martedì 6 aprile 2021

THE BOURNE LEGACY

(di Tony Gilroy, 2012)

Può avere un senso realizzare un capitolo della saga dedicata a Jason Bourne senza Jason Bourne (e di conseguenza senza Matt Damon)? Nel recente passato non ho esitato a rimarcare il mio apprezzamento per i primi tre film dedicati all'ex spia della C.I.A. definendo la trilogia formata da Identity, Supremacy e Ultimatum la migliore saga action degli anni 2000, forse l'affetto per il franchise mi porta ora a dare una risposta negativa alla domanda di cui sopra. The Bourne legacy non è un cattivo film, pur non rivelandosi all'altezza dei suoi predecessori nulla toglie che rimanga un buon action, ottimo per passare due ore adrenaliniche senza impegno, risulta pretestuosa la scelta di utilizzare il nome di Bourne nel titolo di un film che con qualche aggiustamento avrebbe potuto camminare sulle sue gambe dovendo solo, questo sì, difendersi dalle eventuali accuse di plagio o di scarsa fantasia, invece infilando un Bourne nel titolo... beh, tutto risulta più semplice e giustificato. Ciò che rende il film meno interessante dei precedenti capitoli, lasciando da parte l'avvicendarsi tra Damon e Renner, è la mancanza di interesse per il protagonista in sé, se Bourne aveva un passato rimosso da ricostruire passo a passo, i pochi misteri legati al nuovo agente Aaron Cross sono presto svelati e non contribuiscono a dare pepe a una vicenda che è pura azione, una caccia all'uomo infinita con ben pochi retroscena, costruiti in maniera non troppo accurata e presentati all'apparenza con carenza di fantasia e impegno, cosa che lascia perplessi se si pensa che il regista Tony Gilroy è stato sceneggiatore dei precedenti e ben più interessanti capitoli della saga. Non mi sento nemmeno di addossare colpe al nuovo arrivato Jeremy Renner che seppur non smuova la stessa empatia che da subito faceva scattare il personaggio di Damon, ha comunque il volto giusto e nel ruolo assegnatogli non delude, anzi, porta avanti con onore l'ingrato compito di sostituire il vero padrone di casa. Anche per il cast di contorno non si lesina, si portano in scena Oscar Isaac, Edward Norton e Rachel Weisz e, a parte quest'ultima, i primi due con ruoli che disperdono un po' i talenti dei due attori. Insomma, il film manca di costruzione e ci si affida molto (troppo) a quanto visto nei capitoli precedenti.

Jason Bourne ha contribuito con l'aiuto di Pamela Landy (Joan Allen) a portare alla luce le malefatte legate al progetto governativo occulto denominato Treadstone con tutte le conseguenze mediatiche del caso; in diverse sezioni segrete della C.I.A. iniziano a tremare le ginocchia a più d'un dirigente in quanto operazioni poco lecite potrebbero emergere dall'inchiesta Treadstone e da eventuali fughe di notizie a causa di personale d'alto rango poco cauto. Una tra tutte preoccupa in particolare Ric Byer (Edward Norton), il programma Outcome, che prevede l'addestramento e il potenziamento fisico e mentale di nove agenti speciali da utilizzare in territorio nemico, operazione clandestina non approvata e con risvolti etici e politici potenzialmente catastrofici. Nonostante i sacrifici fatti per addestrare questi uomini per Byer non resta che eliminare tutte le prove, a partire proprio dall'eliminazione fisica dei nove agenti. A questa mattanza sfugge solo l'agente numero cinque, Aaron Cross (Jeremy Renner) che dovrà mettere in campo tutte le sue abilità per sfuggire agli uomini di Byer e per procurarsi i farmaci da cui ormai è dipendente, in suo aiuto solo la dottoressa Marta Shearing (Rachel Weisz), anche lei nelle mire dei servizi deviati.

Come già detto, il film manca di costruzione e background, in maniera furba ci si affida ad alcune sequenze riprese dai film precedenti per creare un collegamento e dare il via a quella che è a tutti gli effetti una caccia all'uomo continua priva di particolari spunti d'interesse. Sul versante puramente action non si può dire che Legacy sia mal riuscito, anche qui pecca di poca fantasia in almeno un paio di sequenze, quella sui tetti di Manila che richiama palesemente quella già vista in Nord Africa con Jason Bourne protagonista, vengono anche ripresi gli inseguimenti in moto e nelle strade affollate, in questo forse Greengrass mostrava un talento superiore a quello di Gilroy che comunque non se la cava male, in altri frangenti il suo lavoro con la macchina da presa e con la gestione della tensione nelle sequenze d'azione si lascia apprezzare. L'intesa tra Renner e la Weisz funziona bene e le maggiori soddisfazioni arrivano proprio nella nostalgica scena finale tra i due nel momento in cui esplode per l'ennesima volta Extreme Ways di Moby, colonna sonora portante della saga che riporta in una frazione di secondo la mente dello spettatore ai capitoli precedenti. Probabilmente non c'era bisogno di questo episodio, anzi sicuramente non c'era bisogno di questo episodio, però nell'imbattercisi alla fine ci si diverte, non è proprio il Bourne che amiamo ma è un peccato che agli ideatori della saga possiamo anche perdonare.

2 commenti:

  1. Non è malvagio, potevano forse evitarlo, ma a conti fatti facile a vedersi ;)

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    1. Si, a me non è dispiaciuto guardarlo, certo che i primi tre erano un'altra cosa, comunque godibile.

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