(Irina Palm di Sam Garbarski, 2007)
Marianne Faithfull, pur essendo nota più che altro per la sua carriera da musicista, non si è fatta mancare nel corso dei decenni un rapporto privilegiato con la telecamera, sono diverse le pellicole alle quali ha partecipato a partire dal 1966, anno in cui esordisce per Godard, fino poi ad arrivare ai giorni nostri, ultima comparsa al cinema nel 2011 in Faces in the crowd. Nel 2007 esce questo Irina Palm, la Faithfull è una signora di sessant'anni che ancora non teme di misurarsi con argomenti scabrosi, insieme al regista Garbarski e al coprotagonista di questo film, il serbo Miki Manojlović, contribuisce a creare un'opera toccante che si lascia ricordare con piacere e che non manca di unire alla narrazione delle difficoltà di un ceto medio colpito dal destino avverso, una discreta dose di buoni sentimenti e una tendenza, mai troppo stonata, ad idealizzare i sentimenti e le situazioni anche negli ambiti dove non ti aspetteresti nulla di puro e di sincero. Passaggi magari non così probabili ma nemmeno impossibili aiutano la costruzione di una storia che non può lasciare indifferenti.Sobborghi di Londra, la vita della comunità locale è quella del paesino con una media età non più giovanissima, l'emporio come punto di ritrovo, i pettegolezzi acidi mascherati sotto la coltre del perbenismo. Qui vivono, dopo aver venduto la casa di famiglia, Maggie (Marianne Faithfull) e nei pressi suo figlio Tom (Kevin Bishop) con la moglie Sarah (Siobhan Hewlett). La giovane coppia ha un bambino malato, ricoverato in un'ospedale di Londra in condizioni terminali, il ragazzino è molto legato alla nonna e la famiglia sta facendo tutti i sacrifici possibili per garantire le migliori cure al piccolo. Quando nasce un'ultima speranza grazie a una cura sperimentale da attuarsi in Australia, i genitori del ragazzo sono presi dallo sconforto, soldi non ce ne sono più e l'Australia è lontana, tutte le spese a sono a carico della famiglia. Maggie è l'unica a non perdersi d'animo, cerca un modo per racimolare dei soldi ma per lei le porte sono tutte chiuse: età avanzata, poca esperienza di lavoro, nessuna capacità particolare nei lavori manuali. Ma sarà proprio un lavoro manuale a ridare a Maggie la possibilità di prendersi cura del nipote, transitando per Soho la donna si imbatte in un'inserzione di lavoro sulla porta di un locale che ricerca hostess, ci vorrà poco a capire che per hostess si intende intrattenitrici in campo sessuale; dopo un'iniziale smarrimento e un sincero sdegno Maggie sente uscire dalla bocca del proprietario del locale, Miki (Miki Manojlović), le cifre che si possono guadagnare lavorando al glory hole, un cubicolo nel quale tramite un apposito foro le hostess masturbano i clienti. Dopo una comprensibile iniziale riluttanza, in fondo Maggie è sempre stata una signora per bene, Maggie prende letteralmente la mano con il nuovo mestiere, garantendosi un'entrata economica importante e l'affetto sincero di Miki, poco abituato ad avere intorno una signora come Maggie. Il problema sarà quello di tenere nascosto il nuovo impiego a famiglia e vicinato.
Nonostante il tema del film possa sembrare scabroso non c'è ombra di volgarità nella messa in scena di Garbarski né se ne trova in fase di scrittura, i toni della vicenda così come l'ambiente tratteggiato potrebbero per taluni versi ricordare il cinema di Ken Loach sebbene Irina Palm (nome da "artista" che userà Maggie) sia un film meno militante ma che comunque racconta la difficoltà nel far fronte a spese necessarie da parte di una classe sociale non privilegiata. Come si accennava sopra, è forse un po' idealizzata la gestione dei rapporti che nascono nell'ambiente lavorativo in cui si trova ad operare Maggie, in contrasto al covo di vecchie vipere in cui si trasforma il sobborgo di residenza (questo sì molto più credibile), che si voglia accettare o meno la scelta narrativa, è indubbio come questa contribuisca ad ammantare di calore un film che muove dalla sofferenza, dall'umiliazione e dalla vergogna. Marianne Faithfull offre una prova straordinaria mostrando un'ordinaria dignità, un'accettazione serena di ciò che si deve fare per l'amore di una vita indifesa, ottima la complicità con Miki Manojlović, attore già visto con Kusturica e che anche qui si fa ampiamente apprezzare. Alla fine è inevitabile amare questo personaggio, proprio come i nipoti amano le nonne, ritratto di una donna fortissima che trova energie e soluzioni per tutti e alla fine magari ne uscirà qualcosa di buono anche per lei.
Non volgare sì, ma non per tutti. In ogni caso il film il suo lavoro fa, far riflettere e farsi apprezzare.
RispondiEliminaMolto bello, indubbiamente non per tutti ma ho trovato comunque la narrazione molto delicata.
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