venerdì 16 luglio 2021

VIVARIUM

(di Lorcan Finnegan, 2019)

L'esordio dell'irlandese Lorcan Finnegan è un film a tema, un racconto inquietante realizzato con pochi elementi che punta a far riflettere lo spettatore su alcuni aspetti della vita moderna, sulle sue dinamiche e soprattutto sulle sue storture che spesso non percepite minano quella che potrebbe essere una piena libertà, in parte imbrigliata da bisogni e abitudini (auto)imposti dalle quali l'uomo non riesce a uscire, un po' come il criceto che corre in tondo sulla ruota nella sua gabbietta, proprio come in tondo girano per diverso tempo i due protagonisti di Vivarium. Finnegan è bravo a massimizzare i risultati con poche risorse, nonostante siano diversi i passaggi inquieti nel film, questi vengono realizzati efficacemente senza grande dispendio di mezzi; con la giusta recitazione, volti indovinati e qualche trucco di messa in scena Vivarium offre i suoi bei momenti, annegati in una routine ciclica che sfiora solamente il filone del time loop senza mai aderirvi, la coazione a ripetere qui e sì forzata ma soprattutto metaforicamente mentale.

Gemma (Imogen Poots) è una giovane maestra d'asilo, il suo ragazzo Tom (Jesse Eisenberg) lavora come giardiniere, i due sono una coppia vivace e affiatata che sta cercando un posto dove iniziare una vita insieme. Venuti a sapere di un nuovo quartiere residenziale con abitazioni alla portata delle loro tasche, i due giovani si recano nell'agenzia dove trovano Martin (Jonathan Aris), uno strambo agente immobiliare che li accompagnerà a Yonder, un complesso di villette fuori città ma facilmente raggiungibile. Tom non sembra troppo convinto della scelta ma per accontentare Gemma acconsente alla visita; una volta sul posto Martin mostrerà loro la villetta n° 9, una casa identica a molte altre in un viale di case identico a molti altri. Durante la visita Martin si rivela sempre più strano; mentre Tom e Gemma danno un'occhiata al giardino della villetta il loro accompagnatore scompare. Non troppo scontenti di questo sviluppo i due salgono in macchina per tornarsene a casa ma, con sorpresa prima e sgomento poi, scoprono di non riuscire più a lasciare Yonder, ritrovandosi sempre di fronte all'ingresso della villetta numero 9, ancora e ancora. Ovviamente a Yonder non c'è campo per i cellulari e nessun altro abitante ha ancora preso fissa dimora nel quartiere, Gemma e Tom si trovano soli e senza vie di fuga. Dopo una prima notte passata nella casa i due scoprono che qualcuno ha lasciato loro del cibo, tutti alimenti insapori e inodori; la cosa si ripeterà giorno dopo giorno finché davanti alla porta di casa alla coppia viene lasciato un bambino da allevare, altra fonte di inquietudine che innalzerà ancora di più il tasso di "incredibile" che la vicenda vissuta da Tom e Gemma sta assumendo.

Vivarium ricorda un episodio di Ai confini della realtà con una venatura horror in più, quella sensazione di inquietudine strisciante inserita in una cornice talmente rassicurante da far venire i brividi. I colori pastello delle case di Yonder, tutte verdi, tutte uguali, posizionate sotto un cielo irreale e cosparso di nuvole finte, ricordano l'arte di René Magritte, esponente del surrealismo, corrente che ben si adatta alla situazione dei protagonisti che più che in un sogno si trovano catapultati in un vero e proprio incubo. La cifra surreale viene perseguita in parte anche da Lorcan Finnegan in almeno una sequenza molto ben congegnata e ben riuscita (quella che ci porta al di sotto del marciapiede), la straniante location riporta alla mente la vita finta e controllata di The Truman Show, le fonti non sono certo nuove ma tutto il discorso che c'è dietro la vita forzata di Tom e Gemma apre a riflessioni importanti. La prima potrebbe essere quella dell'omologazione che la società impone e dalla quale è difficile uscire, quasi impossibile, proprio come accade a Yonder, una vita tracciata su binari più o meno prestabiliti che rende molte cose insapori (come qui il cibo). Per sfuggire a questa vita il rifugio spesso è il lavoro eccessivo (Tom scava e scava) e che qui, anche metaforicamente, non porta a nulla di buono, con conseguente allontanamento dagli altri (Gemma). Volendo si potrebbe leggerci anche un discorso sulla maternità, su ciò che ci si aspetta da una donna (ma magari non da un uomo, del ragazzo Tom si disinteressa completamente se non peggio), magari la chiave potrebbe essere il matrimonio come prigione, insomma le letture possibili e gli spunti di riflessione non mancano. In più alcuni momenti di inquietudine legati al ragazzino (Senan Jennings) fanno venire davvero i brividi. Esordio riuscito questo di Finnegan che rielabora materiali noti ma con una bella dose di intelligenza e tutto sommato questa è già una bella cosa.

2 commenti:

  1. Ne parlerò presto, posso solo ora dire che a me non ha convinto, suggestivo sì ma dispersivo.

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