venerdì 27 dicembre 2024

FIRMA AWARDS 2024 - FILM

Chiudiamo (forse) l'edizione 2024 dei Firma Awards con la categoria più nutrita che andrà a segnalare trenta FILM trenta meritevoli d'esser recuperati nelle vostre future visioni domestiche se questi ancora dovessero mancare alla vostra personale cultura cinematografica "moderna". Mettiamo il "moderna" tra virgolette perché come ormai sanno anche i muri qui non si premia solo materiale uscito nel corso del 2024 ma tutto ciò che è uscito negli ultimi vent'anni da me visionato solo quest'anno (roba comunque posteriore alla fine dello scorso millennio, quindi moderna). La scelta è stata effettuata prendendo in esame un numero molto cospicuo di opere, rimarranno quindi fuori dai giochi parecchie altre pellicole meritorie, ma così è la vita, dura, durissima, purtroppo non si può vincere sempre. Come per gli anni passati prendete le posizioni con le molle, tutto è personale, mitigato da un giudizio soggettivo, non ci sono assoluti (beh, qualcuno sì, per forza di cose, ma ci siamo capiti), non prendetevela se preferite la posizione ventisette alla quindici (numeri gettati lì a caso, è solo un esempio), stilare una classifica di merito così fitta è duro anche per me, ve lo garantisco. Prendete ciò che trovate qui sotto come semplici consigli di visione, lasciate pure qui o su FB commenti su come avreste distribuito voi i titoli proposti (se li avete visti), godetevi il viaggio e andiamo a cominciare dalla trentesima posizione della categoria FILM.


Trentesimo classificato:
Il Paradiso probabilmente di Elia Suleiman (2019)
Allontanandosi dalla sua Palestina Suleiman sembra perdere un po' il fuoco, ciò nonostante il pellegrinaggio muto tra Parigi e New York del regista (che interpreta sé stesso) sottolinea ancora una volta le storture del conflitto che coinvolge da decenni il suo Paese allargando il discorso al mondo occidentale tutto. L'opera dell'autore israelo-palestinese rimane sempre meritoria.



Ventinovesimo classificato:
This closeness di Kit Zauhar (2023)
Interessante voce giovane e femminile che mette al centro delle sue storie le difficoltà di una generazione di giovani (trentenni all'incirca) nell'affrontare le sfide della vita: incomunicabilità, confusione, ansie, mancanza di direzione, peso delle aspettative e relazioni interpersonali fotografate da un cinema indipendente, minimale e schietto. Consigliato anche il recupero del suo esordio Actual people (2021).



Ventottesimo classificato:
Le paludi della morte di Ami Canaan Mann (2011)
Figlia di cotanto padre, con Le paludi della morte Ami Mann anticipa di qualche anno le atmosfere che esploderanno, in altri luoghi ma piuttosto simili, nella splendida True Detective di Pizzolatto. Ottimo lavoro di scrittura sui personaggi, la Mann ci porta nei territori abitati da quel white trash a volte capace dei crimini più efferati. Ottima incursione nel genere.



Ventisettesimo classificato:
Great freedom di Sebastian Meise (2021)
Prison movie molto anomalo quello di Sebastian Meise che seguendo gli sviluppi nel corso del tempo del Paragrafo 175 del Codice Penale tedesco (che condannava i rapporti omosessuali tra uomini) narra le vicende del protagonista Hans Hoffmann, uomo risoluto a difendere la sua dignità e la sua natura, la sua voglia di amore e sesso libero, nel corso dei decenni fino all'abolizione di quel maledetto paragrafo. Doloroso.



Ventiseiesimo classificato:
I predatori di Pietro Castellitto (2020)
Davvero una bella sorpresa i due primi film di Pietro Castellitto (il secondo è Enea del 2023), due opere magari non perfettamente compiute ma di una vitalità divertente ed entusiasmante che lasciano intravedere una bella promessa per il futuro; per ora bene così, bravo Pietro!



Venticinquesimo classificato:
Cemetery of splendour di Apichatpong Weerasethakul (2015)
Un altro cinema. Il percorso personale del regista thailandese presenta una sensibilità peculiare per la costruzione delle storie e delle immagini, una sensibilità magica, spirituale per un racconto in bilico tra i mondi. Un'esperienza da affrontare, destinata a crescere nel tempo, non fatevi scoraggiare dalle prime impressioni nel caso queste fossero avverse.



Ventiquattresimo classificato:
Cattive acque di Todd Haynes (2015)
Cinema d'inchiesta realizzato da Todd Haynes con tutti i crismi, doveroso perché ogni tanto indignarsi per storie magari dimenticate fa pure bene. L'avidità del sistema del capitale che non si ferma mai, nemmeno davanti alla perdita di vite umane, un ottimo Mark Ruffalo nella parte del Davide (ben supportato) contro Golia.



