giovedì 25 marzo 2021

SOUND OF METAL

(di Darius Marder, 2019)

Sound of metal nasce come progetto con basi vagamente autobiografiche da parte di Derek Cianfrance (Blue Valentine, Come un tuono) passato poi per motivi di forza maggiore al suo sodale Darius Marder con il quale il regista collaborò per la stesura della sceneggiatura di Come un tuono. Il film è un lungo, doloroso e difficile viaggio verso l'accettazione di un handicap con un protagonista che, ritrovatosi dopo un periodo di perdizione, si trova a rischiare nuovamente di perdere tutto, impotente di fronte a un'invalidità progressiva impossibile da arginare, dovrà affrontare dall'oggi al domani uno nuovo status quo che lo porterà a dover ricostruire da capo la propria esistenza potendo contare su pochi degli appigli di quella che ormai può considerare la sua vita precedente.

Ruben Stone (Riz Ahmed) suona la batteria, insieme alla sua ragazza Lou (Olivia Cooke) forma un duo metal in tour itinerante, i due si muovono e vivono in un camper adibito anche a sala prove, la loro vita è la musica, i progetti futuri, le speranze di realizzare qualcosa insieme; ma non mancano le ombre nelle giornate della giovane coppia, Lou mostra parecchi tagli sulle braccia, indice di qualche tipo di disagio, Ruben è un ex tossicodipendente ormai pulito già da quattro anni. Durante alcune date del tour Ruben inizia ad avere dei fastidi alle orecchie, prima un fischio, probabilmente un'acufene, poi una perdita progressiva dell'udito che repentinamente diverrà una forma di sordità pronta a esplodere proprio durante uno dei concerti, situazione aggravata dai ripetuti e forti stimoli ai quali Ruben ha sottoposto le sue orecchie per lungo tempo. Diagnosi inequivocabile, Ruben sarà costretto ad affrontare un percorso per reimparare a vivere, a comunicare, lo dovrà fare lontano da Lou, affidandosi alle "cure" di Joe (Paul Raci), un reduce dal Vietnam che gestisce una comunità per sordi con problemi pregressi di dipendenza e che prevede un programma di isolamento: niente telefono, niente visite e un fondamentale insegnamento da assimilare, cosa che non sarà affatto semplice per Ruben, quello che andrà ad affrontare non sarà un percorso di guarigione ma un viatico per iniziare a vivere in maniera diversa, accettando che ciò che si è perso non si recupererà mai più.

Il lavoro straordinario per Sound of metal è stato fatto sul sonoro, più che in ogni altro aspetto di un film comunque molto valido nel suo complesso. Sia gli effetti sonori veri e propri, sia le scelte di regia adottate da Darius Marder sono pensate per creare un'esperienza acustica identificativa per lo spettatore che quanto più possibile si troverà a provare le stesse sensazioni del protagonista, magari non quelle di paura e disperazione, ma certamente quelle legate alla perdita d'udito e allo spaesamento nel momento in cui crollano gli strumenti comunicativi con gli altri. Oltre al dramma dell'incertezza per un futuro stravolto (parliamo di un musicista che perde il senso portante per il suo lavoro) si riflette sull'importanza della comunicazione e sulle difficoltà nell'apprendere da zero nuovi linguaggi e di operare uno cambio di approccio, mentale ancor prima che fattuale, acuite da un senso di esclusione al quale un handicap improvviso può far nascere, con serie minacce all'equilibrio di chi vive situazioni di questo tipo. Consigliato l'ascolto in cuffia, Marder avvicina la camera a Riz Ahmed portandoci a contatto con il suo punto di vista, ci priva dei suoni, li confonde, li rende metallici, lontani, indistinti, ovattati, permettendo allo spettatore di vivere lo stesso stato di confusione e spaesamento del protagonista, ci lascia ad assistere a discorsi tra persone che usano il linguaggio dei segni, senza appigli, senza modo di capire cosa i personaggi sullo schermo si stiano dicendo, così si inizia a capire, senza tante spiegazioni, si arriva a un grado più alto di immedesimazione, di empatia, poi la camera si allontana, propone un totale e si comincia di nuovo a sentire, le soluzioni adottate sono di una funzionalità brillante, non per niente il film è candidato all'Oscar per il sonoro e a quello per il montaggio (ma anche a miglior film, che non vincerà, sceneggiatura non originale, protagonista e non protagonista). L'immagine è molto reale, poco costruita, in taluni passaggi il film dà l'idea della piccola produzione, anche la sceneggiatura non sembra una di quelle blindatissime, tutto scorre in maniera naturale, tra i dovuti ostacoli e i debiti errori per arrivare a una finale consapevolezza e accettazione della disabilità.

Esordio davvero interessante per Marder, probabilmente il lavoro di preparazione di Cianfrance ha dato una mano per il buon esito finale, ma sulla fiducia il regista lo si seguirà con attenzione, quasi certi che qualcosina nella notte degli Oscar il suo film raccoglierà.

2 commenti:

  1. Bello ma non bellissimo, tuttavia le candidature ci stanno, e quello per il sonoro merita assolutamente il premio, perché davvero, ti entra a pelle.

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    1. Si, sotto quel punto di vista hanno fatto un gran lavoro, vedremo se arriverà questo Oscar tecnico.

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