sua era la band più famosa del mondo, arrivati a questo punto poteva permettersi di scrivere di quel che più gli piaceva. E poi al suo amico Eric sarebbe piaciuta. Aveva già il titolo pronto, Savoy truffle, un omaggio anche alla storia della città. Decise che quel bagliore bianco intenso scaturito dal cioccolato sarebbe diventato una buona idea per la copertina del prossimo disco, avrebbe convinto anche gli altri una volta tornato a casa, ne era più che certo.
Da quel momento, o meglio, da quando George tornò nel suo tempo e incise insieme ai suoi compagni canzone e disco, sono passati ben quarantasette anni. Ancora oggi quella copertina completamente bianca rimane una delle cover più iconiche mai realizzate nella storia della musica e quello che avete appena letto è semplicemente l'episodio che ne ispirò la nascita.
George Harrison! *_*
RispondiEliminaNon male, anche se non mi piace il personaggio di Pattie (che doveva essere "dolcissima" nei modi e nei tratti del viso, ma poi come unna nevrotica se ne esce con un urlo primordiale che bette i brividi... sebra più una schizzata!). Il prof in età avanza che sbava dietro ad una giovine pulzella, anche me lo sarei risparmiato. Infine ho notato che c'è una cura pressoché maniacale nella parte descrittiva nel paragrafo due quando si parla della macchina del tempo, pulsantini, lucine, ecc. In ultimo (ma poi smetto se no mi ammazzi) ho trovato che l'estasi cui arriva George assaporando i cioccolatini sia "arrivata troppo in fretta", come se non avesse ricevuto la giusta introduzione. Poi credo di aver sentito qualche nota stonata sui tempi (tra l'imperfetto e il passato remoto che giocavano a palla e non mi è tanto piaciuto).
Ok, voto finale: 7-
XD
Ok, non guardare ai miei millemila errori ortografici, perché altrimenti la mia valutazione perde valore! XD
Elimina:) Ciao Mia, grazie mille per aver letto il racconto e per le varie critiche dalle quali posso trarre spunto per imparare qualcosa e per svelare qualche retroscena del racconto stesso.
EliminaIntanto il racconto è ambientato nel 1968 (la prima parte almeno), Pattie Boyd era all'epoca effettivamente la moglie di Harrison in un epoca nella quale tra i due c'era già qualche dissidio coerente al suo nervosismo nel raccontino. Inoltre l'ingerenza dello strampalato professore qui non aiuta :)
In più il professore semplicemente non sbava ma semplicemente apprezza, e sono due cose diverse, l'apprezzamento per una bella donna non ha età, cerca in rete qualche foto di Pattie e vedrai che giustificherai il professore :)
Per la parte finale sul cioccolatino comprendo e condivido le tue osservazioni, purtroppo la scure delle 10.000 battute mi ha portato ad affrettare diverse cose sul finale, sicuramente meno curato del resto del racconto.
Per la questione dei tempi verbali leggerezza mia, andrò a riguardarmeli per migliorare i miei orrori :)
Grazie ancora.
Mi sono riletta e devo necessariamente farti le mie scuse. Sono stata davvero una stronza (si può dire stronza?). Mi sono soffermata solo sugli aspetti che io soggettivamente ho ritenuto non piacevoli e non ho speso due parole per l'impegno, la pazienza ed il tempo che conosco esser necessari a costruire in modo coerente (ed anche piacevole per il pubblico là fuori) una storia.
EliminaQuindi faccio un passo indietro e mi complimento con l'idea di riuscire ad interessare il più vasto pubblico trattando argomenti anche vari (tra i quali ammetto aver prediletto proprio la parte finale che spiega l'evento reale della stesura della canzone).
