lunedì 30 dicembre 2024

WISH

(di Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, 2023)

La Walt Disney Animation Studios fu fondata nel 1923 dai fratelli Walt e Roy Disney; facendo due calcoli nel 2023, anno di uscita di questo Wish, la casa cinematografica che diede i natali a Topolino, Paperino, alla Biancaneve di celluloide e a tantissimi altri miti dell'infanzia più o meno di chiunque ha compiuto 100 anni. 100 anni non si compiono tutti i giorni, così in casa Disney hanno pensato di celebrare la lietissima ricorrenza dedicando ad essa il Classico di quell'anno, nella fattispecie Wish che è il sessantaduesimo dei Classici Disney. Probabilmente non avrebbero potuto fare peggio (si ok, avrebbero anche potuto, ma ci siamo capiti). Per inquadrare con poche parole la debacle artistica alla quale la Disney è andata incontro con Wish, il quale viene considerato (almeno per quel che riguarda le sale) anche un flop commerciale, basti dire che nello stesso anno lo Studio Ghibli, senza dover festeggiare particolari ricorrenze se non l'avvicinarsi della pensione per il maestro Miyazaki, è uscito con Il ragazzo e l'airone. Ora il parallelo non vuole essere uno sparare sulla croce rossa, il confronto per forza di cose risulterebbe scomodo (impietoso?) per la Disney che ne uscirebbe con le ossa rotte date le qualità messe in campo, è però un chiaro segnale di come le cose dalle parti di Burbank non stiano funzionando a dovere, nemmeno un po', soprattutto vista l'occasione ghiottissima del centenario che avrebbe dovuto essere salutato con un film memorabile e non con un'opera fiacchissima che si riduce al divertimento dello scovare i vari easter eggs e le citazioni della storia dei classici d'animazione Disney sparsi per tutta la durata di questo Wish, filmetto abbastanza insignificante se privato del summenzionato giochino. Un poco di impegno in più sarebbe stato auspicabile.

Il felice regno di Rosas è retto dal magnifico Re Magnifico (sigh!), un regnante che ha studiato la magia fino a padroneggiarne l'arte tanto da apprendere i segreti per realizzare i sogni dei suoi sudditi che proprio per questo motivo amano e idolatrano il loro sovrano e la sua consorte Amaya. Così i cittadini di Rosas affidano i loro sogni a Magnifico affinché questi li custodisca in attesa della cerimonia mensile durante la quale il sogno di uno dei sudditi verrà realizzato. Questa procedura, che all'apparenza potrebbe sembrare... ehm... magnifica, in realtà induce i cittadini a dimenticare il loro sogno proprio perché affidato a un altro e non più in loro possesso, rendendoli un po' più vuoti nell'attesa che il sogno venga esaudito e reintegrato in loro. Tra i tanti abitanti del regno a Rosas vive anche la famiglia della giovane Asha, un ragazza che vorrebbe veder esaudito il sogno di suo nonno Sabino che compie 100 anni (sì, come la Disney) e magari diventare una discepola e seguace del Magnifico, aiutandolo nella gestione dei sogni dei cittadini di Rosas. Ottenuta la possibilità di sostenere un provino per diventare effettivamente aiutante di Magnifico, la ragazza scopre che il re non è affatto un uomo di buon cuore ma che vaglia uno per uno i sogni dei suoi sudditi esaudendone solo quelli banali e innocui e accantonando per sempre tutti quelli che potrebbero anche solo minimamente alterare lo status quo del regno, motivo per il quale il desiderio di nonno Sabino viene messo da parte. Delusa Asha confida il suo scoramento alle stelle che le mandano come aiutante/angelo custode una delle stelle di Super Mario Galaxy (o qualcosa di molto simile); con il suo aiuto e con quello dei sette nani, no, scusate, con quello dei suoi sette amici, Asha tenterà di aprire gli occhi alla gente di Rosas e rovesciare il Magnifico.

Vista anche l'occasione particolare Wish si rivela un film parecchio deludente. Di divertente c'è la ricostruzione della storia delle produzioni Disney attraverso strizzate d'occhio e citazioni che a un certo punto si iniziano a cogliere a ritmo incalzante, in parte distraendo lo spettatore dalla storia narrata (che tanto è poca cosa e non richiede troppa attenzione) ma anche offrendo l'unico spunto per poter apprezzare un film altrimenti fiacco. La storia ha pochissime chiavi di lettura se non le più scoperte, trite e banali del tipo "mai rinunciare ai propri sogni" viste e riviste milioni di volte, il personaggio di Asha non offre nessuno spunto degno di nota e sembra essere uno dei più dimenticabili e insapori creati dalla Disney negli ultimi anni, la stellina che la accompagna è ottima per realizzarne peluche e merchandising (è almeno caruccia da regalare ai bambini) e anche nel cast dei comprimari non spunta un personaggio degno di nota nemmeno a cercarlo con il lanternino. Ancora una volta manca un villain di peso, il Magnifico di magnifico non ha proprio nulla, forse giusto il ciuffo, lo sviluppo della vicenda è semplicemente scontato e noioso, anche l'idea di integrare l'animazione digitale a quella classica fallisce miseramente donando a Wish l'aspetto di un prodotto di seconda fascia, senza verve nemmeno sotto il punto di vista della mera animazione. Inoltre le canzoni, inserite una dietro l'altra, sono sinceramente sfiancanti, dopo un po' non se ne può più. La nota positiva è che se per festeggiare i suoi 100 anni la Disney ci ha regalato Wish, beh, le cose non potranno che andar meglio in futuro, anche se alcune recensioni di Oceania 2 lascino purtroppo supporre ben altro.

