(di Robert Zemeckis, 2024)
Due coordinate, una fissa, almeno fino alla sequenza finale, e una variabile. Sono lo spazio e il tempo che in Here, ultimo lavoro del mai domo Robert Zemeckis, scandiscono insieme alle vicissitudini della famiglia Young (cognome casualmente legato a un'età della vita?) l'andamento di un'opera che, come già fatto in precedenza da Zemeckis, esplora non soltanto le potenzialità del racconto ma anche nuove tecnologie che permettono di sperimentare e spostare in avanti (non necessariamente più in alto), almeno concettualmente, l'asticella di quella macchina meravigliosa che è il cinema, l'arte di fare film. Nulla di sorprendente, Zemeckis ci ha abituati nel corso dei decenni alla sua propensione a mettersi in gioco, a tentare nuove vie e nuovi modi per fare cinema in una ricerca mai sterile in quanto mai avulsa dall'arte del raccontare, del coinvolgere il suo pubblico e soprattutto del pigiare forte sul tasto dei (buoni) sentimenti, in un'ibridazione tra modernità e classico che in più occasioni ha contraddistinto la filmografia del regista di Chicago. Pensiamo al clamore suscitato sul finire degli anni Ottanta, quando Zemeckis aveva già alle spalle il successo di Ritorno al futuro, da un film come Chi ha incastrato Roger Rabbit nel quale il mondo degli umani collideva in maniera completa con quello dei cartoni animati con un livello di interazione tra i vari elementi impressionante, o all'utilizzo della CGI già ai tempi de La morte ti fa bella, alla motion capture (con sempre protagonista Tom Hanks) di Polar Express, al 3D di A Christmas carol, alla stop-motion di Benvenuti a Marwen o al digitale di Beowulf per approdare infine all'utilizzo del deep fake per ringiovanire e alterare i volti degli attori protagonisti di questo Here. L'ultimo film di Zemeckis si rivela quindi solo l'ennesimo tassello di un percorso coerente capace di unire sperimentazione e narrazione popolare rivolta al grande pubblico, un'impresa tutto sommato non scontata, soprattutto se si tiene conto di quanto altri percorsi sperimentali siano riusciti ad allontanare da loro la maggior parte dei potenziali fruitori.Here presenta la storia di un luogo in diverse epoche e di alcune vite, su tutte quelle dei componenti della famiglia Young. Si parte dall'epoca dei dinosauri per poi passare alla loro estinzione e all'arrivo dei nativi in un territorio che è quello dell'est degli Stati Uniti, probabilmente in Pennsylvania vista la presenza più avanti di un noto Benjamin Franklin. Here non segue un pedissequo ordine cronologico presentandoci eventi e vite appartenenti a famiglie e contesti diversi. Assistiamo così al mutamento del luogo che passa da un panorama fatto di vegetazione selvaggia a essere terreno edificabile dove crescerà una cittadina (vi abiterà appunto anche Franklin) e dove verrà edificata la casa che sarà il set unico e principe del film di Zemeckis. A occupare la casa nel corso dei decenni si alterneranno la famiglia di un aviatore appassionato di aerei, John Harter (Gwylim Lee) e la di lui moglie Pauline (Michelle Dockery), quella vivace dell'inventore Lee e di sua moglie Stella, gli afroamericani Harris e i veri protagonisti di questo Here, la famiglia Young che seguiamo fin dal secondo dopo guerra quando il reduce Al Young (Paul Bettany) e sua moglie Rose (Kelly Reilly) compreranno la casa nella quale nasceranno poi i loro tre figli tra i quali il primogenito Richard (Tom Hanks) che, una volta adulto (ma nemmeno troppo) sposerà la sua Margaret (Robin Wright). Da qui la vita, che ci porterà avanti e indietro negli anni tra gioie e dolori, cambiamenti e frustrazioni con un denominatore comune sempre presente: la casa, il luogo, quel terreno, quella prospettiva.
Tutto nasce dal fumetto omonimo di Richard McGuire pubblicato in origine nel 1989 sulla rivista antologica Raw come storia breve di sei pagine, ampliata poi nel 2014 fino a divenire un volume decisamente più corposo che supera le trecento pagine. Nasceva già su carta l'idea, ripresa poi da Zemeckis, di sovrapporre nella stessa tavola (inquadratura) più vignette (finestre) che mostravano eventi avvenuti nello stesso luogo ma in epoche diverse. Il lato interessante dell'operazione messa in campo da Zemeckis consta nel parallelo che si può fare tra la forma di linguaggio adoperata in Here con la molteplicità di stimoli sovrapposti (per pluralità contemporanea ma soprattutto per velocità di passaggio da uno all'altro) che richiama i metodi di fruizione moderna delle immagini e dei contenuti, in Here mitigati almeno dalla costruzione sì di più storie, ma con una principale che ci avvince più delle altre e catalizza l'attenzione dello spettatore per l'intera durata del film; in verità le altre appaiono accessorie, necessarie a giustificare più una struttura che un vero contenuto, cosa che peraltro va benissimo ma che non aiuta a creare un interesse profondo per tutto ciò che è contorno rispetto alle vicissitudini della famiglia Young. L'operazione tecnologica appare riuscita, sembra in effetti di tornare a un giovane Tom Hanks, impresso già al tempo nell'immaginario collettivo grazie a film come Big o Turner e il casinaro, rimane da capire quanto queste nuove frontiere rivoluzioneranno il cinema prossimo futuro (c'era una volta il 3D, tanto per dirne una) che, almeno in Here, sembra continuare a vivere (per fortuna) più di emozioni che di tecnologia. Zemeckis riporta su schermo la coppia di Forrest Gump, altro ritorno al passato, li costringe a recitare nello spazio ristretto di un'inquadratura unica e fissa, a dialogare nella performance con un loro io più giovane che prenderà poi corpo sullo schermo, tutto riuscito più che bene. Eppure Here è stato un flop commerciale non esente nemmeno dai biasimi di una critica forse in alcuni casi troppo severa. In questo caso non crederei troppo a chi grida al miracolo ma nemmeno a chi liquida tutta l'operazione con superficialità, in fondo nella storia degli Young ci sono quei temi universali magari buoni per tutte le stagioni ma che ancora sono in grado di toccare nel modo giusto i cuori di una buona parte di spettatori.