(di Adam Wingard, 2017)
Lo Shinigami è un dio della morte. Death note è invece un manga di grande successo realizzato da Tsugumi Ōba per quel che riguarda sceneggiatura e testi della storia e da Takeshi Obata che ne realizzò i disegni. Lo Shinigami è un po' il motore dell'intera vicenda insieme a un oggetto di sua proprietà, il Death note, che altro non è se non un "quaderno della morte" a causa del quale la persona il cui nome vi viene inscritto sopra è destinata a una prematura dipartita. Quello di Adam Wingard è un adattamento in salsa statunitense del materiale di partenza: dopo un lavoro di taglia e cuci (taglia e taglia più che altro) su quella che era la mole originaria (più ampia) del fumetto giapponese, la struttura restante viene traslata nella realtà americana con le conseguenti differenze nei confronti dell'opera di Ōba e Obata, cosa questa che ha fatto sorgere anche diverse accuse di whitewashing (sbiancamento?) nei confronti di Adam Wingard, tacciato di aver selezionato un cast composto da troppi attori bianchi. In realtà tra i protagonisti principali compaiono un asiatico e un afroamericano, ormai con questa storia del politically correct sembra sempre di stare dentro una barzelletta (ci sono un asiatico, un afroamericano, etc...); detto che queste accuse, almeno a chi scrive, sembrano davvero ridicole, rimane da dire come i problemi di Death note siano altri e di come questi poco abbiano a che spartire con il "recasting" razziale tanto sbandierato a destra e a manca. Comunque... di che parla Death note?Light Turner (Nat Wolff) è uno studente di Seattle, frequenta una high school che come quasi tutte le scuole d'America è abitata anche da bulli e belle ragazze. Light è un tipo un po' solitario, ha perso la madre a causa di un crimine violento ed è figlio di James Turner (Shea Whigham), poliziotto che non è riuscito a risolvere il caso sulla morte della moglie. Un giorno, mentre è seduto su una panchina nelle aree esterne della sua scuola, Light vede cadere letteralmente dal cielo un quaderno; è il Death Note, un taccuino appartenente al dio della morte Ryuk (Willem Dafoe): ogni persona il cui nome vi verrà scritto sopra troverà a stretto giro la morte ad attenderla. Attenzione però, il proprietario per decretare la morte di qualcuno dovrà ovviamente conoscerne il nome ma anche il volto, il libro è corredato poi da una serie di altre regole esplicative. Dopo un primo spaventoso incontro con Ryuk, essere che solo Light in quanto possessore del quaderno può vedere, il ragazzo verificherà la veridicità delle incredibili istruzioni riportate sulla carta uccidendo uno dei bulli della scuola. Trascinata in questa strana avventura anche la bella (e più sadica di lui) Mia (Margaret Qualley), Light, sotto lo pseudonimo di Kira, inizia a giustiziare criminali e diventa una specie di idolo pubblico. Sulla sequela di strane e inspiegabili morti inizierà a indagare la polizia, avvalendosi dell'aiuto di L (Lakeith Stanfield), un giovane e misterioso investigatore dai modi strambi e dall'intelletto superiore.
Death note è un film di stampo adolescenziale venato da qualche punta horror garantita dalle varie morti, alcune delle quali fantasiose; il quaderno permette infatti anche di decidere la dinamica, o almeno la causa, dei decessi. Purtroppo nella riduzione dal manga alla versione cinematografica si perde quasi in toto il fascino che invece era presente nel fumetto, principalmente per due motivi. Il primo è l'ironica figura di Ryuk, il dio della morte, qui molto sacrificata e che purtroppo sembra sprecare l'unico grande attore "presente" nel film (Dafoe sta dietro la motion capture del dio); nel manga la figura del demone garantiva quel quid divertente in più a una storia di per sé parecchio intrigante, aspetto che non è sviluppato a dovere in questa versione per lo schermo dove tra l'altro il demone è spesso in ombra e poco visibile. Il secondo motivo è proprio la struttura del racconto che nel manga era basata su ripetute sfide di intelletto, su indagini e contro indagini, mosse e contro mosse, quasi una partita a scacchi mortale molto coinvolgente che qui viene sperperata nella fretta di chiudere il film nell'ora e quaranta della sua durata. Manca il tono di sfida tra Light ed L, nessuno dei due attori che li interpretano ha il giusto carisma per alzare il livello di un film medio che manca di punti di interesse, non sono evidenziati i dilemmi morali, la sfida con la polizia è blanda. In qualità di regista Wingard allestisce un lavoro discreto, l'attenzione ad alcuni particolari c'è, la confezione non è malaccio, Death note potrebbe anche essere una buona soluzione per adolescenti, magari fan del manga, per passare un pomeriggio tra amici con patatine e risate, pur restando la quasi certezza che anche loro resteranno un po' delusi da questa versione striminzita di un'opera decisamente meglio riuscita. Magari chi è a digiuno del fumetto potrebbe apprezzarne qualche risvolto.
Brutto, ma brutto forte. Una cafonata che affossa l'opera originale, troppo complessa per essere digerita da un pubblico come quello americano e per quello medio di Netflix, bisognosi di uno scialbo bignami.
RispondiEliminaPiù che brutto in sé l'ho trovato sminuente per l'opera originaria che invece era molto intrigante, una riduzione superficiale della quale non c'era necessità, almeno non fatta in questa maniera. Poi per dei ragazzini ai quali il recupero dell'opera originale magari non interessa il film può essere anche il modo per passare un pomeriggio.
EliminaNon ho mai avuto il coraggio... 😅
RispondiEliminaSoprassiedi tranquillamente 😂
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