domenica 29 dicembre 2024

IL PIANTAGRANE

(di Marco Presta, 2012)

Anche al lettore al quale non fosse mai capitato di leggere un suo libro il nome di Marco Presta potrebbe non suonare del tutto nuovo. Sono infatti ormai quasi trent'anni che, insieme al sodale Antonello Dose, Presta scrive e conduce Il ruggito del coniglio, storico programma radiofonico della prima mattinata di Rai Radio 2 nel quale i due conduttori, con l'ausilio di vari ospiti, commentano le principali notizie d'attualità in chiave ironica (scovandone a volte alcune sinceramente demenziali), mettendo così in luce spesso e volentieri idiozie e storture del nostro Belpaese. Nel corso degli anni l'indole da burbero poltrone, pigro e non troppo amante delle belluine genti, dai gusti musicali ipercritici (e vai a dargli torto vista la monnezza che spesso passa la radio, anche la sua, e Presta non si fa scrupoli nel sottolinearlo) che l'autore si è costruito con sincerità e immediatezza, ha fatto breccia nel cuore degli ascoltatori, a livello di ascolti si parla di punte che superano il milione di presenze con medie poco al di sotto, davvero un bel successo per una trasmissione di tale longevità. Dopo esperienze a teatro e soprattutto tanta scrittura, non solo per la radio ma anche per diversi programmi televisivi (Un medico in famiglia, Dove osano le quaglie, Che tempo che fa) nel 2009 arriva l'esordio in libreria con una raccolta di brevi racconti di surreale idiozia, Il paradosso terrestre, che contribuisce a dare la stura al fiume di parole da sempre presente nella testa dell'autore e che finora ha trovato sfogo in poco meno di una decina di titoli tutti editi da Einaudi e dei quali Il piantagrane è il terzo in ordine d'uscita e, almeno tra quelli letti da chi scrive (i primi tre) il meglio riuscito.

Giovanni è un uomo mite, timido, proprietario di un vivaio che gli permette di vivere occupandosi delle sue piante, un lavoro che compie con amore e senza ambizioni di ricchezza. L'altra sua passione, segreta, è quella per la netturbina Nina, una giovane donna che Giovanni fa in modo di incontrare pressoché quotidianamente andando a gettare l'immondizia nei momenti più appropriati a favorire l'agognato incontro. Due parole scambiate oggi, un saluto domani, e proprio quando sembra che per Giovanni ci sia la possibilità di conoscere meglio Nina e passare un poco di tempo con lei ecco che Giovanni, inspiegabilmente, viene rapito. Giovanni ovviamente non si capacita del gesto del suo rapitore, un uomo basso, tozzo e rozzo che va sotto il nome di Granchio, in fondo il vivaista non è ricco, non ha conoscenze importanti, in vita sua non ha mai fatto male a una mosca, e ora che vuole questo Granchio? Proprio ora che doveva incontrare Nina poi! Il fatto in realtà è che Granchio ha rapito Giovanni per proteggerlo, certo glielo farà capire andando per le spicce, ma il fatto è che Giovanni a sua insaputa gode di uno strano potere, in sua presenza le persone tendono a dire la verità, a comportarsi con onestà e altruismo, a mettere da parte l'interesse personale per senso di giustizia e di corpo. Pensate il danno che potrebbe fare al Paese un uomo del genere! Due fazioni iniziano così a contendersi l'uomo che insieme a Granchio partirà per una fuga on the road per salvarsi la pelle adoperando il suo potere involontario in una serie di missioni che potenzialmente potrebbero cambiare l'intera nazione. Ma in fondo Giovanni vorrebbe solo rivedere Nina, riabbracciare la madre Elena...

Leggendo Il piantagrane è facile che possa sembrare al lettore di udire la voce narrante di Marco Presta raccontare le vicende del libro, è un cortocircuito naturale dettato dalla popolarità del conduttore radiofonico la cui voce, i toni, lo stile, sono immediatamente riconoscibili anche su carta. L'eloquio ricercato, ironico, a volte canzonatorio, provocatorio sempre con grazia e garbo, sono una cifra stilistica che Presta, volontariamente o meno, riesce a trasportare con naturalezza dal suo quotidiano lavorativo alla pagina scritta donando continuità al suo essere (uomo, conduttore, scrittore) in modo che il lettore che già lo conosce si senta facilmente "a casa" tra le pieghe del surreale racconto. Anche se non esplicitato il protagonista, Giovanni, si trova senza volerlo a contrastare i mali della nostra Italia i cui vertici si trovano a dover fronteggiare un terremoto d'onestà e giustizia alla quale francamente non sono preparati, cosa della quale purtroppo né il lettore, né l'autore, né i protagonisti si sorprendono più di tanto, come non ci sorprende che i nostri vertici questa onestà e questa giustizia non la vogliano vedere nemmeno di sfuggita, cosa che Presta sottolinea sempre con quel filo di ironia garbata che appartiene tanto al suo pensiero che al suo linguaggio (e anche al suo essere, possiamo confermarlo avendo avuto il piacere di incontrare l'autore a una sua presentazione, gentilissimo e disponibile nonostante nulla mi possa togliere dalla mente il pensiero che Presta avrebbe preferito, per mera indole, starsene sul divano di casa, magari a leggere un vecchio fumetto della Marvel). Oltre a una nemmeno troppo velata critica alla nostra società, Il piantagrane racconta anche il rapporto tra due uomini cresciuti in quelli che sembrano mondi diversi: uno mite e introverso, allevato da una madre amorevole, ordinario, l'altro che nella vita si è dovuto fare spazio a gomitate tra degrado e violenze, solitudini e ignoranze; dopo una naturale prima ritrosia Presta racconta con una punta di sentimentalismo l'avvicinarsi di queste due entità così diverse, in maniera spesso divertente, qualche volta toccante, altre riservandoci anche qualche punta di dolore. Ne esce un libro scanzonato che non manca di andare in profondità di quando in quando trovando quel giusto equilibrio che forse un pizzico ancora mancava alle opere precedenti dello scrittore romano.