Ventitreesimo classificato:
Tokyo sonata di Kiyoshi Kurosawa (2008)
La crisi economica del 2008 flagella anche Tokyo e il Giappone, un Paese dove l'orgoglio e l'onore hanno un sapore e una valenza del tutto particolari. La difficoltà di un padre di famiglia ad affrontare il dramma della perdita del lavoro, le vicissitudini degli altri membri del nucleo familiare come specchio delle problematiche di un Paese. Contemporaneo.



Ventiduesimo classificato:
Winter boy - Le Lycéen di Christophe Honoré (2022)
Passaggio molto difficile nella vita di un ragazzo adolescente francese che si trova a dover elaborare il lutto per la morte prematura del padre e ad affrontare il suo desiderio d'amore omosessuale, fame di vita e pulsioni di morte da far conciliare con l'aiuto della famiglia. In parte biografico per il regista, colto in gioventù dalla stessa tragedia vissuta dal suo protagonista.



Ventunesimo classificato:
Dune (part one and part two) di Denis Villeneuve (2021/2024)
Villeneuve conferma d'avere il polso per la fantascienza; nonostante una partenza con il freno a mano tirato nella prima parte, comunque visivamente ineccepibile, con la seconda unisce forma e contenuto per una saga epica di cui si attende il seguito con trepidazione. Possiamo finalmente dimenticare l'inciampo di Lynch.



Ventesimo classificato:
Babylon di Damien Chazelle (2022)
Film a tratti fuori misura ma capace di veicolare l'amore (crediamo) sincero che Damien Chazelle prova per l'arte del cinema attraverso quella Babilonia hollywoodiana che fu l'industria all'epoca dell'arrivo del sonoro. Imperdibile comunque per tutti gli amanti della settima arte.



Diciannovesimo classificato:
Azor di Andreas Fontana (2021)
Fabrizio Rongione attraversa in maniera sublime un film nel quale il regista Fontana racconta un periodo terribile, quello della dittatura Argentina, senza mai mostrarne le brutture, un'opera originale e riuscita che in qualche modo ci mostra se non un linguaggio nuovo almeno una maniera inusuale e indovinata di adoperarlo. Intelligente.



Diciottesimo classificato:
Transamerica di Duncan Tucker (2005)
Ottima commedia on the road confezionata da Duncan Tucker, regista poi sparito dalle scene (peccato), una Felicity Huffman perfetta interpreta un uomo alla ricerca della sua identità sessuale che all'improvviso si scopre padre/madre. Il rapporto con suo figlio, ignaro di tutto, sarà da scoprire poco a poco sulle strade di un'America marginale.



Diciassettesimo classificato:
La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson (2016)
Film di guerra classicheggiante secondo gli stilemi di Hollywood diretto con mano sapiente da un Mel Gibson che narra la storia di un pacifista al fronte, medico e obiettore di coscienza che attraverserà i campi di battaglia, tra bombe e proiettili, senza mai imbracciare un'arma. Dalla vera storia di Desmond Doss.



Sedicesimo classificato:
Madeline's Madeline di Josephine Decker (2018)
La regista Josephine Decker ibrida in maniera riuscita le arti di cinema e teatro, trova una bellissima protagonista (Helena Howard) che riesce con forza e naturalezza a portare in scena, nel film e a teatro, una condizione di instabilità mentale dinamica e non chiarificata. Ottimo sviluppo del personaggio, film che cresce mentre sedimenta.



Quindicesimo classificato:
Inside out 2 di Kelsey Mann (2024)
Per il film di casa Pixar il giudizio dalle nostre parti non è potuto essere imparziale; chi sa cosa voglia dire avere una figlia adolescente in lotta continua con ansia, aspettative e attacchi di panico non può sottovalutare la potenza emotiva dell'opera di Mann che coglie in pieno difficoltà e dolori di un'età molto difficile. 



Quattordicesimo classificato:
Diaz - Don't clean up this blood di Daniele Vicari (2012)
Il Diaz di Vicari è già un film della memoria per non dimenticare mai la macelleria di Stato, uno dei crimini più aberranti che possano esserci (e spero non si debbano spiegarne le ragioni). Per un senso di giustizia che oggi sembra sempre più necessario.



Tredicesimo classificato:
Capitalism: A love story di Michael Moore (2009)
Torniamo pure al senso di giustizia di cui sopra, concetto totalmente estraneo alla società del capitale; in un documentario sicuramente di parte e spesso divertente Michael Moore ci mostra ingiustizie, storture e idiozie di un sistema da arginare senza perdere altro tempo.



Dodicesimo classificato:
Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos (2017)
Colpa e contrappasso nella narrazione glaciale e allo stesso tempo terribile del talentuoso regista greco Yorgos Lanthimos. L'espiazione apre al caos vite altoborghesi altrimenti protette e ordinatissime, ci si rifà nel titolo al mito di Ifigenia in Aulide.



