domenica 7 luglio 2019

ALL'OMBRA DEL SALICE - INTERVISTA A MARIO BARALE

(di Mario Barale, 2018)

Intervista realizzata per Loudd!

Nanni Baretti è il Commissario (ex in realtà) che non ti aspetti. Un uomo in pensione, parecchie primavere sulle spalle, diversi chili sulla pancia, un amore vero per la tavola, soprattutto se apparecchiata a dovere, un legame forte con il suo territorio - un Piemonte a cavallo tra realtà geografica e fantasia toponomastica - un pizzico di razzismo più d'abitudine che realmente radicato e che ce lo fa comunque inquadrare come un bravo cristo e qualche crepa suo malgrado alle spalle. Nanni Baretti è un uomo che ha fatto la sua parte e che oggi preferirebbe trovarsi tra le bancarelle del mercato di Porta Palazzo piuttosto che sulla scena di un delitto, soprattutto se questa scena scoperchia ricordi mai del tutto sopiti rinnovandone il vigore in maniera intimamente dolorosa.

A riportare in vita i vecchi dolori è una piena, quella del Brandino, che con la sua forza dirompente fa riemergere dalla terra i resti di quattro corpi spariti nel nulla tanti anni prima nella frazione Tetti Grigi. Sulla scomparsa di quelle che allora erano quattro giovani ragazze indagò proprio il Commissario Nanni Baretti che nel corso delle indagini non riuscì a ritrovarne i corpi. Ora il caso si riapre, i resti delle ragazze dichiarano a gran voce come della loro scomparsa sia stato accusato un innocente, un uomo che proprio Baretti contribuì ad arrestare, un peso che ora grava come un macigno sulla coscienza dell'ex poliziotto. Per dipanare la matassa il titolare dell'indagine, il Commissario Caruso, si dovrà avvalere proprio della collaborazione del suo predecessore.

All'ombra del salice è un thriller che soddisferà il palato degli amanti del genere, primo di una serie di romanzi con protagonista Nanni Baretti, mette sotto i riflettori una "strana coppia", topos narrativo che ha decretato il successo di tanta letteratura e tanto cinema, qui declinato con un pizzico d'originalità dato proprio dalla figura di Baretti, un piemontèis d'una certa età con tutta una serie di caratteristiche non proprio da action man che insieme al più giovane Caruso darà vita a diversi scambi di vedute e battute decisamente divertenti. Interessante la scelta di Barale di narrare una vicenda che vede due piani d'azione, quello presente e quello legato alle vicende del 1974, senza ricorrere al vero e proprio uso del flashback ma illuminando pian piano i fatti del passato tramite i racconti dei testimoni dell'epoca, Baretti in primis, senza abusare di salti temporali ma ricorrendo alla memoria storica degli stessi protagonisti del romanzo (scelta non banale). Lo stile di scrittura è molto lineare, scorrevole, cosa che rende agile e piacevole la lettura del romanzo, nonostante la territorialità della vicenda non sono presenti ostacoli linguistici di sorta (e pensiamo al dialetto), lettura quindi adatta davvero a tutti. Niente male anche la confezione del libro a opera della casa editrice Yume che a parte qualche sporadico refuso porta a termine un buon lavoro impreziosito dalle illustrazioni dello stesso Barale che oltre che con la penna (o con la tastiera se preferite) non se la cava male nemmeno con la matita.

Ad ogni modo abbiamo la possibilità di approfondire il discorso proprio con l'autore che si è reso disponibile a scambiare quattro chiacchiere con noi di Loudd.