venerdì 27 dicembre 2024

FIRMA AWARDS 2024 - FILM

Chiudiamo (forse) l'edizione 2024 dei Firma Awards con la categoria più nutrita che andrà a segnalare trenta FILM trenta meritevoli d'esser recuperati nelle vostre future visioni domestiche se questi ancora dovessero mancare alla vostra personale cultura cinematografica "moderna". Mettiamo il "moderna" tra virgolette perché come ormai sanno anche i muri qui non si premia solo materiale uscito nel corso del 2024 ma tutto ciò che è uscito negli ultimi vent'anni da me visionato solo quest'anno (roba comunque posteriore alla fine dello scorso millennio, quindi moderna). La scelta è stata effettuata prendendo in esame un numero molto cospicuo di opere, rimarranno quindi fuori dai giochi parecchie altre pellicole meritorie, ma così è la vita, dura, durissima, purtroppo non si può vincere sempre. Come per gli anni passati prendete le posizioni con le molle, tutto è personale, mitigato da un giudizio soggettivo, non ci sono assoluti (beh, qualcuno sì, per forza di cose, ma ci siamo capiti), non prendetevela se preferite la posizione ventisette alla quindici (numeri gettati lì a caso, è solo un esempio), stilare una classifica di merito così fitta è duro anche per me, ve lo garantisco. Prendete ciò che trovate qui sotto come semplici consigli di visione, lasciate pure qui o su FB commenti su come avreste distribuito voi i titoli proposti (se li avete visti), godetevi il viaggio e andiamo a cominciare dalla trentesima posizione della categoria FILM.


Trentesimo classificato:
Il Paradiso probabilmente di Elia Suleiman (2019)
Allontanandosi dalla sua Palestina Suleiman sembra perdere un po' il fuoco, ciò nonostante il pellegrinaggio muto tra Parigi e New York del regista (che interpreta sé stesso) sottolinea ancora una volta le storture del conflitto che coinvolge da decenni il suo Paese allargando il discorso al mondo occidentale tutto. L'opera dell'autore israelo-palestinese rimane sempre meritoria.



Ventinovesimo classificato:
This closeness di Kit Zauhar (2023)
Interessante voce giovane e femminile che mette al centro delle sue storie le difficoltà di una generazione di giovani (trentenni all'incirca) nell'affrontare le sfide della vita: incomunicabilità, confusione, ansie, mancanza di direzione, peso delle aspettative e relazioni interpersonali fotografate da un cinema indipendente, minimale e schietto. Consigliato anche il recupero del suo esordio Actual people (2021).



Ventottesimo classificato:
Le paludi della morte di Ami Canaan Mann (2011)
Figlia di cotanto padre, con Le paludi della morte Ami Mann anticipa di qualche anno le atmosfere che esploderanno, in altri luoghi ma piuttosto simili, nella splendida True Detective di Pizzolatto. Ottimo lavoro di scrittura sui personaggi, la Mann ci porta nei territori abitati da quel white trash a volte capace dei crimini più efferati. Ottima incursione nel genere.



Ventisettesimo classificato:
Great freedom di Sebastian Meise (2021)
Prison movie molto anomalo quello di Sebastian Meise che seguendo gli sviluppi nel corso del tempo del Paragrafo 175 del Codice Penale tedesco (che condannava i rapporti omosessuali tra uomini) narra le vicende del protagonista Hans Hoffmann, uomo risoluto a difendere la sua dignità e la sua natura, la sua voglia di amore e sesso libero, nel corso dei decenni fino all'abolizione di quel maledetto paragrafo. Doloroso.



Ventiseiesimo classificato:
I predatori di Pietro Castellitto (2020)
Davvero una bella sorpresa i due primi film di Pietro Castellitto (il secondo è Enea del 2023), due opere magari non perfettamente compiute ma di una vitalità divertente ed entusiasmante che lasciano intravedere una bella promessa per il futuro; per ora bene così, bravo Pietro!



Venticinquesimo classificato:
Cemetery of splendour di Apichatpong Weerasethakul (2015)
Un altro cinema. Il percorso personale del regista thailandese presenta una sensibilità peculiare per la costruzione delle storie e delle immagini, una sensibilità magica, spirituale per un racconto in bilico tra i mondi. Un'esperienza da affrontare, destinata a crescere nel tempo, non fatevi scoraggiare dalle prime impressioni nel caso queste risultassero avverse.



