(di Giovanni Veronesi, 2024)
Pur non essendo un grande appassionato di sport (e in generale nemmeno di documentari a tema sportivo) devo ammettere il mio debole per lo sci, disciplina che seguo invece con continuità e con una certa passione pur non avendo mai inforcato un paio di sci in tutta la mia vita. Questa è la principale ragione, diciamo pure l'unica, che mi ha spinto a guardare il documentario di Veronesi insieme all'affetto nutrito per Paolo De Chiesa, qui tra i protagonisti e ormai presenza fissa in casa nostra da parecchi anni in veste di commentatore per la RAI delle gare di Coppa del Mondo di sci (e mondiali, gare olimpiche, etc...). Manca per chi scrive l'effetto nostalgia provato da Veronesi stesso e dal giornalista Lorenzo Fabiano che qui lo accompagna nella ricostruzione di un'epoca, due uomini che per meri motivi anagrafici hanno potuto vivere le emozioni e i trionfi che la valanga azzurra ha regalato a tanti italiani e al Paese, trionfi che, sempre per le solite ragioni anagrafiche, io non ho vissuto in prima persona (e poi a casa nostra, quando io ero piccolo, lo sci non si sapeva nemmeno cosa fosse, i più grandi esperti mondiali in materia per me erano Heidi e suo nonno). La storia della nazionale italiana di sci degli anni 70 è in ogni caso una di quelle che meritano di essere ricordate (tenendo sempre a mente che lo sci è uno sport individuale e non di squadra), per apprezzarla non è quindi necessario averla vissuta in diretta, anche per chi è arrivato con un poco di ritardo questo La valanga azzurra si rivelerà una bella visione, un modo per conoscere anche gli altri protagonisti di quell'epoca oltre agli ancor oggi notissimi Gros, Thöni e De Chiesa.Giovanni Veronesi, nell'assemblare la storia della nostra valanga azzurra, si ritaglia un ruolo di co-protagonista all'interno del film in qualità di intervistatore onnipresente, attore di siparietti più o meno comici con i vari protagonisti, rievocazioni dei fatti dell'epoca insieme al sodale Fabiano e mettendoci addirittura alcuni filmini di gioventù che dimostrano la sua precoce passione per lo sci e di conseguenza per questo gruppo di uomini che fecero la storia di questo sport (di donne si parla poco, giusto un accenno) e raccontandoci anche il suo prematuro ritiro dalle piste causa infortunio e conseguenze calata della mamma a vietare questa pratica così pericolosa per i suoi pargoletti. Lo scenario che prende corpo dinnanzi agli spettatori ignari dei dettagli di quegli anni ormai lontani nel tempo, descritti con trasporto da Lorenzo Fabiano, tratteggiano un momento storico sportivo in cui la nazionale italiana di calcio non regalava grandi soddisfazioni, un elemento che contribuì in parte a far balzare alle stelle la popolarità delle imprese di questa squadra di grandi campioni (così come di quella del tennis di quel periodo) capaci di innalzare lo sci a livelli altissimi non solo di popolarità ma anche in termini di indotto economico trasformando uno sport per pochi eletti in una pratica decisamente più diffusa e alla portata di molti. E allora via con le imprese di Gustavo Thöni, vero cardine della squadra attorno al quale emersero e crebbero i vari Piero Gros, Paolo De Chiesa, Rolando Thöni, Franco Bieler, Fausto Radici e diversi altri ancora.
La narrazione corre sciolta e il registro leggero scelto da Veronesi rende piacevole la visione, ci si sofferma molto, ovviamente, sulle vittorie e su alcune delle imprese chiave del periodo, sulla rivalità tra Thöni e il grandissimo Ingemar Stenmark (che contribuì non poco alla fine del periodo d'oro della valanga), sulle dinamiche di squadra con focus particolari sul lavoro dell'allenatore Oreste Peccedi e su quello del commissario Mario Cotelli, personaggio non benvisto proprio da tutti, al contrario dello stimatissimo Peccedi. Ci si sofferma forse poco sugli aspetti negativi del periodo, sulle tragedie all'epoca non così inusuali (quelle immagini degli sciatori che si schiantano sulla casetta), sulla sicurezza da migliorare, sull'allontanamento degli sciatori "sindacalisti" e anche sulla vicenda per molti aspetti tragica (che per fortuna può raccontare lo stesso protagonista) accaduta a De Chiesa, vicenda che in molti ancora non conoscono, un momento forse arrivato un po' così nell'economia del documentario ma sicuramente sentito, doloroso e che ci fa amare ancora un po' di più il nostro Paolino. Alla fine ne esce un docufilm scorrevole, divertito, simpatico che inquadra per sommi capi periodo e campioni donando il giusto tributo a un gruppo di (ex) ragazzi che tanto hanno dato al loro sport e alla nostra nazione, in attesa che quei tempi, almeno al maschile, ritornino (le nostre donne in realtà già si difendono molto, molto bene).