domenica 28 luglio 2024

DUST IN THE WIND

(Liàn liàn fēng chén di Hou Hsiao-hsien, 1986)

Dust in the wind è una delle opere di Hou Hsiao-hsien che si inserisce a pieno titolo all'interno del movimento della New Wave del cinema di Taiwan del quale il regista è considerato uno dei maggiori e più autorevoli esponenti. Dell'origine e dei contenuti della corrente di cui sopra abbiamo già parlato presentando altri film del regista (Cute girl, The green, green grass of home e I ragazzi di Feng Kuei) e un paio di quelli di Edward Yang, altro esponente della New Wave taiwanese (The terrorizers e Taipei Story); Dust in the wind, oltre a essere ascrivibile al citato filone è anche il primo tassello di un'ideale trilogia che il regista ha realizzato con la collaborazione alle sceneggiature di Wu Nien-jen il quale ha apportato a questo film e ai due successivi (Città dolente e Il maestro burattinaio) elementi autobiografici che ben identificano alcuni dei temi ricorrenti del cinema di Hou Hsiao-hsien e in maniera più generale i temi di quella nuova ondata di cinema taiwanese che cominciò a generarsi nella prima metà degli anni Ottanta dello scorso secolo. Per Dust in the wind il più evidente di questi temi è il contrasto tra la vita più semplice, seppur a volte dura, delle province e della campagna in contrasto alle difficoltà, sopportate soprattutto dalle generazioni di giovani, davanti alle quali ci si trova andandosi a inserire in un contesto cittadino sempre più moderno e caotico e teso verso una produttività disumanizzante e condizioni di lavoro inaccettabili e disperate.

Wan (Wang Chien-wen) e Huen (Hsin Shu-fen) si conoscono da diverso tempo, frequentano la stessa scuola e sono cresciuti insieme nel villaggio di provincia di Jiufen, un piccolo centro rurale nel nord di Taiwan. Ogni giorno tornano da scuola insieme con il treno, salgono il pendio che li porta alle loro case, i genitori hanno dei lavori duri, i due ragazzi vivono un rapporto d'amore platonico molto riservato e compìto. Quando si avvicina la fine dell'anno scolastico Wan confida al padre di non voler proseguire negli studi e di aver deciso di recarsi nella capitale, Taipei, per cercare lavoro. Il padre, pur cercando di far capire al figlio l'errore nella sua decisione, non gli impedisce di partire. In città il ragazzo troverà lavoro in una tipografia e arrotonderà facendo qualche consegna. Huen seguirà il suo amico/amore poco dopo e inizierà a lavorare in una sartoria. Gli ambienti di lavoro, soprattutto per Wan, non saranno sempre facili e armoniosi nonostante non manchi mai quel pizzico di umanità e solidarietà che sempre sarebbe necessaria tra esseri umani. I ragazzi iniziano a sentire la nostalgia di casa e di un contesto duro ma più semplice, dove non c'era delinquenza e dove ancora non avevano avuto a che fare con l'asprezza della vita da adulti. Poi Huen viene chiamato per il servizio di leva, in un Paese politicamente mai completamente tranquillo e pacificato, la vita di Huen e Wan cambierà ancora una volta.

Come già accadeva in The green, green grass of home è il movimento di un treno ad aprire il Dust in the wind di Hou Hsiao-hsien, un mezzo di trasporto che tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso era il naturale collegamento tra le città, dove Wan e Huen studiano, e le campagne dove i ragazzi risiedono. Con un tono più serio e consapevole della drammaticità dell'evolversi dei tempi, Hsiao-hsien ancora una volta pone a confronto la vita rurale e il frenetico e forzato tran tran dell'esistenza produttiva cittadina che costringe l'uomo a immergersi in un vestito che quasi mai gli calza a pennello. A sostenere, almeno per una buona parte del film, le difficoltà di Huen e Wan c'è quell'affetto reciproco che è certamente amore e che mai viene esplicitato. Il regista ci mostra spesso atti di solidarietà tra i giovani, non solo tra i due protagonisti, Wan e Huen si aiutano economicamente in diverse occasioni senza dare nessuna importanza ai soldi, si sostengono come nell'episodio in cui a Wan viene rubata la moto con la quale effettua le consegne, passaggio che riporta in maniera naturale al neorealismo di Ladri di biciclette. Il mondo rurale viene quindi rappresentato con una sorta di vena nostalgica a idealizzarne il ricordo, un legame verso una vita semplice alla quale il regista riconosce la stessa importanza che tributa al cinema, qui presente come in altri suoi film, è forse proprio quel telo bianco, tirato tra le intemperie tra due pali di paese, che è esposto alla polvere nel vento del titolo. Lo sguardo al passato, quello nostalgico, non omette però le difficoltà della povera gente, il lavoro duro delle miniere, le prime rivendicazioni sui diritti, eppure in qualche modo progresso e città riescono pian piano ad allontanare i due giovani, la chiamata di leva farà il resto, con Dust in the wind siamo negli Ottanta dello scorso secolo ma ancora oggi su modernità e progresso in relazione allo sgretolamento dei rapporti umani possiamo dire di avere ancora tutto da imparare.

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