mercoledì 30 dicembre 2020

DUMBO

(di Tim Burton, 2019)

Per trasporre uno dei primi classici d'animazione di casa Disney Tim Burton è costretto ad allungare, ripulire, sovvertire (più di) un poco la materia d'origine, non fosse altro che per quegli esigui sessantaquattro minuti del cartone animato qui divenuti centododici. Le differenze tra le due versioni della storia dell'elefantino volante sono parecchie, se nell'originale di Walt Disney la mutazione, chiamiamola così, del protagonista diventava per il piccolo Dumbo motivo di scherno e di emarginazione a opera degli stessi componenti del circo, dei più cattivi elementi del pubblico, qui l'unico ad avversare l'elefantino, e poi in fondo nemmeno sul serio, è il direttore del circo dei Fratelli Medici, nella fattispecie Max (l'altro non esiste) interpretato da Danny DeVito, che vedendo le orecchie del piccolo di mamma Jumbo teme di non poterlo esibire a causa della sua diversità. Ma, come si accennava pocanzi, questa volta Dumbo è un diverso tra diversi, il circo dei Fratelli Medici è un circo di freaks, il suo direttore è un uomo molto piccolo, il forzuto è un sentimentalone che non ha poi questa gran forza (forse), ci sono poi una sirena sovrappeso, un cavallerizzo con un solo braccio, l'uomo dei serpenti, Dumbo è qui in buona compagnia, nessuno ha grandi motivi per schernirlo, anzi, presto il cucciolo si conquisterà l'affetto di tutti, dovendo trovare il suo ruolo più che nel mondo all'interno dello spettacolo.

La versione di Burton inizia con la presentazione di questo circo itinerante, una città dopo l'altra, una stazione dopo l'altra, poi il ritorno dalla guerra di una delle grandi attrazioni dello spettacolo dei Fratelli Medici, il cowboy Holt Farrier (Colin Farrell) che finalmente si ricongiunge ai suoi due figli, Milly e Joe, ormai orfani di madre. Purtroppo in guerra l'uomo ha perso un braccio, viene così declassato a badante degli elefanti da Max, diverrà ben presto l'addestratore del nuovo arrivato Dumbo. Separato a causa di una serie di sfortunati eventi dalla madre, l'elefantino trova come punto di riferimento la famiglia Farrier, dal momento in cui questi scopriranno la capacità di Dumbo di spiccare il volo, il piccolo elefantino prenderà il ruolo di attrazione principale dello spettacolo. Quando la notizia delle abilità peculiari del nostro inizia a circolare, l'avido affarista Vandevere (Michael Keaton) cercherà di inglobare le attrazioni del circo Medici, Dumbo in testa, in una sorta di Disneyland sfavillante di nome Dreamland, con Dumbo si esibirà la bella trapezista Colette (Eva Green).

Burton costruisce una favola molto classica, adattata all'inclusione e al buonismo che oggi Disney impone, lo fa però senza rinunciare al suo talento nella messa in scena, nella scelta dei colori, in alcuni tocchi che ricordano il vecchio Burton (penso prevalentemente a Dreamland), visivamente il film regali moltissimi bei momenti, la danza degli elefanti rosa, questa volta sobria e non dettata dall'alcool (non sia mai) è effettivamente bellissima da guardare; al netto dell'operazione di pulizia nella narrazione la favola funziona e pur rientrando in quella fetta di Cinema sognante, più accattivante per i bambini che non per gli adulti, alla fine Dumbo funziona meglio di molte delle opere dell'ultima fase della filmografia del regista di Burbank che inoltre ha la possibilità di contornarsi sempre di nomi di un certo richiamo tra i quali qui emerge un Danny DeVito una spanna sopra tutti. Tempo di feste, Dumbo è la pellicola che può soddisfare tutta la famiglia, libera l'elefante e ingabbia le scelte narrative nell'aria che tira (il destino del circo è emblematico), ma tutto sommato si lascia guardare con piacere.

4 commenti:

  1. Devo dire che non mi aveva attirato all'uscita, dopo il tuo post gli darò una possibilità.

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    1. È una favola per famiglie, io l'ho visto con mia moglie e mia figlia, se ti piace il genere va bene.

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  2. Ok lo immaginavo...cmq c'è una scena con gli elefanti in acido?!?

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    1. C'è la scena degli elefanti rosa, ma non sono in acido :)

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