domenica 15 maggio 2011

ITALIA DE PROFUNDIS

(di Giuseppe Genna, 2008)

A volte, come accennato un paio di post or sono, penso di essere un tantino stupido, ignorante o fermo alla superficie delle cose. un po’ fuori dal mondo, a modo mio. Ammetto di aver avuto non poche difficoltà ad entrare in questo libro, almeno in alcune parti di questo libro che comunque si è rivelato denso e stimolante, a tratti divertente, a tratti irritante. Un libro che a tratti mette il lettore, almeno questo lettore, davanti all’evidenza di non sapere nulla, davanti al dubbio di essere non sufficientemente difforme dalla massa caratterizzante di questo tempo, per dirla con parole dell'autore, devastato e vile.

Lo fa forse, e il dubbio è d’obbligo in quanto potrei non averne compreso neanche la centesima parte, semplicemente raccontando l’estate improduttiva e faticosa, scomposta e cadaverica, estenuata e neurotica del 2007. Ma non solo, forse era questa l’idea alla base di questo libro che prendendo spunto (forse o forse no) dall’esperienza descritta da Foster Wallace in Una cosa divertente che non farò mai più, voleva raccontare l’esperienza dello scrittore in un villaggio vacanze in quel di Cefalù nell’estate cristica e anoressica del 2007. E l’ha fatto. Questo e molto altro. Un De Profundis per un paese che l’autore, probabilmente in buona compagnia, ha disimparato ad amare, sempre per usare le sue parole. La scrittura di Genna cattura e irrita, irrita perché mette il lettore (questo almeno) di fronte alla sua ignoranza. Una messa in scena di paroloni adagiati sulla pagina a creare scompiglio nel lettore medio che, dovendo mettere mano al vocabolario decisamente spesso, un minimo di nervosismo lo prova. Ciò nonostante la scrittura di Genna coinvolge nella descrizione di episodi di vita privata anche molto intimi come la morte del padre, le estreme esperienze in quel di Calvairate o le squassanti pene d’amor perduto.

Questi e altri episodi come quello all’apparenza squisitamente mondano in qualità di giurato al Festival del Cinema di Venezia, sono il punto di partenza per qualcosa d’altro. Un qualcosa che non ho la capacità di spiegarvi, una ricerca o una presa di coscienza di quel che la persona è (forse o forse no), qualcosa che viene fuori (forse o forse no) con naturalezza in episodi quali quello dell’incontro con il regista David Lynch, regista che ho sempre apprezzato e probabilmente mai capito.
Con tutta probabilità di questo libro non ho detto nulla e nulla è forse possibile dire se non dall’autore stesso data l’essenza decisamente personale dell’opera. Probabilmente per capirci qualcosa (o forse no) dovrete leggervelo.

4 commenti:

  1. Non ho letto il libro. Ma credo di preferire Wallace. Ma preferisco Wallace ad un sacco di altra gente, quindi è un problema mio :)

    Se non ricordo male, però, la copertina di questo volume era stata affidata a me, e poi mi "spostarono" di peso su un altro titolo che era più urgente. Questa fu realizzata dallo stesso curatore di testata. Carina.

    Scusa l'OT :)

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  2. La copertina dovrebbe essere di Riccardo Falcinelli. Per quel che riguarda il libro rimane, tra pregi e difetti, una lettura molto stimolante, sempre che io abbia realmente capito qualcosa, cosa che potrebbe facilmente risultare non vera.
    Di Wallace ho in casa solo La scopa del sistema ma ancora non l'ho letto.

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  3. Tra l'altro avevi già degli studi per questa copertina? Sarebbe carino vederli :)

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  4. No, purtroppo (ma soprattutto per fortuna) mi fermarono prima che ci mettessi mano. E Riccardo è proprio il curatore di quella collana di Minimum Fax. Oltre ad essere curatore per altre collane di altre case editrici.

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