(Wallace & Gromit: The curse of the Were-Rabbit, di Nick Park e Steve Box, 2005)
Nel paesino della campagna inglese nel quale abitano Wallace e Gromit si sta preparando la tradizionale fiera della verdura. Tutti i cittadini coltivano con amore nei loro orticelli almeno un esemplare che concorrerà alla vittoria finale nella prestigiosa fiera. Zucche giganti, zucchine perfette, pomodori rossi che più rossi non si può e tutto il meglio che la natura ha da offrire.
Ognuno di questi esemplari è gelosamente custodito e protetto da sistemi di sicurezza messi a punto proprio dall’inventore Wallace.
Ma in paese c’è una piaga che minaccia la buona riuscita della fiera. Numerosi voraci conigli pronti a divorare ogni tipo di coltura. Starà al dinamico duo tenere sotto controllo la situazione.
Ma questa degenera in maniera repentina, l’inventore e il suo fido cane elaborano un meccanismo per rendere meno voraci i simpatici coniglietti.
Ma al momento dell’esperimento qualcosa va storto. Molto storto.
Una minaccia decisamente più pericolosa dei coniglietti incombe sul villaggio e sulla buona riuscita della fiera.
La maledizione del coniglio mannaro ha vinto l’oscar 2006 come miglior film d’animazione, battendo anche La sposa cadavere di Tim Burton, film decisamente più quotato.
Anche questo in stop-motion, risulta essere un film divertente adatto a tutte le fasce d’età.
La realizzazione in plastilina è eccezionale, la riproduzione d’ambiente stile british è subito riconoscibile, ottimi gli interni così come i vari marchingegni creati da Wallace sparsi in tutta la sua abitazione.
Anche qui non manca il gioco alla citazione ormai presente in tutti i film d’animazione e in generale rivolti ai più piccoli. Gioco che i più piccoli non coglieranno ma che farà divertire gli adulti.
La trama scorre liscia e prevedibile ma non mancano i momenti divertenti, consigliato per una serata in relax o, come è capitato a me, a chi vuole far passare poco più di un’oretta in allegria alla propria bimba febbricitante.
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