Undicesimo classificato:
L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino (2006)
Fa il paio con Le conseguenze dell'amore, film che trovate nella categoria "classici", il "primo periodo" di Sorrentino regala grandissimi film e personaggi uno più indovinato dell'altro; questo Geremia 'de Geremei e il Titta Di Girolamo di Servillo rimarranno negli annali del cinema italiano.



Decimo classificato:
Quando hai 17 anni di André Téchiné (2016)
André Téchiné torna all'adolescenza e ai temi dell'omosessualità, argomenti già affrontati in passato dal suo cinema, con la sofferta e sentita storia d'amore tra due giovani, Tom e Damien, non parimenti disposti ad accettare le loro inclinazioni sessuali. Sceneggiatura di Cèline Sciamma.



Nono classificato:
I delinquenti di Rodrigo Moreno (2023)
Sulle note di Adónde está la libertad? dei Pappo's Blues il regista argentino Rodrigo Moreno sembra volerci dire che quella libertà non stia nella schiavitù reiterata del lavoro, imbastisce così per i suoi protagonisti vite alternative che passeranno da esperienze poco usuali ma fortemente significative. Bellissima sorpresa.



Ottavo classificato:
Top Gun: Maverick di Joseph Kosinski (2022)
Con Maverick si vola altissimo sull'onda della nostalgia; per godere appieno dell'opera di Kosinski (fruibile ovviamente da tutti) è quasi necessario aver vissuto in prima battuta quel Top Gun del 1986, tutto è al suo posto, la storia si ripete, le emozioni riemergono. Noi invecchiamo, Tom Cruise anche, ma lui sembra non darlo a vedere. Mito.



Settimo classificato:
Anatomia di una caduta di Justine Triet (2023)
Anatomia di una caduta che in assenza di uno dei due protagonisti diventa anatomia di un matrimonio, di un rapporto di coppia. La morte è un punto di partenza per esplorare altro, la Triet gioca benissimo sui piani di lettura di un film pensato più con e per la testa che non per il cuore. Come può una parte terza entrare e giudicare dall'esterno dinamiche di coppia (e relative conseguenze) consolidate da anni? Incetta di premi e Palma d'oro a Cannes.



Sesto classificato:
My first film di Zia Anger (2024)
Ottima costruzione per un film indipendente che lavora sulla struttura della narrazione in maniera originale e propone vie nuove o quantomeno poco battute dell'atto del guardare, già per questo operazione preziosa che acquista ancor più valore una volta appresa la genesi del progetto. Una delle rivelazioni del mio anno da spettatore.



Quinto classificato:
Sick of myself di Kristoffer Borgli (2022)
La ricerca di visibilità e attenzione, la mania di protagonismo portate fino agli eccessi in un film intelligentissimo e crudele del norvegese Kristoffer Borgli, dinamiche di coppia malate nelle quali i rispettivi ego sgomitano per emergere su tutto. Cinico e terribile ma anche divertente.



Quarto classificato:
Killers of the flower moon di Martin Scorsese (2023)
Scorsese, e chi meglio di lui?, torna al concetto di un Paese, gli Stati Uniti d'America, costruito sul sopruso e sulla violenza, nella fattispecie narrandoci come la popolazione Osage, proprietaria di territori carichi di petrolio, è stata ingannata ed estromessa dalla partita, poco a poco, da parte dell'avidità nota dei bianchi. Ancora Di Caprio protagonista per un altro tassello d'eccezione nella carriera di uno dei più grandi registi viventi.



Terzo classificato:
Joker: Folie à deux di Todd Phillips (2024)
Film spiazzante e divisivo con il quale Phillips va per la sua strada fregandosene di quel che il pubblico adorante del primo capitolo avrebbe potuto pensare di questa nuova sortita di Arthur Fleck, un sempre grandissimo Joaquin Phoenix. Film intelligentissimo e impossibile da condensare in due righe, una delle opere dell'anno se la si vuole guardare sotto una certa luce. Avercene.



Secondo classificato:
Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki (2023)
Quello che forse nelle intenzioni del Maestro Miyazaki voleva essere un film testamento (in realtà sembra che Miyazaki sia di nuovo al lavoro) racchiude tantissimi elementi del suo cinema e deflagra in una parata immaginifica senza rivali. Lo Studio Ghibli si conferma ancora una volta la vera eccellenza dell'animazione con pochissimi rivali al mondo. Incrociamo le dita per il futuro.



Primo classificato:
Aftersun di Charlotte Wells (2022)
I cedimenti del cuore, la profondità dei sentimenti, soprattutto quelli dolorosi, vincono su tutto. L'ultima estate della piccola Sophie con suo padre, un uomo con la cui assenza la bambina, poi la ragazza e infine la donna dovranno convivere per sempre. Film struggente, straniante, costruito in potenza e fatto di piccoli ricordi di una vacanza e sull'amore tra padre e figlia. Meraviglioso e dolente.



Per quest'anno è tutto, vedremo se ci saranno ancora la forza e la voglia di parlare anche di fumetto.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...