Ventiquattresimo classificato:
Cattive acque di Todd Haynes (2015)
Cinema d'inchiesta realizzato da Todd Haynes con tutti i crismi, doveroso perché ogni tanto indignarsi per storie magari dimenticate fa pure bene. L'avidità del sistema del capitale che non si ferma mai, nemmeno davanti alla perdita di vite umane, un ottimo Mark Ruffalo nella parte del Davide (ben supportato) contro Golia.



Ventitreesimo classificato:
Tokyo sonata di Kiyoshi Kurosawa (2008)
La crisi economica del 2008 flagella anche Tokyo e il Giappone, un Paese dove l'orgoglio e l'onore hanno un sapore e una valenza del tutto particolari. La difficoltà di un padre di famiglia ad affrontare il dramma della perdita del lavoro, le vicissitudini degli altri membri del nucleo familiare come specchio delle problematiche di un Paese. Contemporaneo.



Ventiduesimo classificato:
Winter boy - Le Lycéen di Christophe Honoré (2022)
Passaggio molto difficile nella vita di un ragazzo adolescente francese che si trova a dover elaborare il lutto per la morte prematura del padre e ad affrontare il suo desiderio d'amore omosessuale, fame di vita e pulsioni di morte da far conciliare con l'aiuto della famiglia. In parte biografico per il regista, colto in gioventù dalla stessa tragedia vissuta dal suo protagonista.



Ventunesimo classificato:
Dune (part one and part two) di Denis Villeneuve (2021/2024)
Villeneuve conferma d'avere il polso per la fantascienza; nonostante una partenza con il freno a mano tirato nella prima parte, comunque visivamente ineccepibile, con la seconda unisce forma e contenuto per una saga epica di cui si attende il seguito con trepidazione. Possiamo finalmente dimenticare l'inciampo di Lynch.



Ventesimo classificato:
Babylon di Damien Chazelle (2022)
Film a tratti fuori misura ma capace di veicolare l'amore (crediamo) sincero che Damien Chazelle prova per l'arte del cinema attraverso quella Babilonia hollywoodiana che fu l'industria all'epoca dell'arrivo del sonoro. Imperdibile comunque per tutti gli amanti della settima arte.



Diciannovesimo classificato:
Azor di Andreas Fontana (2021)
Fabrizio Rongione attraversa in maniera sublime un film nel quale il regista Fontana racconta un periodo terribile, quello della dittatura Argentina, senza mai mostrarne le brutture, un'opera originale e riuscita che in qualche modo ci mostra se non un linguaggio nuovo almeno una maniera inusuale e indovinata di adoperarlo. Intelligente.



Diciottesimo classificato:
Transamerica di Duncan Tucker (2005)
Ottima commedia on the road confezionata da Duncan Tucker, regista poi sparito dalle scene (peccato), una Felicity Huffman perfetta interpreta un uomo alla ricerca della sua identità sessuale che all'improvviso si scopre padre/madre. Il rapporto con suo figlio, ignaro di tutto, sarà da scoprire poco a poco sulle strade di un'America marginale.



Diciassettesimo classificato:
La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson (2016)
Film di guerra classicheggiante secondo gli stilemi di Hollywood diretto con mano sapiente da un Mel Gibson che narra la storia di un pacifista al fronte, medico e obiettore di coscienza che attraverserà i campi di battaglia, tra bombe e proiettili, senza mai imbracciare un'arma. Dalla vera storia di Desmond Doss.



Sedicesimo classificato:
Madeline's Madeline di Josephine Decker (2018)
La regista Josephine Decker ibrida in maniera riuscita le arti di cinema e teatro, trova una bellissima protagonista (Helena Howard) che riesce con forza e naturalezza a portare in scena, nel film e a teatro, una condizione di instabilità mentale dinamica e non chiarificata. Ottimo sviluppo del personaggio, film che cresce mentre sedimenta.



Quindicesimo classificato:
Inside out 2 di Kelsey Mann (2024)
Per il film di casa Pixar il giudizio dalle nostre parti non è potuto essere imparziale; chi sa cosa voglia dire avere una figlia adolescente in lotta continua con ansia, aspettative e attacchi di panico non può sottovalutare la potenza emotiva dell'opera di Mann che coglie in pieno difficoltà e dolori di un'età molto difficile. 



Quattordicesimo classificato:
Diaz - Don't clean up this blood di Daniele Vicari (2012)
Il Diaz di Vicari è già un film della memoria per non dimenticare mai la macelleria di Stato, uno dei crimini più aberranti che possano esserci (e spero non si debbano spiegarne le ragioni). Per un senso di giustizia che oggi sembra sempre più necessario.



Tredicesimo classificato:
Capitalism: A love story di Michael Moore (2009)
Torniamo pure al senso di giustizia di cui sopra, concetto totalmente estraneo alla società del capitale; in un documentario sicuramente di parte e spesso divertente Michael Moore ci mostra ingiustizie, storture e idiozie di un sistema da arginare senza perdere altro tempo.



Dodicesimo classificato:
Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos (2017)
Colpa e contrappasso nella narrazione glaciale e allo stesso tempo terribile del talentuoso regista greco Yorgos Lanthimos. L'espiazione apre al caos vite altoborghesi altrimenti protette e ordinatissime, ci si rifà nel titolo al mito di Ifigenia in Aulide.



Undicesimo classificato:
L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino (2006)
Fa il paio con Le conseguenze dell'amore, film che trovate nella categoria "classici", il "primo periodo" di Sorrentino regala grandissimi film e personaggi uno più indovinato dell'altro; questo Geremia 'de Geremei e il Titta Di Girolamo di Servillo rimarranno negli annali del cinema italiano.