Alla prima lettura il professore m'è parso un po' Doc di Ritorno al futuro, ma nella foga di far la stronza mi son dimenticata di scriverlo! -_-'
Che altro... spero non si debba aspettare un prossimo concorso per leggerti nuovamente! Potresti cominciar sul serio ad una bella rubrichetta... per la serie "Vieni a criticarmi"! Eheheheh scherzo scherzo! Non sulla rubrica, eh... sol sul titolo! :)
Ciao Mia, in realtà ho apprezzato davvero le critiche, mi servono per andare a riguardarmi alcune cose e non mi sembra tu sia stata così stronza, affatto :)
EliminaPoi sugli aspetti di contenuto so benissimo che là fuori ci sono migliaia di gusti diversi, quindi questo tipo di appunti ci stanno tutti, a ognuno di noi piacciono stili e cose diverse, ci sta. Quindi su quelli per me nessun problema, ci sono tante cose che possono piacere o meno a chi legge ma che io comunque non cambierei :)
Invece gli appunti sui tempi verbali, tecnicismi, quelli magari possono servire a migliorarmi e a rivedere alcune cose.
Per il professore trovi l'origine dell'ispirazione per il personaggio in un commento qui sotto :)
Rubrica fissa...? Mmmmm.... non credo proprio :)
Felice di non aver stronzeggiato eccessivamente! (sospiro di sollievo)
EliminaE comunque "fissa" può anche esser semestrale, no? ;)
Pensaci!
Concordo e istigo anche io: pensaci :P
EliminaBeatles, George Harrison, e l'album è The Beatles". In merito al racconto, non mi soffermo su sintassi, grammatica o quant'altro perché mi interessa poco, son tutte cose che si possono rivedere, limare, perfezionare, non mi interessa. Invece il racconto è molto carino, risente dell'obbligo di rimanere entro certi limiti di esposizione, ma è carino.
RispondiEliminaGrazie Massimiliano, effettivamente ho patito molto la restrizione delle battute, anche al mio occhio la terza parte risulta affrettata e meno ariosa della prima ad esempio. Però mi sono divertito a scriverlo e oggettivamente mi sembra un racconto tutto sommato divertente da leggere.
EliminaGrazie ancora.
2 su 3 sono riconoscibilissimi, il professore rimane un'incognita, sempre che abbia anche lui un corrispettivo reale (Krishna in divisa da GM non ce lo vedo XD)
RispondiEliminaPer quanto riguarda il brano: a me è piaciuto :D l'ho trovato semplice e abbastanza diretto nei dialoghi, ad occhio non ho trovato legna nelle descrizioni.
Particolare la descrizione della navicella: ti sei trattenuto nello sforare dal professore al dottore, vero? :P
1921, Torino: ci ho messo un pochino per capire (e cercare conferma) alla nascita di chi facessi riferimento (ed era facile, cavoli :P), anche se rimane ignoto il motivo principale del viaggio. O meglio, non del tutto ignoto (viste le date scelte per la "finzione"), ma perché andare nell'anno di nascita di un personaggio se si vuole tenere d'occhio lo stesso?
Comunque, carina l'iniziativa, non ne ero a conoscenza, sarà per la prossima volta :P
PS: su "guanti viola" ho pensato a Link di Zelda, ma non credo ci sia questo riferimento XD
Ciao e grazie per aver letto il racconto. Grazie al tuo commento posso approfittarne per svelare ancora qualcosina. Intanto la mia intenzione, come avrai intuito, era quella di creare un racconto di stampo molto pop. I personaggi riconoscibili sono ovviamente George Harrison, Pattie Boyd (sua moglie), e i due ai quali si accenna soltanto, più difficili da riconoscere ma non impossibili. Il primo è Giovanni Agnelli da te già riconosciuto, il perché il professore voglia assistere alla sua nascita non è chiaro a nessuno, ma al fine del mio racconto (tra l'altro da stringare) non mi sembrava poi così importante, mi serviva più che altro far coincidere le date tra il salto nel passato (impedito dall'errore di George) e l'approdo nel futuro al 2015 (in entrambi i casi un salto di 47 anni).
