L'attacco è deciso, la metrica dei versi, il cantato di Keenan, l'incedere del brano d'apertura - The Hollow - non possono non far pensare alla band madre del cantante, anche le atmosfere, comunque meno malate di quelle solitamente evocate dai Tool, riportano ad ascolti già noti pur avendo il giusto tocco di freschezza, e subito alla mente tornano i movimenti a scatti degli inquietanti omini visti in diversi video del gruppo di Maynard, un'ottima apertura per un brano costruito in maniera impeccabile, perfetta la sezione ritmica dettata dalla batteria vivace di un Freese in gran spolvero. Il basso oscuro della Lenchantin ci introduce al mantra cadenzato di Magdalena, un misto di sacro e profano, tema importante per il versante delle liriche presenti nell'album, giocano qui un ruolo importante anche le chitarre di Van Leuween e Howerdel nell'attivare il giusto coinvolgimento emotivo improvvisamente troncato solo per traghettare l'ascoltatore dentro Rose, altro pezzo riuscito che alterna sezioni delicate e inserti di acustica a parti più aggressive e rabbiose, alleggerite nella coda finale dal violino della Lenchantin. Judith è forse tra i brani più vicini allo stile dei Tool fra quelli incisi per l'album, presenta versi forti a tematica religiosa subito stemperati da quelli più affascinanti della successiva Orestes, pezzo più riflessivo, più lento ma che mantiene una coerenza di stile apprezzabile. Intro sognante per una composizione di classe, 3 Libras, aperta dall'acustica e dal violino e contraddistinta da una linea melodica avvolgente e sensuale, brano che accelera nel finale e che rimane uno dei più riusciti all'interno di un lavoro più che valido dalla prima all'ultima traccia. La versione malata de La bella addormentata (Sleeping beauty) riporta la band sui binari a lei più consoni e battuti, Thomas si distingue per le parti acustiche, per il resto risulta essere tra gli esiti meno interessanti del lotto. Un sapore orientale aleggia tra le note della strumentale Renholdër: arpeggi delicati, archi in sottofondo, vocalizzi suadenti e un bel lavoro trattenuto sulle percussioni, ottimo intermezzo ben costruito che precede l'attacco di Thinking of you, ossessione mentale e bruciante, altro pezzo ben strutturato, caldo e attraente, mantra inquieto e insano che sfocia nella più speranzosa Breña, canzone dalle belle armonie. Si chiude con la minimale Over costruita su note di piano e M'bira, strumento dell'Africa sud orientale.
È un disco compatto Mer de Noms, intrigante, ben studiato e strutturato, una di quelle uscite capaci di attrarre a sé un pubblico eterogeneo, non solo amante del rock più oscuro e pesante. È soprattutto un album ben suonato, con professionalità ed eleganza, in grado di mostrare ed esibire una capacità compositiva d'eccellenza senza mai sfociare in sterili virtuosismi, tutto è calibrato al punto giusto, senza eccessi ne cadute di tono. È un rock alternativo, personale che si sviluppa in territori che ogni tanto è piacevole ritrovarsi a battere.
Mer de noms, 2000 - Virgin Records
Maynard James Keenan: voce
Billy Howerdel: chitarra, basso, tastiere, piano
Troy Van Leeuwen: chitarra
Paz Lenchantin: basso, violino
Josh Freese: batteria, percussioni
Tracklist:
01 The hollow
02 Magdalena
03 Rose
04 Judith
05 Orestes
06 3 libras
07 Sleeping beauty
08 Thomas
09 Renholdër
10 Thinking of you
11 Breña
12 Over
Album cult!
RispondiEliminaMa ammetto che li ho scoperti in mancanza di nuovi album dei Tool... Chissà quando uscirà un nuovo album :I
Per ora mi sa che dobbiamo continuare a seguire gli A Perfect Circle, I Tool ormai sono fermi dal 2006, più di dieci anni, gli A Perfect Circle invece sono parecchio attivi anche in questo periodo
EliminaGli album successivi ammetto di non averli ancora ascoltati per benino se non per qualche brano qua e là, cercherò di rimediare, comunque le mie preferenze vanno ad Aenima e Lateralus dei Tool.
RispondiEliminaUn bel disco cult. Ancora oggi fa sempre piacere risentirlo. ;)
RispondiEliminaVero, gran bel disco, devo esplorare meglio le loro uscite successive.
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