(di George C. Wolfe, 2020)
Ma Rainey's Black Bottom trasuda tutta la sua origine teatrale in questa trasposizione dall'opera di August Wilson portata sugli schermi dal regista George Wolfe, anch'egli cresciuto e formatosi a teatro, insignito di diversi premi per le sue regie sui palchi e solo recentemente passato al cinema, naturale quindi la messa in scena ristretta a pochissime locations, un paio di esterni e due camere dove si svolge l'intera vicenda, un lavoro di fino su scrittura e recitazione e attori che portano un contributo sostanziale per la buona riuscita di un progetto che forse non ha tutti i mezzi per lasciare un segno indelebile ma che si ritaglia con onore il suo posto all'interno di un discorso che al cinema negli ultimi anni è sempre più presente, quello della condizione dei neri in America e del razzismo imperante negli U.S.A.; in più qui c'è il blues. Tra i protagonisti principali del film c'è ovviamente Ma Rainey, una delle pioniere che fecero del blues una vera professione, già negli anni 20 Ma registrò numerosi brani per la Paramount e fu ispiratrice e collaboratrice di artiste come Bessie Smith, ciò nonostante non è la musica il centro focale di Ma Rainey's black bottom, bensì l'annosa questione razziale che affligge i neri da tempo immemore. Come si diceva ci troviamo davanti a un buon film, recitato magnificamente da un gruppo di professionisti in gran spolvero, un film non epocale ma che ha goduto della cassa di risonanza mediatica dovuta (purtroppo) alla prematura scomparsa del suo interprete principale, il Chadwick Boseman ormai divenuto un'icona nera grazie al suo ruolo di Black Panther nel film omonimo e in quelli degli Avengers e qui alla sua ultima prova prima della sua scomparsa.Chicago. Negli studi di registrazione di Mel Sturdyvant (Jonny Coyne) si attende con impazienza l'arrivo di Ma Rainey (Viola Davis), la madre del blues, che accompagnata dall'amante Dussie Mae (Taylour Paige) e dal nipote autista Sylvester (Dusan Brown) si lascia attendere, come da prassi per una vera star. A precederla c'è la band di accompagnamento che dovrà incidere con lei: il trombettista di grande talento e fantasia Levee (Chadwick Boseman), Cutler al trombone (Colman Domingo), l'anziano pianista Toledo (Glynn Turman) e Slow Drag (Michael Potts) al contrabbasso. Reclusi in un piccolo stanzino adibito alle prove, in attesa dell'arrivo di Ma, i quattro musicisti iniziano a provare e a parlare in maniera scanzonata tra di loro. Nel frattempo l'agente della cantante, Irvin (Jeremy Shamos) cerca di tranquillizzare il discografico che mal sopporta i ritardi e le risapute bizze della cantante. Inizialmente il clima sembra disteso, il vanesio Levee viene preso bonariamente in giro dagli altri, si parla di arrangiamenti, nuove versioni dei pezzi di Ma, ben presto però saltano fuori i primi contrasti e argomenti delicati sui quali qualcuno non ama essere pungolato, nella fattispecie l'asservimento dei neri ai voleri e agli interessi degli uomini bianchi come Sturdyvant. La situazione si scalderà ancor di più con l'arrivo della cantante e dei suoi capricci, primo tra tutti la pretesa di far registrare l'intro al pezzo Ma Rainey's black bottom al nipote Sylvester affetto da un grave forma di balbuzie.
Sono i dialoghi, gli scambi di battute tra i membri della band a tenere in piedi il film, al centro due temi: il blues e il talento del trombettista Levee che vuole a tutti i costi raggiungere il successo e fondare una sua band e la difficile condizione dei neri sottomessi e sfruttati dai bianchi ormai da troppo tempo. È proprio quest'ultimo punto quello che permetterà al film di decollare e a Boseman di offrire una prova superba, capace di passare in pochi secondi da un mood molto scanzonato e colloquiale, quello che si tiene tra amici che si stuzzicano per divertirsi scambiandosi frecciatine e pareri discordanti, a uno fortemente drammatico che si manifesta per esplosioni che fanno riemerge un passato doloroso e un odio per i bianchi che sarà difficile da sanare nonostante la necessità di fare buon viso a cattivo gioco, il personaggio di Levee ha le sue idee per sfruttare l'interesse dei bianchi e trarne vantaggio per sé stesso. Anche il personaggio di Ma Rainey, interpretato da una splendida Davis che impersona un'autorevole matrona, vive un grande conflitto, donna di successo consapevole di essere comunque sfruttata da un'industria che è al 100% bianca, usa i suoi capricci per far scontare tutto il possibile a uomini che sa non essere per nulla interessati alla sua persona, alla sua voce, alla sua arte, ma solamente al profitto che queste cose possono portare nelle loro tasche. Ci sono alcuni momenti molto forti ed emozionanti, amplificati dalla regia claustrofobica che contiene gran parte del film in due sole stanze con qualche squarcio d'aria con passaggio alla strada antistante lo studio di registrazione. Cast di supporto molto indovinato, da segnalare almeno la prova di Glyn Turman nei panni di Toledo. Forse meno incisivo di film che affrontano temi simili come One night in Miami... ad esempio, Ma Rainey's Black Bottom è un film più "piccolo" ma capace di toccare i tasti giusti, come spesso accade con le opere meno blasonate, ravviva il rimpianto per aver perso il talento di Boseman che al netto delle partecipazioni in casa Marvel avrebbe potuto regalarci cose decisamente più interessanti.
Interpretazioni ottime, ma il film secondo me risente troppo dell'impostazione teatrale: in pratica è teatro filmato, non cinema. Gli attori recitano come fossero sul palco e non dietro la mdp, e fa indubbiamente un effetto strano...
RispondiEliminaCiao Kris, sì sono d'accordo, l'impianto teatrale si sente tutto e si vede che anche il regista arriva da lì, il risultato finale però non mi è dispiaciuto, un buon film con un impianto un po' diverso dal solito, certo si fa difficoltà a considerarlo grande cinema.
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