venerdì 13 marzo 2020

PUSH

(di Paul McGuigan, 2009)

Racconto confusionario e pasticciato difficile da digerire causa la poca chiarezza e folate di noia che fanno capolino tra una sequenza e l'altra, Push di Paul McGuigan si inserisce nel filone dei supereroi urbani, anonimi e senza costumi, costretti ad occuparsi più di sopravvivere che non di salvare il mondo e adoperarsi per il bene comune. Lo scenario è quello di Hong Kong, città dove si nasconde tra la moltitudine l'americano Nick (Chris Evans), un uomo dotato di poteri telecinetici. Nel suo passato un forte trauma legato alla figura paterna e alla Divisione, una branca opaca del Governo che si occupa di questi super esseri allo scopo di sfruttarli per i suoi fini, nella fattispecie per lo sviluppo di un siero per accrescerne abilità in modo da usarli come armi. L'origine dei superumani viene fatta risalire agli esperimenti del Terzo Reich e alle loro ricerche volte all'occulto e a tutto ciò che era fuori dall'ordinario. Da questi esperimenti sorgono persone in grado di muovere gli oggetti con il pensiero, i trasportatori, proprio come Nick, ci sono manipolatori capaci di modificare la volontà delle altre persone, i veggenti che hanno a disposizione sprazzi di futuro, e ancora segugi, cancellatori, occultatori, suturanti, sterminatori, etc...

Nick, che ha avuto trascorsi da bambino con la Divisione, viene rintracciato a Hong Kong da due segugi; insieme alla veggente adolescente Cassie (Dakota Fanning) Nick riesce a sfuggire ai suoi inseguitori solo per rimanere coinvolto in un'intricata vicenda che vede protagonista la manipolatrice Kira (Camilla Belle) e un campione di un farmaco sperimentale sulle cui tracce c'è proprio la Divisione ai comandi di un altro manipolatore, Henry Carver (Djimon Hounsou) nonché una banda di super delinquenti cinesi tra i quali spicca la veggente Pop Girl (Li Xiaolu). Tra scopi non sempre chiari e personaggi fantomatici le pedine si muovono con un ritmo forsennato, rutilante e rumoroso capace di ottenebrare l'attenzione delle spettatore. L'accumulo action di situazioni e poteri paranormali non giova a quello che dovrebbe essere la capacità principale di (chi narra) una storia, cioè suscitare in qualche modo l'attenzione di chi la sta seguendo.


Paul McGuigan punta molto sull'estetica delle sue inquadrature, abusando di colori acidi e di una fotografia molto caratterizzante ma fin troppo frastornante, mixa inquadrature sghembe e ritmi sostenuti a location distanti dal mondo occidentale che in alcuni passaggi si lasciano anche apprezzare, in un susseguirsi di scene dinamiche che invece di donare un incedere incalzante alla vicenda creano un effetto saturazione che fa sì che lo spettatore si senta stanco di seguire il film dopo la prima ora di visione (se va bene), fermo restando che questa stanchezza è data da un eccesso di stile e costruzione, in quanto a contenuti in Push non c'è nulla che richieda un minimo di sforzo intellettuale o emotivo. In diversi hanno accostato l'approccio ai personaggi di Push a quello che vari autori hanno avuto in passato con gli X-Men di casa Marvel, chi un minimo conosce la storia dei mutanti della casa delle idee sa che per anni sono stati curati con una dedizione rara nel mondo dei comics americani, siamo quindi proprio su un altro pianeta, i personaggi di Push sono semplici prototipi buttati in mezzo a una storia caciarona e poco divertente, vero problema per un film di questo genere.

Per le donne (e gli uomini anche) che apprezzano, rimane Chris Evans come punto di forza, il ragazzone americano è sempre un bel figliolo, ma se in un film il punto di forza può considerarsi Chris Evans allora, forse, abbiamo un problema. Bocciato su tutta la linea, per me tedio allo stato puro.

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