lunedì 13 febbraio 2023

LITTLE SISTER

(Umimachi diary di Hirokazu Kore'eda, 2015)

Dopo aver esplorato un dramma familiare in Father and son ponendo l'accento su figure paterne opposte e su come queste reagiscano di fronte a una situazione sconvolgente, Hirokazu Kore'eda, con questo successivo Little sister, rimane nell'ambito familiare e sulla narrazione dei rapporti interpersonali ma costruisce un film dove contrasti e drammi, presenti seppur in misura più lieve, vengono levigati dalla delicatezza delle situazioni e della narrazione, elementi che riescono a mettere lo spettatore in pace con sé stesso e con il mondo nel godere di una storia piena di tenerezza, candida, pur nascendo questa da situazioni problematiche e dolorose, almeno per alcune delle protagoniste. Il film del regista nipponico nasce dalla lettura dello stesso Kore'eda del manga di Akimi Yoshida Our little sister che il regista adatta con qualche libertà. In effetti la sensazione che a volte si prova nel guardare Little sister è la stessa che si prova di fronte ad alcuni lungometraggi d'animazione giapponese che trattano temi affini, quelli dei rapporti tra le persone, che spesso sono contraddistinti dallo stesso tocco lieve e sognante; qui in più il contributo di quattro giovani attrici che ben portano sullo schermo i diversi caratteri di queste quattro sorelle pronte a condividere almeno una parte della loro esistenza senza l'aiuto delle figure genitoriali né quello di eventuali estranei.

Sachi (Haruka Ayase), Yoshino (Masami Nagasawa) e Chika (Kaho) sono tre sorelle che vivono da sole nella casa di famiglia nella città di Kamakura; il loro padre molti anni prima aveva abbandonato la famiglia per iniziare una nuova convivenza, la madre delle tre ragazze lavora in una città lontana. Quando le tre sorelle apprendono della morte del padre, due di loro, le più giovani Yoshino e Chika, decidono di andare al funerale mentre Sachi, la più grande e ora figura materna di questa famiglia tutta al femminile, ricordando bene l'abbandono del padre e non avendolo del tutto superato, con la scusa del lavoro rifiuta di presenziare alla cerimonia. In realtà, forse presa dal rimorso, anche Sachi si presenterà in extremis per l'ultimo saluto al padre, qui le tre giovani scoprono di avere una sorellastra quattordicenne, Suzu (Suzu Hirose), che non è troppo amata dalla matrigna; in un'impeto di generosità e affetto Sachi propone a questa bambina gentile di andare a vivere con loro a Kamakura e Suzu senza nessuna esitazione accetta la proposta delle sue nuove sorelle. Una volta a casa il legame tra le quattro donne inizierà pian piano a farsi sempre più saldo pur non mancando preoccupazioni e dubbi nati dai rapporti di ognuna di loro con genitori ormai lontani e con le persone che ruotano attorno a questo nucleo familiare ormai allargato.

Non è a torto che il cinema di Hirokazu Kore'eda viene paragonato a quello del maestro Yasujiro Ozu o del suo più giovane discepolo Yoji Yamada, proprio con Little sister Kore'eda si avvicina molto alla sensibilità familiare degli altri due registi citati, con la naturalezza della quotidianità si mettono in scena i mutamenti della società, si pensi alle famiglie allargate in una società tradizionalista come quella giapponese, ma soprattutto i sentimenti e i conflitti generazionali come accadeva anche nel celebre Viaggio a Tokyo di Ozu. Sono narrazioni che rimangono lontane dai toni eclatanti, dalle scene madri, dai colpi di scena, si concentrano invece su piccole cose che riescono a mettere in evidenza situazioni, stati d'animo e sentimenti. La storia è supportata da una regia molto attenta di Kore'eda e da una caratterizzazione dei personaggi molto efficace, prendiamo ad esempio la scena in cui le protagoniste tornano dal funerale, scena nella quale è possibile intuire il carattere delle tre sorelle osservandone l'abbigliamento: Sachi, la più matura e responsabile, con un completo più serio ed elegante, Yoshino, più ribelle e sbarazzina, con un vestito smanicato, una gonna un poco più corta e un taglio più moderno, Chika, la più giovane, con un completo che sembra un'uniforme, uno zainetto e i calzini corti. Sono particolari che impreziosiscono la narrazione leggera del regista, non mancano però i momenti di riflessione: Suzu ha dei dubbi derivanti dal fatto che il comportamento di sua madre abbia potuto aiutare il disfacimento della famiglia delle sorelle, a volte si interroga sul fatto di meritare o meno il posto in famiglia e l'affetto delle sorelle, soprattutto quando arriverà il confronto con la madre delle tre ragazze, Sachi con la scusa della nuova responsabilità per la sorellina sta evitando il confronto decisivo con l'uomo che frequenta, anche lui sposato, un rapporto che le ricorda quello che portò il padre ad allontanarsi da casa, Yoshino cerca la sua strada ancora incerta sia nel lavoro che nel rapporto con gli uomini (e con l'alcool). I conflitti non esplodono mai, tutto è educato e il film è pervaso da una tenerezza e da una serenità che riempiono il cuore, qualcosa cova sotto la cenere ma il legame tra queste sorelle vince su tutto. Forse come temi meno ficcante del precedente Father and Son, questo Little sister gode però di una grazia che si fatica a trovare nel cinema moderno, questo approccio al cinema di Kore'eda è un dono prezioso, raro, da coltivare e conservare gelosamente. Film probabilmente sottovalutato che poco ha da invidiare ad altro cinema più rumoroso.

4 commenti:

  1. Ho talmente amato il manga da avere delle difficoltà a recuperare questo film. Prima o poi, chissà, mi ci dedicherò!

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    1. Il manga, mmmm, ma sai che quasi quasi...

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    2. Il fumetto è molto bello, non troppo lungo, privo di fronzoli inutili. E le psicologie dei personaggi sono ben curate.
      Spero di riuscire a vedere questo film, ma intanto consiglio il fumetto a chiunque (leggendo la tua recensione, mi sembra di trovarci le stesse qualità del manga).

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    3. Grazie Conte, cercherò di seguire il consiglio.

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