domenica 29 dicembre 2024

IL PIANTAGRANE

(di Marco Presta, 2012)

Anche al lettore al quale non fosse mai capitato di leggere un suo libro il nome di Marco Presta potrebbe non suonare del tutto nuovo. Sono infatti ormai quasi trent'anni che, insieme al sodale Antonello Dose, Presta scrive e conduce Il ruggito del coniglio, storico programma radiofonico della prima mattinata di Rai Radio 2 nel quale i due conduttori, con l'ausilio di vari ospiti, commentano le principali notizie d'attualità in chiave ironica (scovandone a volte alcune sinceramente demenziali), mettendo così in luce spesso e volentieri idiozie e storture del nostro Belpaese. Nel corso degli anni l'indole da burbero poltrone, pigro e non troppo amante delle belluine genti, dai gusti musicali ipercritici (e vai a dargli torto vista la monnezza che spesso passa la radio, anche la sua, e Presta non si fa scrupoli nel sottolinearlo) che l'autore si è costruito con sincerità e immediatezza, ha fatto breccia nel cuore degli ascoltatori, a livello di ascolti si parla di punte che superano il milione di presenze con medie poco al di sotto, davvero un bel successo per una trasmissione di tale longevità. Dopo esperienze a teatro e soprattutto tanta scrittura, non solo per la radio ma anche per diversi programmi televisivi (Un medico in famiglia, Dove osano le quaglie, Che tempo che fa) nel 2009 arriva l'esordio in libreria con una raccolta di brevi racconti di surreale idiozia, Il paradosso terrestre, che contribuisce a dare la stura al fiume di parole da sempre presente nella testa dell'autore e che finora ha trovato sfogo in poco meno di una decina di titoli tutti editi da Einaudi e dei quali Il piantagrane è il terzo in ordine d'uscita e, almeno tra quelli letti da chi scrive (i primi tre) il meglio riuscito.

Giovanni è un uomo mite, timido, proprietario di un vivaio che gli permette di vivere occupandosi delle sue piante, un lavoro che compie con amore e senza ambizioni di ricchezza. L'altra sua passione, segreta, è quella per la netturbina Nina, una giovane donna che Giovanni fa in modo di incontrare pressoché quotidianamente andando a gettare l'immondizia nei momenti più appropriati a favorire l'agognato incontro. Due parole scambiate oggi, un saluto domani, e proprio quando sembra che per Giovanni ci sia la possibilità di conoscere meglio Nina e passare un poco di tempo con lei ecco che Giovanni, inspiegabilmente, viene rapito. Giovanni ovviamente non si capacita del gesto del suo rapitore, un uomo basso, tozzo e rozzo che va sotto il nome di Granchio, in fondo il vivaista non è ricco, non ha conoscenze importanti, in vita sua non ha mai fatto male a una mosca, e ora che vuole questo Granchio? Proprio ora che doveva incontrare Nina poi! Il fatto in realtà è che Granchio ha rapito Giovanni per proteggerlo, certo glielo farà capire andando per le spicce, ma il fatto è che Giovanni a sua insaputa gode di uno strano potere, in sua presenza le persone tendono a dire la verità, a comportarsi con onestà e altruismo, a mettere da parte l'interesse personale per senso di giustizia e di corpo. Pensate il danno che potrebbe fare al Paese un uomo del genere! Due fazioni iniziano così a contendersi l'uomo che insieme a Granchio partirà per una fuga on the road per salvarsi la pelle adoperando il suo potere involontario in una serie di missioni che potenzialmente potrebbero cambiare l'intera nazione. Ma in fondo Giovanni vorrebbe solo rivedere Nina, riabbracciare la madre Elena...

Leggendo Il piantagrane è facile che possa sembrare al lettore di udire la voce narrante di Marco Presta raccontare le vicende del libro, è un cortocircuito naturale dettato dalla popolarità del conduttore radiofonico la cui voce, i toni, lo stile, sono immediatamente riconoscibili anche su carta. L'eloquio ricercato, ironico, a volte canzonatorio, provocatorio sempre con grazia e garbo, sono una cifra stilistica che Presta, volontariamente o meno, riesce a trasportare con naturalezza dal suo quotidiano lavorativo alla pagina scritta donando continuità al suo essere (uomo, conduttore, scrittore) in modo che il lettore che già lo conosce si senta facilmente "a casa" tra le pieghe del surreale racconto. Anche se non esplicitato il protagonista, Giovanni, si trova senza volerlo a contrastare i mali della nostra Italia i cui vertici si trovano a dover fronteggiare un terremoto d'onestà e giustizia alla quale francamente non sono preparati, cosa della quale purtroppo né il lettore, né l'autore, né i protagonisti si sorprendono più di tanto, come non ci sorprende che i nostri vertici questa onestà e questa giustizia non la vogliano vedere nemmeno di sfuggita, cosa che Presta sottolinea sempre con quel filo di ironia garbata che appartiene tanto al suo pensiero che al suo linguaggio (e anche al suo essere, possiamo confermarlo avendo avuto il piacere di incontrare l'autore a una sua presentazione, gentilissimo e disponibile nonostante nulla mi possa togliere dalla mente il pensiero che Presta avrebbe preferito, per mera indole, starsene sul divano di casa, magari a leggere un vecchio fumetto della Marvel). Oltre a una nemmeno troppo velata critica alla nostra società, Il piantagrane racconta anche il rapporto tra due uomini cresciuti in quelli che sembrano mondi diversi: uno mite e introverso, allevato da una madre amorevole, ordinario, l'altro che nella vita si è dovuto fare spazio a gomitate tra degrado e violenze, solitudini e ignoranze; dopo una naturale prima ritrosia Presta racconta con una punta di sentimentalismo l'avvicinarsi di queste due entità così diverse, in maniera spesso divertente, qualche volta toccante, altre riservandoci anche qualche punta di dolore. Ne esce un libro scanzonato che non manca di andare in profondità di quando in quando trovando quel giusto equilibrio che forse un pizzico ancora mancava alle opere precedenti dello scrittore romano.

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