(di Geoff Dyer, 1998)
- "Perché scriverla una cosa quando puoi viverla?"
- "Perché non puoi viverla all'infinito."
"Autore sicuramente interessante questo Dyer", così chiudevo qualche anno fa il post su In cerca, libro del '93 dello scrittore britannico; la lettura di Paris trance, pur non arrivando a toccare le punte di sperimentalismo dell'opera precedente, conferma quanto meno la capacità di Dyer nel catturare l'attenzione del lettore. Se con In cerca ci si avventurava in un racconto in crescendo che diventava via via sempre più surreale e metafisico, qui l'impianto della storia è assolutamente classico. Geoff Dyer sceglie un registro in larga parte autobiografico trasferendo le sue esperienze di vita parigina sul personaggio di Luke, protagonista principale di Paris trance. Il motore da cui tutto inizia a muoversi in Paris trance è la volontà, in realtà debole e poco delineata, del giovane inglese Luke di passare un periodo di autoesilio nella capitale francese allo scopo di trovare tempo e tranquillità per scrivere il suo primo romanzo. L'impatto con la ville lumière non è facile, Luke ne apprezza alcuni aspetti, questo sì, alcuni luoghi, ma la solitudine, la mancanza di stimoli e lo spaesamento lo instradano verso momenti di depressione che gli impediscono di dare il via ai suoi propositi riguardo la scrittura. Poi Miles, un conoscente, gli indica nello scontroso Lazare la via per trovare un lavoretto e mettere da parte un po' di soldi. Al magazzino di Lazare finalmente Luke conoscerà una serie di nuovi compagni d'avventura che tra le urla del burbero ma di buon cuore Lazare, le partitelle a calcio per strada, le ore di lavoro a caricare e scaricare merci, riusciranno a ridare colore alla vita dell'inglese. Tra questi Luke trova Alex, una sorta di anima gemella che arriverà fino ad idealizzare quello spilungone inglese che ben presto diverrà il suo migliore amico, per Luke la vita cambia marcia, tutto diventa più sereno, l'idea di scrivere si allontana sempre più (perché che senso ha scrivere quando si può vivere?). E poi arriva Nicole, e poi per Alex arriva Sahra, e la vita non potrebbe essere più perfetta di così, tanto perfetta da far quasi male.
Il grosso del corpo di questo libro è dato dalle storie di Luke, quella d'amore intensissima con Nicole e quella d'amicizia sincera e profonda con Alex che è anche osservatore e narratore di questo protagonista capace di regalargli in egual misura gioie e dolori, nonostante Dyer si soffermi decisamente più sulle prime, relegando i dolori a un paio di brevissimi flashforward capaci però di un'amarezza realmente tagliente. L'XI arrondissement, Le Tuileries, le strade di Parigi sono la cornice per tutta una serie di episodi che uno dopo l'altro formano un pezzo delle esistenze dei quattro protagonisti che instaureranno un legame all'apparenza indissolubile, dentro c'è l'amicizia più vera, quella piena di belle giornate, serate spensierate, cazzate e passioni comuni, come quella di Alex e Luke per il Cinema, una vera ossessione probabilmente anche per lo scrittore britannico che almeno nell'edizione di Instar Libri è testimoniata da diversi fotogrammi di celebri film stampati all'inizio di vari capitoli, e poi le citazioni continue, i giochini a tema su un genere o un filone cinematografico, le sfide su chi conosce meglio la pagina della programmazione dei film di Pariscope e via di questo passo. C'è tanto sesso, quello più appagante, tra le pagine di Paris trance, piccoli momenti belli e delicati, altri più ordinari, passaggi spiritosi e un aleggiare di fine imminente che solo ogni tanto trova concretezza nelle parole messe nero su bianco da Dyer. È come se Luke, una volta raggiunta la sua agognata felicità, la sua pienezza nella vita, non riuscisse a fermarsi per apprezzarla, come se dovesse riempire le sue giornate sempre fino all'orlo, senza mai guardare al domani, ai bisogni concreti, all'effetto saturazione che su un personaggio come lui potrebbe rivelarsi decisamente deleterio.
Libro scorrevole, decisamente più abbordabile rispetto a In cerca ma comunque difficile da inquadrare, uno di quei libri dove tutto sembra alla luce del giorno ma che a lettura finita rimane lì, a scavare per qualche tempo. E forse il succo sta tutto lì, proprio nel fatto che le cose non puoi viverle per sempre.
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