lunedì 17 gennaio 2011

JOHN DOE

Questo articolo è stato scritto per il sito fumettidicarta (e relativo blog)

John Doe è morto. Evviva John Doe. Hanno cercato di toglierlo di mezzo ma lui è tornato, è ancora qui tra noi.
Provate voi a sbarazzarvi della morte o addirittura dello stesso creatore. Provateci e vedremo chi ne avrà la peggio.

Si parla di morte metaforica, morte editoriale. La serie del ragazzaccio, causa beghe gestionali dell’Eura di qualche mese addietro, rischiava la chiusura.
Rischiava ed è stata chiusa. Ma John non è un tipo accomodante, è egocentrico e arrogante, molto deciso sulle cose che a lui interessano.
Cazzo, qui si parlava della sua serie, delle sue pagine, della sua storia.
E delle sue auto, delle sue donne, dei suoi amici. Amici? Forse per quelli no, ma per le donne e le auto… che diamine!
Così il nostro si è adoperato per trasformare l’Eura in Aurea e si è (ri)presentato nelle edicole con un nuovo numero 1.

Torna con un nuovo look, mette da parte (in senso buono) il grandissimo illustratore Massimo Carnevale e per le copertine si avvale dell’aiuto di Davide De Cubellis. Niente da dire, si tratta di un altro talento, le prime illustrazioni sotto gli occhi di tutti denotano un eclettismo invidiabile e una grande tecnica, un’ottima presentazione.
Il look è OK ma la serie? Questo ritorno è positivo o no? I sequel si sa…

Ma no, non stiamo a preoccuparci, questo è un gradito ritorno.
In prima istanza perchè la vittoria di un gruppo di lavoro composto da autori italiani e giovani che sono riusciti a superare un momento di difficoltà in un ambito che non deve essere facile come quello dell’editoria a fumetti italiana, va salutata come cosa buona è giusta.
In secondo luogo perchè la partenza di questa nuova serie mi sembra intrapresa con il piede giusto.
Parlo da lettore di John Doe della prima ora, ero già sul pezzo all’uscita dell’altro numero 1. Parlo anche da lettore che si era un po’ raffreddato negli entusiasmi durante il corso dell’ultima stagione del personaggio.

Però quella prima stagione mi aveva talmente entusiasmato, l’avevo trovata così innovativa nel panorama del fumetto italiano da edicola che non ho saputo resistere. Così, vedendo il ragazzaccio scendere da quel taxi con tanto d’aureola sul capo, mi sono impossessato di questo secondo esordio e al momento non me ne sono pentito.
In fondo a questo stronzetto mi sono affezionato.

Il risultato che Bartoli e Recchioni volevano (e dovevano) portare a casa era quello di rendere questo primo albo comprensibile per i nuovi lettori che mai avevano sentito parlare di John Doe e allo stesso tempo evitare la tabula rasa in modo da non scontentare i vecchi lettori (e credo anche loro stessi) ormai affezionati al personaggio e al suo background.
Il dinamico duo si porta a casa il punteggio pieno.

L’episodio “… e venga il mio regno” funge da ottimo apripista, riassume e delinea in maniera chiara e mai prolissa e verbosa lo status quo della serie rendendo facile l’ingresso ai nuovi lettori e allo stesso tempo riporta sotto i riflettori elementi cari ai fan della prima ora senza mai far mancare il gusto per la citazione che già caratterizzava le vecchie storie del nostro.

La storia parte infatti con una tavola che mostra una sveglia indicante le 07.00 del mattino. I vecchi lettori si sentono già a casa, JD inizia la giornata con un rito di vestizione minuzioso neanche fosse Patrick Bateman (credo il riferimento fosse voluto) e va a lavoro.
Non un lavoro come il nostro (non come il mio almeno) perchè lui non è un colletto bianco, un operaio o un imprenditore. Non è un povero cristo. Lui è Dio.

Proprio Dio. Il mondo l’ha creato lui (in subappalto a dire il vero ma tant’è…).
Impegnativo direte voi. Non proprio. Di tutte le magagne si occupano le Alte Sfere perchè John è un casinista che perde interesse facilmente per il disegno globale. Ma un Dio ha bisogno di credenti, che la gente abbia fiducia in lui. Il notaio Kobayashi (Kobayashi, pace a te) per incrementare i fedeli chiede un incontro a John. Al ristorante al termine dell’universo (il Dorsia era pieno, ultimo posto prenotato da PB cosa mai riuscitagli prima), locale dove forse Timothy Price è ricomparso dopo essere sparito nel Tunnel… forse sto divagando.

John sarà affiancato dalla tostissima Robin Castillo che avrà il compito di rendere John un Dio in cui credere. Robin non va per il sottile ma John, messo alle strette è uno che non si arrende, vi mostra il medio con arroganza e non si arrende.

L’episodio scorre bene, John è sempre divertente. Stronzo ma divertente. Tra una citazione a Watchmen e una ai Goonies, il ritorno di Pestilenza, i disegni di Torti, il fondoschiena della Castillo si arriva alla fine. Uno starting point riuscito. Non una pietra miliare nella produzione di John Doe ma un buon numero che ci traghetta verso “Il corpo e lo spirito”.

Seguendo la tradizione della varietà il secondo numero è davvero differente dal primo e, a mio avviso, molto più incisivo.

Robin ordina: far ritrovare la fede a Laura Pollard, ragazza bellissima costretta su una sedia a rotelle. Atea convinta, disillusa, carattere non proprio facile. E’ una sfida, una sfida dagli sviluppi inattesi. L’incontro che caratterizza questo secondo numero viene alleggerito da una controparte grottesca (un genio della lampada stile Alladin) e dai disegni di Silvia Califano che mixano per bene reale e cartoon rendendo il numero vivace e dinamico.

Gettate le basi per i nuovi lettori nel numero precedente, Bartoli e Recchioni ingranano la marcia e realizzano un numero più coeso e compatto e mostrano ai nuovi lettori un altro lato di John Doe creando una buona aspettativa per la terza prova.

Terza prova che è già nella mia libreria ma che ancora non ho avuto tempo di leggere. Vado.

3 commenti:

  1. Affrontato il primo episodio.
    Non ho ancora un'idea, per ora proseguo...
    Fino a che punto vale la pena leggere? Collezioni enormi mi spaventano...

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  2. Dipende da quale dei due primi numeri hai letto.

    Quello di cui parlo in questo post è l'inizio della seconda serie di JD.

    La prima serie, quella originale, l'avevo amata tantissimo. Era divisa in stagioni da 24 episodi (come i serial tv americani) con una numerazione continuativa.

    La prima stagione era eccezionale, originale, una ventata d'aria fresca. La seconda buona con qualche calo, dalla terza il mio interesse ha cominciato a scemare in maniera progressiva.

    Il ritorno con questa seconda serie mi era sembrato davvero buono, purtroppo dopo alcuni numeri la mia impressione è tornata ad essere quella della terza stagione della prima serie.

    Ora causa tagli al budget ho mollato.

    Però la prima stagione della prima serie che bella che era...

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  3. nono, intendevo la primissima serie (mi sembrava assurdo cominciare da quello del post).
    E allora vedrò di leggermi la prima stagione... è che sono compulsiva, quando mi fisso con qualcosa faccio indigestione di imput e non so mai da dove cominciare...

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