(L'empire di Bruno Dumont, 2024)
Immaginiamo un racconto di fantascienza che veda opposte due fazioni aliene in lotta tra loro per il predominio su un pianeta terzo; ipotizziamo ora che lo scenario che funge da sfondo alle vicende narrate non sia per una volta ubicato in una galassia lontana lontana ma qui da noi, sulla cara e vecchia Terra, quella che, vista dall'alto, appare ancora come una meravigliosa sfera verde e blu. Detto questo, dove potremmo pensare che le due razze rivali possano scegliere di darsi battaglia? Il nostro immaginario ci porta in maniera quasi naturale a pensare a New York: grattacieli in fiamme, gente urlante in fuga nei canyon di cemento, collegamenti in tempo reale con la Casa Bianca a Washington per gestire la crisi, magari con Donald Trump pronto a chiamare Bruce Willis o Will Smith (entrambi, per motivi diversi, al momento fuori causa) al fine di salvare il salvabile. Poi, per carità, perché no? in un impeto di nazionalismo potremmo figurarci l'invasione incombere sugli assolati cieli di Roma, potremmo immaginare navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni dell'Ardeatino, raggi B balenare nel buio vicino alle porte dell'Asinaria e via discorrendo. Oppure potremmo pensare, con un inaspettato colpo di genio, di ambientare la nostra ipotetica faida galattica sulla Côte d'Opale, sul lato francese della Manica, di fronte a Dover, dalle parti di Calais, non troppo lontano dalla Piccardia, una zona ricca di spiagge e che vanta un bel verde e un bellissimo blu, distese piatte che ben si prestano alla nostra avventura spaziale. Come? Non ci avevate pensato? Beh, poco male, perché ci ha pensato Bruno Dumont al posto vostro.Siamo in un piccolo villaggio sulla Côte d'Opale, nord della Francia; qui il giovane Jony (Brandon Vlieghe) vive di piccola pesca, un'attività che sembra non dare troppo frutto in questa zona e in questi tempi. I dintorni sono caratterizzati da spiagge ampie e spesso deserte, la giovane Line (Lyna Khoudri) le trova ideali per far prendere colore a sedere e tette, tanto a guardarla lì non c'è mai nessuno. Quando Jony e Line si incontrano per la prima volta scambiano due chiacchiere sui rispettivi operatori telefonici, sul fatto che non si siano mai visti prima e su amenità del genere. Dopo essersi allontanata per un breve momento Line torna sui suoi passi e, guardando verso la casa di Jony, scorge alla finestra l'anziana madre del ragazzo e il suo figlioletto, un bimbo piccolo biondo e paffutello. Line inizia a comportarsi stranamente, si inchina al cospetto del bambino, interrogata sul suo comportamento da Jony la ragazza si inchina anche a lui chiedendogli se il Margat fosse nato. Jony le risponde in una lingua aliena, i due sono esponenti della razza extraterrestre degli 0, inviati sulla Terra in corpo umano per garantire l'ascesa del Margat, il bimbetto di cui sopra, portatore della malvagità più pura destinata a fecondare le anime degli appartenenti alla razza umana. Nella più classica delle contrapposizioni binarie gli 0 sono contrastati dagli 1, altra razza aliena decisa a preservare l'umanità e rappresentata nella nostra storia dalla bellissima Jane (Anamaria Vartolomei) e dal bizzarro Rudy (Julien Manier).
Il cinema di Bruno Dumont non rientra nei canoni della "normalità" (diciamo così per convenzione, in fondo cos'è normale?), ne parlammo già in passato in occasione del commento al suo Jeannette, musical in chiave heavy metal che metteva in scena la filosofica giovinezza di una Giovanna d'Arco ancora nel pieno della sua infanzia. Con L'impero Dumont stranisce lo spettatore affondando le mani nella fantascienza e stravolgendone le atmosfere, lo fa giocando sui luoghi, sui toni, sui caratteri in un mondo che non è come te lo aspetti ma non è nemmeno come te lo aspetteresti se si potesse dare per buono l'assunto che due razze aliene venissero in incognito a sfidarsi sulla Terra. Dumont scarta da tutto quello che abbiamo già visto e mescola le carte: nella sua storia c'è un pescatore (che nella realtà fa il meccanico) e ci sono le spade laser, le distese deserte del nord della Francia assieme ad astronavi imponenti modellate, con un tocco di genio, sullo stile della Sainte Chapelle di Parigi e su quello della nostrana Reggia di Caserta (che evidentemente alla fantascienza piace), c'è la bella Jane e c'è il rude Jony che, schierati sui fronti opposti di una battaglia poco movimentata se non sul finale, non possono che provare fortissima attrazione l'uno per l'altra. A parere di chi scrive non si può dire, come si è detto, che L'impero sia una mera parodia di Star Wars o di qualsiasi altra saga fantascientifica, è altro, dirvi con precisione cosa sia però non è impresa semplice, chissà se almeno Dumont sarebbe in grado di illuminarci a questo proposito. Dumont riesce a far rivivere i suoi spazi, il suo lembo di esagono, sempre in maniera differente (la mia Francia è differente!, neanche fosse la banca); nella dicotomia 0/1, bene/male, in relazione anche a una nuova figura dal potenziale messianico e religioso (il bimbo biondo, il Margat) ogni spettatore può andare a leggere intenzioni e significati più o meno velati all'interno di un film all'apparenza molto immediato se non didascalico. Come già per Jeannette, anche L'impero non soddisferà tutti i palati, sicuramente curioso, diverso, coraggioso, non per forza coinvolgente, appassionante, memorabile. Ai posteri l'ardua sentenza nell'attesa di capire se L'Impero colpirà ancora.
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