Mario Barale all'opera
L: Ciao Mario, benvenuto tra le pagine virtuali di Loudd. Iniziamo con un po' di presentazione, ci piacerebbe sapere come sei arrivato alla scrittura e alla successiva pubblicazione con Yume.
MB: Alla scrittura sono arrivato più o meno per caso, a me è sempre piaciuto scrivere e non ho mai avuto il coraggio di farlo, gli altri erano sempre più bravi e c'era sempre qualcosa che mi disturbava; poi sono diventato papà e mi è venuta voglia di scrivere delle fiabe per mia figlia, ho cominciato a scrivere per lei e ho scritto una, due, tre, quattro, cinque, sei fiabe... che erano tutte carine, divertenti, tutte politicamente corrette, erano tutte delle belle paraboline con il loro bel finale, però erano noiosissime perché non succedeva mai niente e non moriva mai nessuno. Quindi le fiabe mi hanno stufato in fretta, da lì sono passato a un romanzo per ragazzi che non ho mai concluso nel quale avevo infilato anche le fiabe per aumentarne le pagine; lasciato perdere quello sono passato a un horror che non verrà mai pubblicato anche per motivi di spazio perché penso supererebbe abbondantemente le 500 pagine, tra l'altro anche carino, un horror un po' diverso dal solito, parlava di zombi ma aveva una sua precisa struttura e un suo perché e lasciava aperte delle domande anche abbastanza importanti, quindi non è detto che magari un giorno non lo riprenda, l'unico neo è che ho voluto fare l'americano, ambientarlo in California e io in California non ci sono mai stato, quindi potrei aver scritto delle stupidaggini devastanti che magari un americano potrebbe farmi notare ma che io non ho colto, perché non so come vivono loro, e quindi l'ho lasciato lì. A Yume sono arrivato dopo tre anni di Salone del Libro, girando per le bancarelle, cercando gli editori che pubblicavano storie simili alla mia, quindi ambientate a Torino o in Piemonte, dove ci fosse del thriller e che fossero disposti a pubblicare una serie, io avevo cominciato con un racconto singolo che poi però è diventato il primo di una serie. Ho contattato loro quasi per scherzo, come tanti altri, e così siamo partiti e ora siamo fuori con tre libri e si spera di continuare.

L: Quando ha iniziato a formarsi l'idea di mettere giù il tuo primo libro, ti è stato chiaro da subito che sarebbe stato un giallo/thriller? È il tuo genere d'elezione o hai valutato la possibilità di andare anche in altre direzioni? Per quel che riguarda il genere quali sono i tuoi scrittori di riferimento, classici o moderni che siano?
MB: Quando ho iniziato a scrivere All'ombra del salice sapevo esattamente quello che volevo scrivere, è stata una prova con me stesso. Infatti dopo aver scritto l'horror e tutto il resto, avevo voglia di misurarmi con qualcosa che fosse vicino a me a livello geografico, come ambiente, volevo parlare di Torino e di tutto quello che mi circonda, e poi era una specie di sfida con me stesso perché volevo vedere se fossi stato in grado di scrivere un romanzo pubblicabile sia dal punto di vista del numero delle pagine sia a livello di tematiche, insomma se riuscivo a tirar fuori una storia che fosse avvincente ma che fosse anche veloce; a me piace un tipo di scrittura veloce, molto rapida, non amo i giri di parole troppo lunghi, mi piace Cormac McCarthy perché quello che scrive Stephen King in venti pagine lui lo scrive in cinque righe e per questo si legge decisamente meglio. Quindi io sapevo cosa volevo scrivere, sapevo dove volevo arrivare e conoscevo esattamente le ultime parole che avrei usato per chiudere il libro e infatti l'ho finito proprio con quelle. Non incomincio mai a scrivere solo perché ho un bello spunto, un bell'incipit, incominciamo e poi vediamo... no! Io so esattamente quello che succede, poi al limite può capitare strada facendo di voler ingarbugliare un pochino la trama, magari introducendo qualche personaggio non proprio pertinente alla storia diciamo, così da aggiungere qualche elemento di disturbo in modo da portare il lettore fuori strada, quello lo faccio, ogni tanto. Cerco sempre di rispondere a tutte le domande ma ogni tanto amo inserire questi personaggi, che come tutti i personaggi di secondo piano a volte non sono più solamente dei riempitivi, perché quando mi piacciono particolarmente li ripropongo, magari non sempre nello stesso ruolo. In una serie è rassicurante per chi legge ritrovare personaggi conosciuti, perché la triade dei protagonisti in qualche modo si espande, diventando una specie di famiglia allargata.