Decimo classificato:
Quando hai 17 anni di André Téchiné (2016)
André Téchiné torna all'adolescenza e ai temi dell'omosessualità, argomenti già affrontati in passato dal suo cinema, con la sofferta e sentita storia d'amore tra due giovani, Tom e Damien, non parimenti disposti ad accettare le loro inclinazioni sessuali. Sceneggiatura di Cèline Sciamma.



Nono classificato:
I delinquenti di Rodrigo Moreno (2023)
Sulle note di Adónde está la libertad? dei Pappo's Blues il regista argentino Rodrigo Moreno sembra volerci dire che quella libertà non stia nella schiavitù reiterata del lavoro, imbastisce così per i suoi protagonisti vite alternative che passeranno da esperienze poco usuali ma fortemente significative. Bellissima sorpresa.



Ottavo classificato:
Top Gun: Maverick di Joseph Kosinski (2022)
Con Maverick si vola altissimo sull'onda della nostalgia; per godere appieno dell'opera di Kosinski (fruibile ovviamente da tutti) è quasi necessario aver vissuto in prima battuta quel Top Gun del 1986, tutto è al suo posto, la storia si ripete, le emozioni riemergono. Noi invecchiamo, Tom Cruise anche, ma lui sembra non darlo a vedere. Mito.



Settimo classificato:
Anatomia di una caduta di Justine Triet (2023)
Anatomia di una caduta che in assenza di uno dei due protagonisti diventa anatomia di un matrimonio, di un rapporto di coppia. La morte è un punto di partenza per esplorare altro, la Triet gioca benissimo sui piani di lettura di un film pensato più con e per la testa che non per il cuore. Come può una parte terza entrare e giudicare dall'esterno dinamiche di coppia (e relative conseguenze) consolidate da anni? Incetta di premi e Palma d'oro a Cannes.



Sesto classificato:
My first film di Zia Anger (2024)
Ottima costruzione per un film indipendente che lavora sulla struttura della narrazione in maniera originale e propone vie nuove o quantomeno poco battute dell'atto del guardare, già per questo operazione preziosa che acquista ancor più valore una volta appresa la genesi del progetto. Una delle rivelazioni del mio anno da spettatore.



Quinto classificato:
Sick of myself di Kristoffer Borgli (2022)
La ricerca di visibilità e attenzione, la mania di protagonismo portate fino agli eccessi in un film intelligentissimo e crudele del norvegese Kristoffer Borgli, dinamiche di coppia malate nelle quali i rispettivi ego sgomitano per emergere su tutto. Cinico e terribile ma anche divertente.



Quarto classificato:
Killers of the flower moon di Martin Scorsese (2023)
Scorsese, e chi meglio di lui?, torna al concetto di un Paese, gli Stati Uniti d'America, costruito sul sopruso e sulla violenza, nella fattispecie narrandoci come la popolazione Osage, proprietaria di territori carichi di petrolio, è stata ingannata ed estromessa dalla partita, poco a poco, da parte dell'avidità nota dei bianchi. Ancora Di Caprio protagonista per un altro tassello d'eccezione nella carriera di uno dei più grandi registi viventi.



Terzo classificato:
Joker: Folie à deux di Todd Phillips (2024)
Film spiazzante e divisivo con il quale Phillips va per la sua strada fregandosene di quel che il pubblico adorante del primo capitolo avrebbe potuto pensare di questa nuova sortita di Arthur Fleck, un sempre grandissimo Joaquin Phoenix. Film intelligentissimo e impossibile da condensare in due righe, una delle opere dell'anno se la si vuole guardare sotto una certa luce. Avercene.



Secondo classificato:
Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki (2023)
Quello che forse nelle intenzioni del Maestro Miyazaki voleva essere un film testamento (in realtà sembra che Miyazaki sia di nuovo al lavoro) racchiude tantissimi elementi del suo cinema e deflagra in una parata immaginifica senza rivali. Lo Studio Ghibli si conferma ancora una volta la vera eccellenza dell'animazione con pochissimi rivali al mondo. Incrociamo le dita per il futuro.



Primo classificato:
Aftersun di Charlotte Wells (2022)
I cedimenti del cuore, la profondità dei sentimenti, soprattutto quelli dolorosi, vincono su tutto. L'ultima estate della piccola Sophie con suo padre, un uomo con la cui assenza la bambina, poi la ragazza e infine la donna dovranno convivere per sempre. Film struggente, straniante, costruito in potenza e fatto di piccoli ricordi di una vacanza e sull'amore tra padre e figlia. Meraviglioso e dolente.



