sabato 26 dicembre 2020

L'INCREDIBILE STORIA DE L'ISOLA DELLE ROSE

(di Sydney Sibilia, 2020)

Dopo la trilogia di Smetto quando voglio la commedia di Sydney Sibilia si "normalizza" e trova una via più classica alla materia che permette a L'incredibile storia de L'isola delle rose di avere un respiro più ampio, meno ridanciano nel senso più stretto del termine, ma sicuramente capace di travalicare più confini, sia di genere sia in termini di commerciabilità di un prodotto adatto veramente a tutti e che in potenza potrebbe arrivare ovunque, esce purtroppo nel periodo di serrata delle sale cinematografiche, quindi per ora la distribuzione è "solo" quella di Netflix. Per questa nuova opera si sceglie di raccontare una storia vera, tutta italiana mantenendo l'aderenza ai fatti principali ma concedendosi diverse libertà narrative al fine di rendere la vicenda più fruibile dal pubblico.

Siamo nel 1968, mentre a Parigi si consuma il maggio francese a Bologna Giorgio Rosa (Elio Germano) si laurea in ingegneria, poca voglia di seguire i binari che società e famiglia vorrebbero già programmati per lui, nel cuore ancora la bella Gabriella (Matilda De Angelis), storia ormai ex causa la propensione di Giorgio a vivere in un mondo tutto suo, scollato da ciò che impongono le strutture sociali, la scuola, la volontà paterna e le leggi dello Stato dalle quali è già stato in passato redarguito per piccole alzate d'ingegno non propriamente lecite anche se sempre innocue. In parte per una voglia di libertà che aleggia in quegli anni nelle teste di molti giovani, in parte per la sua indole non conforme e in (gran) parte per colpire e riconquistare Gabriella, Giorgio decide di costruirselo davvero un mondo tutto suo, con l'aiuto e le finanze del ricco amico Maurizio (Leonardo Lidi) assemblerà una piattaforma marina in acque internazionali, poco oltre il confine delle acque territoriali italiane, con l'intento di dichiarare la struttura - che prenderà il nome di Isola delle Rose - nazione indipendente. Ben presto a Giorgio e Maurizio si uniranno il naufrago Pietro Bernardini (Alberto Astorri), la giovane barista in dolce attesa Franca (Violetta Zironi), che potrebbe dare alla luce il primo nativo dell'isola, e l'apolide Neumann (Tom Wlaschiha), grande organizzatore di eventi sui lidi della riviera romagnola. Ben presto la fama del posto cresce, iniziano ad arrivare turisti interessati a questo strano esperimento al fine di divertirsi in un luogo non soggetto alle leggi italiane, intanto i cinque abitanti dell'isola creano una forma di governo, scelgono una lingua ufficiale (l'esperanto), si industriano per coniare moneta, emettere francobolli e Giorgio Rosa tenterà di fare di tutto, sempre con Gabriella in testa, per far riconoscere l'isola, tanto da arrivare al Consiglio d'Europa di Strasburgo.

Il film visivamente richiama molto bene le estati degli anni 60, scenografie e fotografia propongono luci e colori indovinati per l'epoca rappresentata, il salto nel passato funziona, ben contrastato dall'incipit invernale in quel di Strasburgo, l'impianto tecnico è quello di un film girato con tutti i crismi per funzionare anche all'estero, la storia potrebbe essere universale e piacere a tutti, compresi gli americani, in fondo, soprattutto sul finale, qualche libertà rispetto agli eventi reali in sceneggiatura è stata presa, per garantire quel giusto pathos e costruire almeno una scena madre al fine di strizzare l'occhio al pubblico. Dietro questa scelta c'è indubbiamente la volontà di sottolineare l'importanza del sogno e dell'utopia purtroppo, come successo in gran parte per i sogni nati proprio negli anni Sessanta, destinati a essere smontati pezzo per pezzo da realtà molto legate (e che legano) a burocrazie, gerarchie, inquadramenti e dinamiche di sfruttamento per le quali ogni moto di libertà e indipendenza può destare sospetto e divenire presto pericoloso per lo status quo, un po' come accadde all'Isola delle rose che presto divenne motivo di imbarazzo per lo Stato Italiano. Anche sul versante della commedia è proprio il contrasto tra l'idea di Rosa e lo Stato a garantire i momenti di maggior divertimento, quando la politica inizia a interessarsi alla vicenda ecco salire in cattedra un ottimo Luca Zingaretti (nei panni di Giovanni Leone) ma soprattutto un Fabrizio Bentivoglio esilarante nella parte di Franco Restivo a rappresentare l'idiozia di una politica da farsetta, i duetti tra i due sono impagabili, eclissano anche le buone prove di Germano e compagnia bella. A condire il tutto la giusta dose di sottotrama rosa con la storia d'amore, quasi sempre a distanza, tra Giorgio e Gabriella.

Il Sibilia post trilogia si conferma una bella realtà del Cinema italiano, tenendo conto anche della collaborazione con il produttore Matteo Rovere, anch'egli regista e figura interessata a un'idea di Cinema eclettica, tutto sommato non si può che essere fiduciosi anche per i lavori a venire.

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