L: Come è nata l'idea di mettere al centro dei tuoi romanzi un personaggio un po' inconsueto come Nanni Baretti: attempato, fuori forma, un po' borbottone che dà l'idea del classico pensionato più che del commissario.
MB: È nata per un motivo molto semplice, perché a me non piacciono i vincenti per forza. Io ho sempre odiato Superman, ho sempre odiato Topolino, ho sempre odiato quelli che vincono, come Tex Willer, a me piaceva Ken Parker perché si pigliava un sacco di mazzate, mi piaceva Paperino, quindi volevo uno che fosse così, che fosse umano vero, capace di piangere, capace di incazzarsi, capace di fare tutte le cose che facciamo noi, infatti ogni tanto nei suoi racconti ci metto anche le cose normali, lui che va al gabinetto, lui che fa le cose che fanno tutti; la mia editrice non è sempre contenta di tutto quello che ci infilo, però io volevo proprio dargli un tocco umano, un tocco vero. Non mi piaceva l'idea che fosse di ferro, invincibile, che sapesse volare, che avesse i super poteri o la vista a raggi x, anzi, lui non ci vede, ci sente così così, però è uno che se lo fai incazzare ha ancora una bella castagna, e ogni tanto gli faccio tirare anche qualche bel cazzotto.

L: All'ombra del salice è un romanzo molto legato al territorio del Piemonte, nel racconto compaiono luoghi reali così come posti immaginari. Questi ultimi sono ricalcati su paesi esistenti o sono completamente frutto di fantasia?
MB: 50 e 50. Spesso e volentieri, anche quando racconto di Torino, cerco di descrivere una parte reale, per prendere per mano chi legge e accompagnarlo fisicamente in un posto, e poi a un certo punto la strada cambia. Per esempio ho scritto spesso della collina torinese e guardando Google Maps ho descritto delle cose molto precise, delle curve, un ponte, etc.; poi a un certo punto quando nel romanzo dovevano entrare in scena delitti o altri accadimenti allora ho inventato: la strada diventava più lunga, faceva un giro diverso, perché volevo evitare che qualche persona prima o poi venisse a dirmi "hai ambientato a casa mia un omicidio", e quindi c'è del vero così come ci sono cose inventate, sia nel paese che nelle strade come in tutte le cose che descrivo. l'idea che mi diverte molto è quella di raccontare un delitto, una situazione particolarmente pesante e brutta, in un posto reale (ma pubblico)  per far si che magari prima o poi qualcuno, passando di lì di sera, sentendo un rumore strano, si ricordi del libro e si giri, spaventato, quella è un'idea che mi piace un sacco, l'idea di spaventare qualcuno a distanza nel tempo, più in là.

L: Sappiamo che oltre ai primi tre romanzi già usciti per Yume ci sono nel cassetto già pronte altre avventure per Baretti, puoi anticiparci qualcosa senza entrare troppo nei dettagli? Gli episodi successivi saranno ambientati tutti in Piemonte? Rivedremo qualche personaggio comparso in All'ombra del salice? C'è qualche progetto più particolare in cantiere?
MB: Ti posso dire solo che allo stato attuale ci sono altri sei racconti finiti, di lunghezze diverse che sarà da valutare come far uscire e che sono da leggere quasi tutti in sequenza. Ci sono alcuni romanzi, come il secondo e il terzo (Attraverso il segreto e Il borgo dei pazzi) che sono molto legati tra loro; poi il successivo, per evitare la noia in chi legge, quando uscirà tratterà un tema completamente diverso. Poi ci saranno ritorni più o meno ciclici legati ai due libri citati prima, attorno a questi due libri c'è una specie di ragnatela che li avvolge, i due libri si possono leggere anche separatamente però se si vuole cogliere appieno il racconto ad ampio respiro bisogna leggerli in sequenza, per evitare incomprensioni e anche qualche piccolo spoiler, insomma, mettiamola così, i morti muoiono una volta sola. Forse.