EliminaIl secondo personaggio a cui si accenna, Eric, è Eric Clapton, amico di Harrison e musicista al quale era dedicata nella realtà la canzone Savoy Truffle, a lui e alla sua ossessione per i cioccolatini.
EliminaPer quel che riguarda il Dottore l'omaggio mi sembrava lampante, essendone io grande fan, e tu l'hai colto tutto ;)
Il personaggio del professore è invece ispirato, come altre cose nel racconto, al cartone animato Yellow Submarine di George Dunning. Il professore è il personaggio che recluta i Beatles all'inizio del film, quello che li coinvolge in qualche modo nell'avventura su quel pezzo da museo giallo durante la quale affronteranno i cattivi omini blu e il guanto viola.
Da lì anche la battuta sulla richiesta di un abbigliamento più sobrio (coloratissimi i Beatles del cartoon), George opta per il bianco, nel '68 Harrison era in fase santone indiano e quella bianca era la tenuta d'obbligo in quel periodo.
Eric l'ho saltato, mi era sembrato ovvio avendo capito chi fosse George, e sicuramente gli sarà piaciuta la canzone, e non solo XD ma non andrei oltre nel gossip :P
EliminaIl pezzo da museo giallo mi aveva dato conferma del fatto che si parlasse dei coleotteri ritmici, ma non del riferimento al professore e ai "nemici", cavoli, potevo fare l'en plein :P
E grazie per i chiarimenti ;)
Interessante. Sembra funzionare bene. Non ti dico la mia perché a quanto ho visto c'è già chi ti ha ampiamente commentato. Dal canto mio avrei solo evitato certi termini che vanno ad appensatire la lettura. Ma non faccio testo. A parte rari casi, sono per la "sottrazione" :)
RispondiEliminaGrazie Luigi, se hai voglia fammi pure notare a quali termini ti riferisci così ci faccio una pensata sopra :)
EliminaDivertente e davvero originale! Bravo! Forse non è stato selezionato solo perché di difficile comprensione da parte del grande pubblico al quale è destinata la raccolta di Eataly (diamo per scontato per esempio -io per primo...- che chi ci circonda conosca il White Album e la sua storia, ma temo che un sacco di gente non comprenderebbe assolutamente i vari riferimenti celati nel racconto). Però, chi riesce a capire i vari collegamenti secondo me lo legge divertendosi...
RispondiEliminaE i collegamenti non li ho nemmeno esplicitati tutti, ad esempio all'epoca Harrison abitava realmente a Esher in Claremont Drive in una casa simile a un bungalow, per dirne una. Il mio timore più grande era effettivamente che non tutti cogliessero i riferimenti, sono rimasto indeciso fino all'ultimo sulla possibilità di esplicitare il protagonista, alla fine ho deciso di osare un po' e di non farlo. Comunque il tuo commento mi ha fatto molto piacere e son contento tu abbia apprezzato. Meglio della pubblicazione :)
EliminaMi è piaciuto e non ho notato stranezze grammaticali. Per me è ottimo così, ha uno stile ed è efficace. Nessuna limatura da fare, a mio avviso.
RispondiEliminaFortuna che nei commenti avete ampiamente dettagliato XD Ero arrivata ad individuare soltanto l'Harrison :P
Grazie Glò per la pazienza e per i complimenti. Comunque tutto a posto, conosco diversa gente che non avrebbe riconosciuto nemmeno Harrison, niente di male in fin dei conti, dipende sempre tutto dagli interessi che ognuno di noi coltiva :)
EliminaBel racconto! Un emozionante ritorno al futuro savoiardo al gusto di tartufo al cioccolato con la musica dei Beatles nella testa e nel cuore. Scommetto che i boxer con gli strumenti musicali li hai pure tu :-)
RispondiEliminaNo, purtroppo no, quelli mi mancano :)
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