(di Zia Anger, 2024)
Mi piacerebbe ci fossero più film come questo My first film di Zia Anger; sono film come questo che costringono lo spettatore a prestare attenzione, a non giocare con il cellulare mentre questi ti chiedono di essere guardati, sono film che attivano le sinapsi pur non essendo particolarmente complicati, lo fanno presentando strutture anomale, laterali ai percorsi già battuti milioni di volte, ibridano forme di linguaggio diverse, passato e presente, realtà e finzione, gesto filmico e altro (arte, performance, mimica) creando un modo nuovo per veicolare l'atto del "guardare" e quello del "capire", atto che oggi sembra essere, chissà perché, sempre più faticoso, anche al cinema (o su piattaforma, davanti a uno schermo domestico, il discorso, quello del "capire", non cambia). È un miscuglio di tante cose My first film, che della Anger in realtà non è affatto il primo film, quello fu Always, all ways Anne Marie, progetto che la regista di Ithaca, Stato di New York, fu costretta ad abbandonare e che diventò in anni successivi il motore della sua piccola odissea produttiva e soprattutto creativa che alla fine ha portato al rilascio tramite la piattaforma Mubi di questo My first film attraverso un percorso non proprio rettilineo e che passa anche attraverso l'esposizione e la videoarte.Il film si apre su uno schermo vuoto e un cursore che dona vita a parole digitate da una tastiera; inizialmente sono i credits del film che compaiono e vengono subito cancellati come in un atto di stesura e ripensamento che ben introduce, in maniera semplice, la struttura ricca ed eclettica di My first film. Poi le parole iniziano ad alternarsi a brevi video della Anger, passaggi sconnessi, messaggi indiziari: "Note. This probably shouldn't be a film... but it is. My videos aren't the film. LOL. Still I thought the first thing you see should be "joy"". E la Anger ci mostra un culo, probabilmente il suo. È una sorta di primo contatto, un dialogo con lo spettatore che la regista mette in pista, una breve introduzione al termine della quale compare l'attrice Odessa Young che nel film interpreta Vera, una regista che sta tentando di girare il suo primo film, vero e proprio alter ego della Anger. Poi i dubbi. Come far iniziare un film? Come dare il via a un progetto? I ripensamenti; si cambia di scena ed è uno strano mimo a dare il via al film, una donna anziana che è la mamma di Vera, una delle due mamme di Vera, che mima il ciclo mestruale, l'ovulazione, ed è una Vera più matura che pensa a quella scena andando indietro con i ricordi al suo primo progetto che è quello di cui seguiremo la creazione in My first film. Potrebbe sembrare complicato ma lo è meno di quanto sembri, fidatevi.
Con il procedere della visione, pezzo dopo pezzo, si acquisisce la consapevolezza di un quadro d'insieme che la Anger costruisce in maniera calibrata e intelligente offrendo allo spettatore un pezzo alla volta di un tutto che se fossimo stati nel campo del thriller avrebbe fatto gridare al miracolo (o magari anche a qualcosa di meno, ma ci siamo capiti). È un percorso My first film, è il racconto di un fallimento, quello di Always, All Ways Anne Marie, progetto rifiutato da diversi festival e poi abbandonato dalla regista, che scatena l'atto creativo, la riflessione e che porta, attraverso tappe intermedie, all'ottimo film che oggi potete trovare su Mubi. L'atto creativo porta con sé una maturazione non solo artistica ma anche personale, Vera si trova ad affrontare momenti della sua vita importantissimi proprio mentre tenta di venire a capo in qualche modo di quello che poi sarà il suo fallimento, tra troupe scalcagnate, gravidanze indesiderate, droghe ed eccessi, penuria di fondi e sfiducia incombente. Attraverso il cinema la Anger affronta dolori privati e racconta il processo creativo in maniera originale e inusuale. Nell'assemblare My first film la Anger ricorre a filmini privati, stralci di film del passato, finzione scenica e interazioni in prima persona con la sua controparte finzionale e a una voce narrante matura e consapevole che ha ormai accettato tutto ciò che ci viene mostrato in video, arrivando a una sorta di "coming of age" artistico, maturo e trasversale a quelli che di solito il cinema ci propone trasformando un fallimento in un'opera di assoluto valore. Ad avercene.
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