sabato 14 gennaio 2017

BOGART

L'altro giorno, era martedì, uscii di casa come tutte le mattine per accompagnare mia figlia a scuola, a piedi, cosa che mi permette sulla via del ritorno di fare un salto in edicola quando serve. Quel giorno diedi un'occhiata allo scaffale dei fumetti, acquistai il mio settimanale di cinema e televisione preferito, comprai le figurine dei Cucciolotti per Laura, tutto abbastanza distrattamente; tornai poi a casa, poggiai tutto sul tavolo e la giornata proseguì nella sua prevedibile routine. La sera, dopo il lavoro, rincasai e tra i vari discorsi mia moglie mi buttò lì ironicamente un: "hanno messo un volto nuovo in copertina questa settimana". Guardai bene la copertina della rivista, cosa che non avevo fatto in mattinata, e mi venne spontaneo rispondere: "beh, facce così oggi non ce ne sono più".

La faccia in questione era quella di Humphrey Bogart, dura e allo stesso tempo sofferente, sudata, un poco scomposta, imperfetta e viva, la sigaretta pendente da un'angolo della bocca, lo sguardo volto a guardare oltre. Non ce ne sono più di facce così, o quantomeno ce ne sono poche di così segnate, in quella maniera lì, non dal tempo ma dall'esperienza, dalla vita.

È strano pensare che quella faccia lì ce la regalò proprio Babbo Natale, la consegnò il 25 Dicembre del 1899 in quel di New York al signor Belmont De Forest Bogart e alla sua signora, Maud Humphrey che probabilmente mai avrebbero pensato che il volto del loro bimbo avrebbe campeggiato sulla copertina di diverse riviste ben centodiciassette anni più tardi, dopo averlo fatto chissà quante altre volte in precedenza. A portarlo via sarà invece la malattia, il 14 Gennaio del 1957, dopo un periodo di strenua lotta con la stessa, oggi lo ricordiamo volentieri, come fosse ancora qui con noi, a sessant'anni dalla sua scomparsa.

È la faccia di uno che sta bene da solo quella di Bogart, il piglio cinico, l'aria a volte persa, a volte sconfitta, come quella di diversi suoi personaggi, non a caso è proprio sua la faccia che darà vita sullo schermo a due dei protagonisti fondamentali dell'hard boiled, della scuola dei duri di letteraria memoria usciti dalle penne di Raymond Chandler e Dashiell Hammett, eroi nuovi negli anni 40, antieroi li chiamarono poi, moderni e accattivanti, autoironici, disincantati. I loro nomi? Philip Marlowe e Sam Spade, occhi privati (all'appello manca giusto il Mike Hammer di Spillane).


È la stessa faccia che non diresti mai adatta a una commedia, eppure, duttile sotto la direzione di un grande Billy Wilder (non senza problemi si dice e, visto il caratteraccio del nostro, non si stenta a crederlo), entra in un film delizioso come Sabrina, certo la parte non era pensata per lui, si rivela invece perfetto contraltare di un viso di rara perfezione ed eleganza come quello della magnifica Audrey Hepburn. A proposito di donne. Lo riguardo, proprio ora mentre sto scrivendo, non era bello, proprio no, ma le qualità di quel volto, quell'aria di chi ha lavorato e di gavetta ne ha fatta (e Bogart ne ha fatta), riuscì ad ammaliare anche Lauren Bacall, venticinque anni più giovane di lui e di una bellezza innegabile.

Quanto valore è riuscita a dare quella faccia a un cappello, a un impermeabile, a una sigaretta o a una notte avvolta nella nebbia? Più che a tutto il resto Bogart ha contribuito a rendere immortali le figure del noir, da ambo i lati della barricata, prima al servizio di nomi più noti del suo (la lunga gavetta), poi da interprete principale, da Una pallottola per Roy in avanti passando per Il mistero del falco e Il grande sonno. "La faccia" diventa addirittura protagonista in La fuga di Delmer Daves, appartiene a un criminale in fuga costretto a farsela rifare chirurgicamente per sfuggire alla giustizia, una faccia che lo spettatore vede solamente quando "diventa" quella di Bogart.

Chissà se qualcuno, quando la sua carriera era agli inizi, ha mai posto a Bogart la scontata domanda "ma tu, con quella faccia lì, dove credi di andare?". Sembra ovvio oggi come la domanda non necessiti risposte.

6 commenti:

  1. Gran bell'omaggio ad un grande del cinema, sia detto senza retorica. Del resto, come si fa ed essere retorici con una faccia così che ti guarda?

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    1. E lo bucherà ancora in futuro. Ciao Enri e benvenuto da queste parti.

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  3. Bello.
    Bello l'articolo.
    Ma bello anche Bogart, proprio perché non perfetto.
    Bello quando nel cinema, oltre ai bellocci di turno, c'erano anche delle facce segnate, con un caratterel con una ruga, un neo, un caspita di qualcosa che li distinguesse uno dall'altro!
    Mi manca quel cinema ^^

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    1. Ciao Uapa, è sempre un piacere ritrovarti da queste parti :)

      Per nostra fortuna quel cinema, così diverso da quello di oggi, possiamo sempre andare a recuperarcelo, tanto c'è talmente tanta roba da vedere che dubito faremo mai in tempo a guardarla tutta :)

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