Per quest'anno è tutto, vedremo se ci saranno ancora la forza e la voglia di parlare anche di fumetto.

mercoledì 25 dicembre 2024

FIRMA AWARDS 2024 - FILM CLASSICI

Dopo aver riflettuto a lungo e di seguito compilato la classifica delle mie letture del 2024, passiamo ora alla lista di consigli per la categoria che io amo definire FILM CLASSICI. Ovviamente, come sempre accade da queste parti, ogni definizione esula dal senso comune che la gente normale potrebbe dare a una categoria specifica, in questo caso quella dei film classici. Quando un film diventa "classico"? Probabilmente ognuno di noi ne ha un'idea un po' diversa e magari nemmeno tanto precisa. La definizione di "film classico", almeno quella che per me è utile al fine di stilare la classifica che troverete qui sotto, non è altro che una semplicissima convenzione numerica. Visto che le compilazioni dei Firma Awards non sono mai riferite alle sole opere prodotte nell'anno in corso, a seguito di una scelta totalmente arbitraria ho deciso di suddividere in due le classifiche dedicate ai film, dando così spazio e visibilità a più opere sulle quali magari confrontarci o semplicemente da segnalare come consiglio anche solo per una visione durante le festività natalizie. La convenzione è sempre la stessa, nella categoria FILM CLASSICI troverete tutti quei film che ho visto durante il 2024 che abbiano però più di vent'anni sul groppone (quindi usciti dai fratelli Lumière fino al 2004); quelli arrivati in sala (o su piattaforma) dal 2005 in avanti li troverete nei prossimi giorni nel post dedicato alla categoria FILM. Le classifiche come sempre vanno prese con le molle, subentra nella scelta delle posizioni un pizzico di gusto personale, la mia visione di cinema e il sedimentare dei film nel corso dei mesi, motivo per cui le posizioni spesso non rispecchiano i voti dati a caldo su Loudd. Come per gli anni scorsi in questa categoria troverete nove film in classifica più una menzione speciale che è dedicata a un rewatch significativo, uno di quei film che anche se li vedi cento volte non deludono mai, quest'anno la menzione speciale è andata a...


Menzione speciale, laurea ad honorem, cittadinanza di Firmalandia a:
Butch Cassidy di George Roy Hill (1969)
Il trio eccellente composto dal regista George Roy Hill e dai due protagonisti Robert Redford e Paul Newman (si riuniranno nel '73 per La stangata), qui accompagnati dalla grazia di Katharine Ross, confeziona uno dei western più romantici della storia del cinema, tocco lieve accompagnato magnificamente da Burt Bacharach, il brano Raindrops keep fallin' on my head entra nella Storia.



Nono classificato:
Comicità pura di un Allen legato ancora alla gag estemporanea più che alla costruzione della storia, sono già presenti alcune delle caratteristiche che renderanno immortale l'Allen più maturo e immediatamente successivo, già qui comunque si ride a ciclo continuo. Divertentissimo.



Ottavo classificato:
Soldi sporchi di Sam Raimi (1998)
Noir cupo, cupissimo, ammantato nel candore delle nevi del Minnesota, una riflessione sull'avidità dell'uomo e su come i sentimenti più puri e genuini, ingenui si potrebbe pensare, possano arrivare da dove meno ce li si aspetterebbe. Gran film di un Sam Raimi che vorremmo veder tornare ad atmosfere come queste.



Settimo classificato:
A swedish love story di Roy Andersson (1970)
Al suo esordio il regista svedese Roy Andersson ci regala una bellissima storia d'amore adolescenziale che oggi ci riporta agli anni 70 ma anche alla nostra giovinezza dei sentimenti, una delle migliori sorprese "datate" scoperte durante quest'annata di cinema. Recupero consigliatissimo urbi et orbi.



Sesto classificato:
Paris is burning di Jennie Livingston (1990)
Con Paris is burning la documentarista Jennie Livingston realizza una splendida incursione nel mondo delle ballroom, luoghi di ritrovo, poi divenuti motore di vere appartenenze, della comunità gay newyorkese tra i Settanta e gli Ottanta, una cultura underground in seguito emerse e sfruttata anche commercialmente, uno squarcio su un passato oggi ancora poco conosciuto dai più.



Quinto classificato:
Short sharp shock di Fatih Akin, (1998)
Passato inosservato in Italia ai tempi della sua uscita l'esordio di Fatih Akin (La sposa turca, Soul kitchen) avrebbe meritato ben altra visibilità. Tra le strade di Altona, sobborgo di Amburgo, legami di amicizia si evolvono in un contesto criminale realistico e credibile, volti indovinati e una vitalità preziosa per un'opera prima di una certa caratura. Andatevelo a recuperare se potete.



Quarto classificato:
Il sospetto di Alfred Hitchcock (1941)
Quarto film dell'era americana di Sir Alfred Hitchcock, Il sospetto viene ricordato nei manuali della Storia del cinema per la scena del bicchiere di latte, solo una delle tante manifestazioni dell'inventiva visionaria del geniale regista inglese. Esemplare gestione della tensione acuita dalla necessità di chiudere il tutto con un budget ridotto, ma i grandi maestri sanno sempre come fare, tra i capisaldi di Hitch!



Terzo classificato:
I vitelloni di Federico Fellini (1953)
Un Fellini prima maniera in bilico tra residui di neorealismo e sprazzi della commedia all'italiana a venire costruisce un bellissimo ritratto della provincia post bellica e dei suoi vitelloni, giovani spersi e inadatti, non ancora pronti, alla vita che li aspetta. Si vedono già le grandi doti di un regista poi assorbito nella Storia del cinema e del nostro Paese.



Secondo classificato:
Il signore del male di John Carpenter (1987)
Anche qui budget ridotto che aguzza l'ingegno di uno dei maestri dell'horror anni Settanta e Ottanta (almeno). Forse non il titolo più ricordato di Carpenter, Il signore del male ha poco da invidiare ai suoi più illustri colleghi, tensione gestita in maniera perfetta coadiuvata da partiture musicali calibrate al millimetro dallo stesso regista, maestro d'eclettismo. Da rivedere e rivalutare.



