martedì 29 settembre 2020

I FRATELLI SISTERS

 (The Sisters brothers di Jacques Audiard, 2018)

Western moderno e atipico quello dell'ottimo Jacques Audiard, primo film per il quale il regista abbandona la lingua francese in favore di quella propria del Cinema hollywoodiano, coproduzione tra più paesi che in qualche modo richiama la storia del genere grazie alle sequenze girate in Almería e in altre località spagnole, vera patria dello spaghetti western a partire dalle indimenticabili opere di Sergio Leone. Nonostante le illustri premesse I fratelli Sisters non teme il peso del confronto e va completamente per la sua strada mischiando elementi da western classico a un umorismo fine non strettamente riconducibile al genere e a uno scavo sui personaggi molto limpido, sostenuto da una bellissima coppia d'attori a interpretare i due fratelli "sorelle", già dal titolo, mutuato dal libro da cui è tratta la storia (Arrivano i Sisters), la vena ironica è evidente, proprio l'utilizzo di questo umorismo sottile dona un valore aggiunto allo stile impresso al film da Audiard, mai facilone, sboccato o gratuito, si rivela uno degli elementi che pezzo su pezzo vanno a costruire quello che alla fine si rivela essere un ottimo western, a dimostrare, ancora una volta se fosse necessario, come il western non sia mai davvero morto e che messo in mani capaci ha la possibilità di rigenerarsi senza snaturarsi, trovare vie alternative, diverse, nuovi battiti e soprattutto nuove storie e nuovi caratteri da raccontare.

Eli e Charlie Sisters (John C. Reilly e Joaquin Phoenix) sono legati da un profondo amore fraterno pur condividendo una storia difficile nel loro passato, grandi rimpianti da elaborare, indole completamente diversa e sogni divergenti che puntano agli antipodi. Coppia di sicari al soldo del Commodoro (un Rutger Hauer in una delle sue ultimissime prove) i Sisters sono preceduti dalla loro fama, il loro ultimo lavoro consiste nel mettere il sale sulla coda ad Hermann Warm (Riz Ahmed), chimico che ha sviluppato una formula per trovare l'oro nel greto dei fiumi, scoperta che fa gola all'avido Commodoro. Nel compito i due fratelli saranno agevolati da John Morris (Jake Gyllenhaal), altro uomo al soldo del Commodoro, un intellettuale che cerca di sbarcare il lunario senza sporcarsi troppo le mani. In un viaggio che dall'Oregon porta i Sisters verso la California i due fratelli avranno occasione di confrontarsi, regalando allo spettatore alcuni scambi di battute illuminanti, e mettere in gioco il loro io, più pacato e riflessivo quello del fratello maggiore Eli, violento, vizioso e istintivo quello del minore Charlie, una piccola furia difficile da tenere a bada. Quello che hanno in comune i due fratelli, oltre al cognome, è la gran capacità nel far cantare le loro pistole. Quando Morris intercetta Warm le idee utopistiche di quest'ultimo riusciranno ad affascinare l'uomo del Commodoro, cosa che complicherà non poco il compito dei fratelli Sister che dovranno decidere se continuare o meno questa caccia contro ogni pronostico, ovviamente anche su questo Eli e Charlie avranno opinioni discordanti.

Al centro de I fratelli Sisters c'è il rapporto tra due protagonisti profondamente diversi ma legati da un affetto sincero, il maggiore Eli si sente in difetto nei confronti di Charlie per qualcosa avvenuto in passato, nondimeno la tentazione di rompere la testa marcia del fratello minore affiora in più di un'occasione, Charlie di contro nasconde dietro la sua indole violenta e la passione smodata per alcool e donne, un trauma incancellabile, sono due personaggi bellissimi che trovano il loro punto più alto nell'incontro con un'altra coppia di protagonisti affascinanti. I quattro attori fanno tutti un grandissimo lavoro mettendo in campo un campionario di sfumature molto ampio, ma sono soprattutto Joaquin Phoenix e ancor più il grande John C. Reilly, mai abbastanza lodato, ad arricchire un film zeppo di elementi d'interesse che mettono in luce i lati più oscuri del vecchio west ma ne sottolineano parimenti la bellezza e l'alone di libertà che la vita selvaggia rappresenta per mezzo di una natura incontaminata, spazi ampi e mancanza di sovrastrutture. E ancora la promessa di un futuro migliore con la corsa all'oro, una modernità incombente e a rovescio della medaglia corruzione e perdizione a portata di mano.

Audiard si conferma regista da seguire senza remore, grande direzione degli attori, ottima regia e il coraggio del confronto con un genere rischioso, snobbato ingiustamente da molto pubblico giovane ma capace di regalare sempre grandi emozioni. I veri fan del western invece sentitamente ringraziano.

8 commenti:

  1. Mi è piaciuto come del resto questo tuo post, ma sono di parte perché ti leggo spesso e amo i western ;-) Però a freddo ho realizzato che è stata anche l'ultima apparizione al cinema di Rutger Hauer, per altro nella parte di un morto, a conti fatti un po' come David Bowie che riflette sul suo destino nel suo ultimo disco. Cheers!

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    1. Grazie Cassidy, inoltre siamo spesso sulla stessa lunghezza d'onda :) E in effetti sì, nel 2019 Rutger Hauer ha chiuso purtroppo la sua carriera con questa piccola parte e con un'altra apparizione ne La vera storia di Sansone che onestamente non so cosa sia. Ci mancherà...

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  2. Ce l'ho lì ma devo ancora decidemi a vederlo. Ho un buon ricordo del libro, letto anni fa, potrebbe essere stata una delle prime recensioni sul mio blog...

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  3. Bello ma non bellissimo, ecco cosa mi vien da dire ;)

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    1. È un film che cresce, non gioca su scene madri ma sulla profondità dei personaggi, lontano dal western classico, se ben fatte come questa a me le derive moderne del genere piacciono molto, io l'ho apprezzato parecchio...

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  4. A me è piaciuto, ma mi pare si sia ammosciato sul finale o meglio ho iniziato a perdere interesse proprio alla fine.

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    1. Io invece ho apprezzato molto il finale "familiare", un bel western solido, poi Audiard mi piace molto...

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