domenica 21 marzo 2021

CAPTAIN FANTASTIC

(di Matt Ross, 2016)

Le utopie, anche al cinema, spesso finiscono con la loro distruzione o al limite con un drastico ridimensionamento, schiacciate dalla società costituita e dal confronto con essa, dal pensiero comune imperante che non lascia spazio ad alternative e ad altre esperienze destinate inevitabilmente a risultare fallimentari loro malgrado, nonostante si possa concedere loro validi principi e caratteristiche (magari non sempre tutte) virtuose. Nella fattispecie l'utopia è quella educativa, un tentativo estremo, in parte maldestro, per alcuni versi fin troppo autoritario tanto da inficiarne l'aspetto più nobile e libertario, di crescere i propri figli in maniera libera, a debita distanza dalla società "civile", dai suoi indottrinamenti, dalla barbarie del lavoro per il consumo e del consumo per il lavoro, dai suoi aspetti più dannosi e omologanti ma, per forza di cose, anche da una socialità necessaria per la formazione di ogni essere umano. Una bella sfida dalla quale uscire vincitori non è così semplice.

La famiglia Cash vive nei boschi dello stato di Washington, il padre Ben (Viggo Mortensen) e la madre Leslie (Trin Miller) hanno deciso di far crescere i loro sei figli a diretto contatto con la natura e di sostenersi con ciò che questa offre loro: i ragazzi così imparano a cacciare, a muoversi nella foresta, seguono con il padre un intenso programma fisico che permette anche al più piccolo di loro di sapersela cavare in situazioni di difficoltà. Detta così i Cash potrebbero sembrare una famiglia di selvaggi, invece oltre al rifiuto dei principi dettati dalla società del capitale e a fondamentali nozioni pratiche, i Cash sviluppano un'istruzione molto completa che prevede l'apprendimento delle più disparate discipline ma soprattutto l'esposizione e la condivisione dei propri pensieri in relazione a qualsiasi tema possa sollevare dubbi, un sistema d'istruzione alternativo e potenzialmente molto valido che ha come vessillo il rispetto e l'aderenza al pensiero di Noam Chomsky. Quando la madre, affetta da disturbo bipolare, vede aggravarsi le sue condizioni ed è costretta a un ricovero ospedaliero in Nuovo Messico, luogo d'origine e residenza dei suoi genitori, la responsabilità dei sei ragazzi rimane sulle spalle del padre, un uomo in aperto contrasto con il suocero (Frank Langella) che gli imputa la responsabilità di una scelta di vita così azzardata. Alla morte di Leslie la famiglia Cash dovrà lasciare i boschi per andare a porgere l'ultimo saluto alla donna, a bordo del loro bus chiamato Steve l'uomo e i sei ragazzi andranno incontro a una società che non conoscono e che disprezzano, ma ad alcuni di loro, per un motivo o per l'altro, questa auto esclusione dal mondo organizzato sta un po' stretta, i confronti saranno inevitabili, il compromesso anche.

Captain Fantastic affronta temi importanti con un piglio leggero e una forma che cerca consenso nonostante i discorsi sulla non omologazione, nulla di male, il film è molto piacevole, manca di andare troppo in profondità ma lambisce argomenti di interesse inseriti in una storia che si lascia apprezzare, condita da una bella fotografia, un uso ruffiano di musiche e costumi, siparietti divertenti, il tutto in una confezione studiata per piacere, e il film alla fine piace. Ancora una bella prova di Viggo Mortensen che cresce nella mia personale considerazione prova dopo prova, senza mai andare in overacting Mortensen riesce a calibrare al meglio anche personaggi come questo Ben Cash parecchio atipici, si gioca molto sul contraddittorio di un uomo che non vuole imposizioni da una società che disprezza ma che in qualche modo impone il disprezzo verso quella stessa società ai suoi figli, dando tanto, tantissimo, ma anche inconsapevolmente togliendo loro qualcosa: un'istruzione più completa per il maggiore Bodevan (George MacKey) così come le semplici esperienze di vita sul come rapportarsi con gli altri, con le ragazze per esempio, un'esistenza più a stretto contatto con la normalità o semplicemente con i nonni, cose che stanno molto a cuore al più ribelle Rellian (Nicholas Hamilton), la possibilità di godere più appieno della vicinanza della madre in un momento tanto difficile per le ragazze Kielyr (Samantha Isler), Vespyr (Annalise Basso), Zaja (Shree Crooks) e per il piccolo Nai (Charlie Shotwell). Centrale anche il tema della famiglia, all'interno del nucleo ristretto con i piccoli e grandi contrasti quotidiani, ma anche verso l'esterno, nei rapporti con i nonni dei ragazzi, con cugini e zii e in generale con una famiglia che non accetta lo stile di vita per loro sconsiderato scelto da Ben e Leslie per i propri figli, soprattutto verso quel padre che accusano anche di aver avuto una parte nel tracollo della moglie. Il film è infarcito di prese di posizione sulla religione, sul capitalismo, sul consumismo, sull'istruzione e su tutti i massimi sistemi disprezzati da Ben, non mancano su queste basi sequenze divertenti, altre più commoventi, senza che il film perda mai il suo tocco lieve. Il succo, ancora una volta, è che l'utopia può dare ottimi spunti, buone basi, ma che poi non regge al confronto con il mondo reale all'interno del quale però è possibile portare qualcosa di buono dell'utopia, nella speranza che un giorno venga recepito a più alti livelli. Probabilmente anche questa è un'altra utopia destinata a fallire o quantomeno a cedere il passo al compromesso.

6 commenti:

  1. Un film splendido, capace di fare riflettere per giorni, con personaggi indimenticabili.

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    1. Anche a me è piaciuto parecchio, Ross sicuramente bravo e anche parecchio furbo, ha messo tutto al posto giusto, ma la sostanza su cui riflettere c'è.

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  2. Film simpatico e che ricordo con piacere, anche se come dici non va troppo in profondità. Su temi praticamente identici, per esempio, mi era piaciuto di più "Senza lasciare traccia" di Debra Granik.

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    1. Ciao Christian, grazie per la segnalazione, ancora mi manca, melo segno 👍

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  3. Piace sì, ma nulla di che, troppo ruffiano per i miei gusti.

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    1. A me è piaciuto, indubbiamente ruffianello, il regista è stato molto furbo, però mi ci sono divertito parecchio.

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