Primo classificato:
Le conseguenze dell'amore di Paolo Sorrentino (2004)
Una delle opere del primo Sorrentino già emblematica della confidenza del regista napoletano con l'inquadratura e con la costruzione dell'immagine. Più asettico e meno visionario di ciò che verrà dopo, Le conseguenze dell'amore è una magistrale costruzione di un personaggio (e di un attore) immerso in una (non) vita ferma che potrà esplodere e mutare solo grazie a queste "conseguenze dell'amore" alle quali, come lo stesso protagonista sottolinea, è bene porre la dovuta attenzione. Meraviglia propedeutica a tutto ciò che oggi già sappiamo.



Per quel che riguarda quelli che abbiamo definito FILM CLASSICI la chiudiamo qui, ci troviamo tra pochi giorni per parlare di qualcosa di più recente.

domenica 22 dicembre 2024

FIRMA AWARDS 2024 - LIBRI

Ci siamo, anche per questo 2024 Natale è alle porte (è già qui in realtà, sta praticamente bussando all'uscio) e con il Natale si avvicina inevitabilmente anche la fine dell'anno, si iniziano così a tirare le somme, ci si guarda un po' indietro e, per i più volenterosi, si iniziano a stilare quei buoni propositi che l'anno successivo verranno immancabilmente disattesi, ma così è, il vedere avvicinarsi la fine di qualcosa ci porta a queste strane follie. Si tirano le somme quindi; non sempre queste devono tradursi in un bilancio di salute, in considerazioni sul percentile di crescita dei nostri girovita (eh sì, le feste, lo so) o nel soppesare con severità intere esistenze; per gli amanti della cultura pop, memori delle imprese titaniche del primo Nick Hornby, il tirare le somme si traduce nello stilare gustose e spassose classifiche del meglio che è stato prodotto nell'anno in corso: dischi, film, programmi televisivi, fumetti, cartoni animati, video musicali, serial tv e via di questo passo, insomma, un promemoria ai posteri su ciò che può valere o meno la pena di andarsi a recuperare. La mia classifica è differente! Di quelle descritte sopra ne trovate a migliaia, io vi offro la classifica del meglio che ho visto, letto e amato io, chi se ne frega se questa è roba del 2024 o del 1900? Facciamo un po' di recupero, anche archeologico dove serve, per le classifiche aggiornate alle uscite di quest'anno ci sono tanti amici in rete ben più bravi di me, per questo vi affido a loro. Qui facciamo un discorso più generico. Cazzeggiamo! Partiamo quindi dalla categoria LIBRI, come l'anno scorso sette titoli che oscillano come data di pubblicazione dal 1941 al 2022 coprendo quindi un arco temporale considerevole, a chiudere qualche segnalazione al di fuori del campo della narrativa. Andiamo ad incominciare...


Settimo classificato:
Gli ultimi fuochi di Francis Scott Fitzgerald (1941)
Opera ultima, postuma e inconclusa del più celebre esponente dell'età del jazz; Gli ultimi fuochi è una ricercata e (pare) veritiera fotografia della Hollywood classica che tratteggia l'ennesimo ottimo protagonista creato dallo scrittore del Minnesota (Monroe Stahr). Il viaggio con Fitzgerald è sempre meritevole d'esser vissuto, qui paga un poco la mancata conclusione e l'assenza di quelle revisioni e di quelle limature che la morte improvvisa ha voluto negare all'autore, prematuramente scomparso per arresto cardiaco a soli quarantaquattro anni.



Sesto classificato:
Illuminations di Alan Moore (2022)
Raccolta di scritti del bardo di Northampton edita nel 2022 costituita da materiale inedito e qualche recupero d'annata. Moore è sempre Moore, quel maledetto gode di un rapporto privilegiato con la lingua e con la scrittura che si può solo invidiare (bonariamente), caratteristica inimitabile che traspare anche nella versione tradotta dei suoi scritti, mettiamoci pure che alcune sue idee rasentano il geniale e il gioco è fatto. Piccolo warning: gli scritti del bardo non sempre sono semplicissimi da affrontare, uomo avvisato...



Quinto classificato:
I segreti erotici dei grandi chef di Irvine Welsh (1996)
Pur ammantato dello stile ormai noto e consolidato dello scrittore edimburghese, I segreti erotici dei grandi chef sembra presentare qualche nota di scarto rispetto a quanto fatto da Welsh con le sue opere precedenti, ennesimo tassello di una carriera coerente e spesso entusiasmante del cantore di Leith, per una volta abitata non solo da derelitti all'ultimo stadio ma anche da lavoratori (proletari o piccolo borghesi) che finiranno invischiati in una situazione dai toni per lo scrittore inediti.



Quarto classificato:
Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jakson (1962)
Ultimo romanzo di Shirley Jackson, scrittrice considerata tra le maggiori esponenti del romanzo gotico americano; senza ricorrere a eventi inspiegabili, senza inserire scene madri e forti la Jackson riesce a creare una sensazione di inquietudine costante immersa in una bolla di atemporalità intrigante e affascinante per una vicenda che solletica attenzione e curiosità da parte del lettore dalla prima all'ultima pagina. Ottima sorpresa, autrice da recuperare e approfondire.