L: Vista la confidenza con la matita, nei prossimi romanzi non c'è la possibilità di vedere qualche illustrazione in più? Visto che siamo in tema c'è qualche illustratore/disegnatore che ami particolarmente?
MB: Mi piacerebbe riempirli di illustrazioni i libri, peccato che questa cosa non venga tanto recepita. Di illustratori bravi ce ne sono a bizzeffe, se dovessi dirti il nome di due illustratori che mi piacciono tantissimo, anche se sono illustratori del passato, ti direi Arthur Rackham, il primo e più grande, il principe di tutte le fiabe di inizio secolo e di cui sto comprando con molta fatica qualcuna delle prime stampe, roba del 1910/1920, cose che costano... il giusto, ma che sono anche dei libri meravigliosi; e poi c'è un fumettista che ha illustrato tantissime cose belle che è Dino Battaglia, autore italiano che pubblicava su Alter Alter, su Linus e che ha illustrato delle cose bellissime di Edgar Allan Poe, ha illustrato Gargantua e Pantagruel e moltissimi altri autori... poi c'è gente come Sergio Toppi, tutta gente stratosferica al quale io potrei al massimo fare la punta alla matita, ecco. Mi piace anche curare molto bene le copertine da tutti i punti di vista e in questo faccio impazzire gli stampatori perché ho adottato una tecnica a base di matita e di colori ad acrilico a campiture piene piuttosto problematica da riprodurre, perché stampare la matita vuol dire caricare molto i colori per far uscire fuori il grigio, e quando carichi troppo il colore sovraccarichi molto l'acrilico e le campiture e diventa un casino da bilanciare. Però anche lì io volevo creare uno stile che fosse un pochino mio, come ad esempio le vecchie copertine di Urania, qualche cosa che fosse riconoscibile, in modo che quando vedi il libro insieme agli altri un po' ti ricordi il personaggio, un po' gli accostamenti di colore, un po' la grafica e lo riconosci in fretta, perché la copertina è fondamentale, è la prima cosa che vedi e deve essere perfetta, perché insieme alla quarta di copertina deve farti venire voglia di leggere il libro; se tu sbagli una di queste due componenti secondo me tu il libro non lo vendi, fronte e retro sono la sua carta d'identità. La quarta di copertina la scrivo da solo, perché la voglio scrivere con lo stesso stile e con la stessa mano che ha scritto il libro, non dev'essere una cosa fatta da un altro perché la differenza di temperatura si sente.

L: In All'ombra del salice c'è un finale un poco particolare, senza svelare nulla ai nostri lettori vorrei chiederti quanto è difficile chiudere la stesura di un libro, trovare il giusto finale per una storia che si è sviluppata anche per molte pagine? E ancora, è proprio vero che a un certo punto i personaggi iniziano a "scriversi da soli" o è una grandissima bufala, per quella che è la tua esperienza tu come la vedi?
MB: Ma guarda, sul finale All'ombra del salice in realtà cambia registro, e una cosa analoga succede anche nel secondo libro, Attraverso il segreto, a me piace a un certo punto quando scrivo, se possibile, introdurre un punto di rottura, non mi piacciono le cose troppo lineari, a un certo punto tutto cambia, da una parola in poi, da una riga in poi, da un momento in poi tutto si trasforma, tutto il racconto che ti ha preso per mano e ti ha accompagnato attraverso le pagine a un tratto muta e tu ti trovi in un mondo completamente diverso, magari anche ostile, completamente fuori registro, e a me è piaciuto molto sfruttare questo cambiamento, che poi è il cambio di registro che introduce la serie. Questo libro infatti non è nato per essere il lancio di una serie ma è nato come esperimento, diventa una serie da questo punto in avanti, perché ho capito che Nanni Baretti doveva continuare ma su quel registro lì. Quello che nasce come un thriller a un certo punto sconfina, e nel secondo libro succederà la stessa cosa, ci sarà un punto di rottura molto preciso dove il lettore dirà: "che cosa sto leggendo?", e qui è la stessa cosa, il finale volutamente diverso è questo, il voler scombinare le carte in tavola, è proprio il colpo di coda, la sorpresa finale, quello che non ti aspetti. Non a tutti è piaciuta molto questa cosa, perché chi vedeva All'ombra del salice come un thriller tradizionale a un certo punto si è trovato fuori dai binari, però secondo me il colpo forte è proprio questo, e soprattutto cercare poi di ricondurre tutto a una sorta di normalità, perché Nanni Baretti è una persona normale capace di fare cose straordinarie, ma le fa in un modo tranquillo e sereno, vive delle avventure completamente al di fuori della normalità però le vive con naturalezza, per lui tanto è così, non è un uomo di scienza che cerca per forza una spiegazione, una spiegazione non c'è e va bene, la viviamo così, è un pochino più spirituale per alcune cose, un pochino più al di fuori. I personaggi vivono di vita propria? Mah, in realtà Baretti è stato un esperimento che poi è diventato uno di famiglia, vive di vita propria da un certo punto di vista perché in realtà lui è molto me, è molto il piemontese vecchio stampo, vive ancora in un mondo legato alla Torino di qualche anno fa che piaceva anche a me perché quello che c'è adesso in giro non piace a lui come non piace a me, quindi c'è molto di lui in me, io sono lui per alcune cose, anche fisicamente ci sono molti punti in comune, pancia compresa (questo scrivilo pure, non c'è problema), vive di vita sua perché ormai è un personaggio, e io mi diverto molto a inventare il suo passato, a rivelarlo un poco alla volta, lui è un piemontese anche in questa cosa, si rivela un poco alla volta, un pochino di più in ogni libro.

L: Come sai Loudd è una webzine principalmente a tema musicale. Quando scrivi ascolti musica di sottofondo o scrivi in totale silenzio? Facciamo un giochino, riusciresti a consigliare qualcosa ai lettori di Loudd da ascoltare come sottofondo durante la lettura del tuo romanzo? Qualche pezzo, un album, quello che preferisci...
MB: A me piace molto scrivere ascoltando musica, generalmente lo faccio con le cuffie mettendo in mp3 tutto quello che capita, dal progressive al metal fino al jazz, tutto purché sia musica buona. Mi piace molto legare alcune cose a delle canzoni, ad esempio quando ho scritto il romanzo per ragazzi che poi non ho mai concluso, addirittura volevo includere una guida all'ascolto, cioè quando leggi questo capitolo, sarebbe perfetto che tu ascoltassi questo brano, perché musicalmente ti accompagna. Per Nanni Baretti potrebbe essere la stessa cosa, logico che essendo un piemontese di quell'epoca tu ti aspetteresti da lui il liscio e le mazurche, ma potrebbe stupirti invece... Una guida musicale mi piacerebbe, si. Per ora potrei consigliare per la sequenza iniziale, quella della piena, il segmento The arrival di Fall of the house of Usher di Alan Parsons Project. Poi ci sono cose di Steven Wilson che ben si sposano agli stati d’animo di alcune parti del libro, come Belle de Jour, che bene accompagna la lettura della lettera a pagina 48, oppure il Raiader Prelude, perfetto per pagina 81/83, mentre per il finale a pag. 198 vedrei bene una vecchia perla del solo di Ace Frehley del 1978 (i miei amori di ragazzo, i Kiss), ossia Fractured Mirror, che con le campane e l’attacco mesto della batteria porta i battiti del cuore alla frequenza giusta per l’epilogo.