Terzo classificato:
La caduta di Hyperion di Dan Simmons (1990)
Secondo capitolo della saga fantascientifica I canti di Hyperion il cui capitolo precedente aveva conquistato la vetta del podio dei Firma Awards 2022 (premio peraltro prestigiosissimo del quale lo stesso Dan Simmons pare vada molto orgoglioso 😏). Qui ci si ferma al gradino più basso del podio, forse un pelo meno entusiasmante del predecessore che non presentava nessun passaggio a vuoto all'interno di una mole imponente, La caduta di Hyperion rimane comunque una lettura appassionante che presenta forse anche qualche rivelazione significativa in più rispetto al capitolo d'esordio. Per chi vuole approcciare la fantascienza una saga da non perdere.



Secondo classificato:
Dolores Claiborne di Stephen King (1993)
Sembra che non si possa prescindere dalla presenza di almeno un titolo del Re del brivido nella classifica di fine anno dedicata ai libri; in parte ciò è dettato dall'amore personale che nutro per lo scrittore di Bangor, in parte dal fatto che King nel corso degli anni ha inanellato una serie nutrita di romanzi uno più riuscito dell'altro tra i quali non sfigura nemmeno questo Dolores Claiborne, una storia lontana dal fantastico, dall'horror e dal sovrannaturale che forse proprio per questo si ritaglia un ottimo posto in evidenza all'interno della bibliografia del King. Il Re gioca con il linguaggio, si adatta alla vulgata di una donna anziana non troppo scolarizzata e sfodera un altro saggio sulle sue capacità in veste di scrittore. Mito.



Primo classificato:
Libertà di Jonathan Franzen (2010)
Stilando la classifica dello scorso anno accennavo al fatto che probabilmente il libro migliore del 2022 lo stessi leggendo proprio mentre stavo compilando la suddetta lista e che questo sarebbe immancabilmente finito nella classifica di quest'anno, non avendolo terminato in tempo per comparire in quella precedente. Non solo Libertà entra in questa classifica ma vince la competizione con netto distacco su tutto il resto, Franzen è un cesellatore di vite e di famiglie inarrivabile; con una prosa e una sensibilità per i personaggi eccezionale sigla un altro piccolo capolavoro. Vincitore indiscusso.




Aggiudicato il titolo di "miglior libro" per i Firma Awards 2024 non mi rimane che passare a quelle segnalazioni che vi avevo promesso in campo non narrativo; passiamo quindi a tre consigli per gli acquisti nel campo della saggistica e della compilazione che, in tre "categorie pop" differenti, musica, cinema e fumetto, potranno regalarvi sapere e una buona dose di ore liete.


La prima segnalazione è per il libro del nostro Professore (si allude agli amici di Loudd); Nicola ChinellatoDi lacrime e sangue - 101 canzoni tristi e la loro storia è uscito già da un po' (2022) ma è uno di quei libri la cui lettura non ha termine, non ha tempo, è uno di quegli scritti che può accompagnarti per sempre e al quale puoi attingere di volta in volta per imparare qualcosa, per assecondare il tuo stato d'animo del momento, per rinfrescarti la memoria, per tornare ad approfondire un pezzo o molto più semplicemente per godere di ottima musica e stare meglio, perché in fondo ogni forma d'arte ci aiuta a vivere. Da tenere sempre sul comodino o vicino allo stereo.



La seconda segnalazione, a tema cinematografico, è Storia del cinema di Fernaldo Di Giammatteo, un viaggio che parte dai fratelli Lumière (e anche un pelo prima) per arrivare agli inizi del nuovo millennio (Di Giammatteo scompare nel 2005), un percorso durante il quale l'autore attraversa epoche, generi, filoni, momenti di innovazione tecnica, film e autori all'interno di una carrellata essenziale e intelligente per capire cosa di significativo il cinema ci abbia offerto nel corso di un secolo e più di produzioni più o meno valide, ottimo punto di partenza per studiare, guardare, scegliere, approfondire. Da avere, praticissimo da consultare.



Ultima segnalazione e siamo nell'ambito del fumetto. 16x21. L'era dei Bonellidi di Francesco Fasiolo e Andrea Guglielmino è un saggio che ripercorre un momento ben preciso del fumetto italiano. Sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso esplose in modo impensabile il successo di Dylan Dog, albo a tinte horror presto divenuto la seconda bandiera per importanza di quella che oggi è la Sergio Bonelli Editore (seconda perché Tex è sempre Tex). Il successo enorme di vendite spinse altre case editrici a tentare la stessa via, a volte cercando di imitare da vicino i toni dell'Indagatore dell'incubo, altre cercando semplicemente di ritagliarsi una fetta di mercato nelle edicole di quegli anni, ancora numerose e viatici preziosi per una cultura popolare che oggi rischia di scomparire. Tra serie di successo e fallimenti istantanei le proposte furono moltissime, quasi tutte editate in quel formato ad albo 16x21 proprio delle testate di casa Bonelli (Tex, Zagor, Dylan Dog, Martin Mystère, Nick Rider, etc...) e che prese appunto il nome, ancor oggi in voga, di Bonellide. Tantissime schede sulle varie serie pubblicate, numerose interviste ai protagonisti dell'epoca, una storia a fumetti in chiusura di Samuel Stern (uno degli ultimi Bonellidi in ordine di tempo ad aver avuto un buon riscontro di pubblico) per una panoramica esaustiva di un periodo che oggi sembra essere tramontato, speriamo non per sempre.



Appuntamento a breve con la classifica dei Film Classici.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...