L: Per i lettori che fossero interessati ai tuoi libri dove possono trovarne una copia?
MB: Oltre che su Amazon, Ibs, Feltrinelli etc, dipende da dove sono ubicati perché la distribuzione riguarda più che altro la parte centro settentrionale d’Italia, lì si può trovare in tutte le librerie ordinandolo, altrimenti richiedendolo alla casa editrice o al sottoscritto, se qualcuno avesse voglia di ricevere una copia personalizzata con disegno e dedica, è una cosa che faccio volentieri per tutti. Potete contattarmi tramite la pagina fb https://www.facebook.com/MarioBaraleScrittore/

L: Chiudiamo con la classica domanda marzulliana. C'è qualcosa che avresti voluto ti chiedessi e non ti ho chiesto e a cui avresti avuto piacere di rispondere? Vuoi raccontarci qualcosa tu?
MB: Beh si, qualcosa riguardo le presentazioni del libro. C’è qualcosa di particolare quando fai una presentazione, qualcosa che la gente si porta a casa, al di là della copia del libro, proprio a livello di ricordo, di esperienza personale. Io ti posso rispondere che mi piace nelle presentazioni anzitutto non essere troppo serio, perché come nei miei libri ci  sono delle sequenze divertenti, delle uscite di Baretti anche un pochino stupide, alcune volte bilanciate da altre parti più serie o addirittura da qualche spunto di riflessione, anche nelle mie presentazioni mi piace adottare la stessa linea, quindi ci sono frasi ad effetto divertenti, in modo da togliere un pochino quell'alone di presentazione seriosa e anche un po’ noiosa dove c’è uno che parla, bla bla bla, tutto il tempo. Io ad esempio quando mi è possibile, in questo momento non potrei farlo per il troppo caldo, indosso un vecchio gilet fatto dalla mia madrina negli anni 50, un gilet di lana su cui mi sono costruito un coltello finto, un coltello piantato in questo gilet con del sangue finto che però visto da lontano fa un certo effetto, un coltello bello grosso... così io interpreto la parte dello scrittore morto che arriva chiedendo scusa a tutti "ma questa sera non mi sento tanto bene, ho una fitta allo stomaco e non so che cosa sia". Voglio che la gente quando torna a casa si porti via un ricordo allegro e non  soltanto quello dell’ennesima presentazione di un libro, è bello lasciare qualche cosa di sé a livello umano.

L: Grazie Mario (sembra di essere in Non ci resta che piangere) per la tua disponibilità e chissà che non ci si risenta per qualche altro progetto.

Una presentazione di Mario Barale

6 commenti:

  1. Mi ha conquistato con ciò che ha detto di King. Anche io penso sia inutilmente prolisso.
    Insomma, probabilmente leggerò questo All'ombra del salice!^^

    Moz-

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    1. Io amo King come scrittore, anche in alcuni suoi libri fiume come It o L'ombra dello scorpione non l'ho mai trovato inutilmente prolisso, tutto è dettaglio, atmosfera, costruzione dei caratteri. Il problema nasce quando scrive il libro brutto (e purtroppo ne ha scritti diversi), allora tutto diventa un polpettone indigeribile. Penso a Insomnia, La casa del buio...

      Comunque una sosta all'ombra del salice te la consiglio :)

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    2. Eheh, thanks :)
      King lo amavo, oggi non riuscirei a leggerlo più... :O

      Moz-

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    3. Io invece ho in programma alcuni recuperi suoi, incrociamo le dita.

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  2. Vien voglia di leggerlo. Non avevo mai pensato di abbinare una lettura alla musica....interessante, molto interessante l'idea

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  3. È un esperimento già tentato da qualcuno con esiti anche molto interessanti.

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